VALENTIN KATASONOV
strategic-culture.org
A marzo 2013 la vicenda di Cipro ha scioccato il mondo intero quando è entrata nel mirino dei mass media di tutto il mondo.
I depositi bancari sono stati confiscati.
Qualcuno ha cercato di far sembrare il tutto una misura d’emergenza, un’eccezione alla regola che definisce l’attività bancaria e il funzionamento dell’economia di mercato.
Ma esistono delle solide basi per credere che le confische diventeranno un elemento della vita quotidiana.
La confisca dei depositi: un impromptu ben programmato
Gli avvenimenti sono stati descritti normalmente come una qualche decisione mal programmata, improvvisata da parte dell’Unione Europea e portata avanti dal governo cipriota.
È stata un’una tantum, un passo compiuto sotto la pressione delle circostanze. La pensiamo diversamente: dal nostro punto di vista, si è trattato di un’azione concertata e ben preparata, approvata dai vertici, tra i quali attori della scena extraeuropea. L’azione in sé dovrebbe essere definita come un precedente, un esperimento o un test. O, per essere precisi, come il test per lanciare una tendenza mondiale e per diffondere la confisca in tutto il mondo.
Già nel 2009 – 2010, quando nei summit internazionali si discuteva sulle possibili vie d’uscita dalla crisi mondiale (G7, G8, G20 e altri incontri di questo livello), nei programmi di tali riunioni comparivano punti come modalità non standard per salvare, in caso di necessità, le banche. Tra queste modalità si contemplavano dei modelli di bailout a spese dei titolari di conti. Come, per esempio, l’introduzione di tagli ai depositi, totali o parziali; oppure il congelamento dei conti, o fino al completo recupero della banca o attraverso una compulsiva conversione in azioni (capitale sociale autorizzato).
Anche dopo che la prima ondata della crisi finanziaria si è attenuata, tali idee hanno sempre influenzato i programmi delle agenzie finanziarie di tutto il mondo, come la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI)*, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), il Financial Stability Oversight Council (FSOC), come pure le banche centrali, le agenzie finanziarie di controllo dei paesi del “golden billion”.
Ad esempio, nel dicembre del 2012, ha visto la luce un documento congiunto della Federal Deposit Insurance Corporation e della Banca d’Inghilterra, dal titolo Resolving Globally Active, Systemically Important, Financial Institutions (Risolvere istituzioni finanziarie attive a livello mondiale e di importanza sistematica, ndt). Gli autori ammettono che le recenti crisi bancarie sono state gestite in gran misura grazie a iniezioni finanziarie. Secondo il loro punto di vista, tale misura è errata, perché, violando le leggi dell’economia di mercato, sposta il fardello sulle spalle dei contribuenti, aggrava il deficit di bilancio e incrementa il debito pubblico. La relazione sostiene che l’uso dei depositi allo scopo di riscattare i creditori è una modalità di affrontare il problema più giusta, efficace e orientata al mercato.
Tale soluzione prevede di utilizzare il denaro dei correntisti nei seguenti modi: a) contributi a fondo perduto, b) crediti, c) investimenti (acquisizione di azioni e di titoli). Il documento riconosce che i depositi trasformati in azioni della banca fanno perdere ai proprietari del denaro il diritto, garantito dallo Stato, alla compensazione delle perdite. Mi sia permesso di ricordare che la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) offriva garanzie sui depositi al di sotto dei 250.000 dollari. Nella relazione si nota inoltre che Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi del ”golden billion” non saranno in grado di fornire alcuna garanzia statale sui depositi che funga da cuscinetto. Questo metodo di utilizzo dei depositi per il salvataggio delle banche diventa inevitabile.
Gli autori in qualche modo eludono una domanda: se le misure proposte sono giuste, democratiche o sono una specie di mercato. Giungono alla conclusione, alquanto poco comprovata, che la garanzia statale sui depositi è evidentemente diventata oggigiorno un anacronismo.
L’idea dei tagli ai depositi nelle banche cipriote era già nell’aria alcuni mesi prima che l’Unione Europea e Cipro annunciassero la loro decisione. A gennaio 2013, il New York Times ha usato la parola russa strizhka per descrivere gli avvenimenti di Cipro: “I russi, che detengono circa un quinto dei depositi bancari a Cipro, riceveranno un duro colpo”. Nessuna sorpresa che i giornalisti statunitensi sapessero, con due mesi di anticipo, quanto sarebbe accaduto a Cipro. Ciò che colpisce è la noncuranza di molti clienti russi, che credevano che l’offshore fosse un paradiso sicuro. Secondo le stime della Commissione europea (chiaramente velate), i depositanti delle due principali banche cipriote (Laiki Bank e Bank of Cyprus) hanno perso, a causa dei tagli, 8,3 miliardi di euro del loro denaro.
Ad aprile 2013 il presidente cipriota Nicos Anastasiades ha affermato: “ Purtroppo, questo principio europeo fondamentale non è stato rispettato. Al contrario, alcune decisioni, adottate precedentemente dalle parti interessate, sono state imposte in maniera coercitiva. Ha aggiunto: “Spero onestamente che questo precedente in merito a Cipro non sia applicato a nessun altro paese in Europa, sebbene, come ben si sa, la principale ragione d’essere di un precedente è che serva allo scopo di stabilire norme e linee guida da applicare ripetutamente e universalmente”. Certo. Perciò alcuni paesi hanno iniziato a discutere, a scopo pratico, riguardo l’esperienza di Cipro.
Le singole iniziative di alcuni stati
Subito dopo quanto accaduto a Cipro, Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda, Grecia e Slovenia sono diventati oggetto di pubblico esame. Si tratta di legami economicamente deboli; i rischi di bancarotta delle banche sono particolarmente alti. A marzo si prevedeva che in uno di questi paesi sarebbero state realizzate le stesse operazioni di salvataggio bancario. Flussi significativi di denaro hanno raggiunto le banche di stati che vantano economie più stabili, in modo particolare la Svizzera. In maniera piuttosto inaspettata, l’eco degli avvenimenti di Cipro ha raggiunto paesi molto lontani, come la Nuova Zelanda e il Canada.
Il governo neozelandese ha iniziato a muoversi per costringere ad accettare la stessa decisione su come affrontare il problema del bailout delle istituzioni finanziarie: il sunto è che i depositi subiranno tagli per salvare le banche. Il sistema si chiama Open Bank Resolution (OBR); il suo autore è Bill English, Vice Primo Ministro neozelandese e Ministro delle finanze. La proposta era stata fatta prima della vicenda di Cipro. Tali avvenimenti gli sono semplicemente serviti d’ispirazione per spostare la discussione nel parlamento del paese. “Bill English sta proponendo una soluzione allo stile di Cipro per gestire qui in Nuova Zelanda il fallimento delle banche. Una soluzione che vedrà i piccoli risparmiatori perdere parti dei propri risparmi per finanziare il salvataggio di grosse banche.” Sostiene Dr. Russel Norman, uno dei leader del partito dei Verdi. “La Reserve Bank (banca centrale, nota dell’autore) è nella fase finale dell’applicazione di un sistema di gestione dei fallimenti bancari chiamato Open Bank Resolution. Con tale schema tutti i depositanti verranno appesi a un gancio per salvare la banca. Da un giorno all’altro si accorgeranno che dai loro risparmi è stata sottratta la quantità di denaro necessaria per far rimanere a galla la banca. Mentre rimangono da definirne i dettagli, pressoché tutti i depositanti si troveranno con i risparmi ridotti della stessa quota”.
L’Open Bank Resolution è uno strumento di confische programmate in anticipo. Prima di allora (marzo 2013) non si era visto nulla di simile. Normalmente gli stati del “golden billion” assicuravano fino a 100-250 mila dollari. Nel caso dato, il denaro della gente è confiscato. Numerosi esperti osservano con perplessità le novità apportate dalla Nuova Zelanda: pensano che la loro applicazione seppellirà il sistema bancario del paese.
Il governo del Canada presenta annualmente al parlamento un piano di azione economica, preparato dal Dipartimento delle Finanze. Il 21 marzo 2013 il piano è arrivato alla Camera dei comuni. A pagina 155 si legge: “ Il Governo propone di applicare un regime di bail-in alle banche di importanza sistematica. Si pianificherà tale regime in modo da assicurare che, nel caso improbabile in cui una banca di importanza sistematica esaurisse i suoi capitali, possa essere ricapitalizzata e ci sia un ripristino della redditività attraverso una conversione estremamente rapida di certi passivi della banca in capitale di vigilanza. In questo modo si ridurranno i rischi per i contribuenti. Il Governo consulterà gli stakeholder riguardo le modalità per introdurre al meglio in Canada un regime di bail-in. Le tempistiche saranno tali da consentire una transizione armoniosa alle istituzioni, agli investitori e agli altri operatori di mercato coinvolti”. In altri termini, il denaro dei depositanti potrebbe essere utilizzato per salvare le banche.
La vicenda di Cipro ha sollevato negli Stati Uniti la questione dei tagli ai depositi. Alcuni legislatori hanno cercato di inventarsi alcune iniziative allo scopo di introdurre il diritto di utilizzare i depositi per salvare le banche statunitensi, ma tali sforzi sono risultati vani, mancando un benché minimo appoggio. E questa è la ragione. La decisione dei tagli a Cipro si chiama “tassa per i ricchi” e i commenti al riguardo sono stati che i depositanti hanno avuto ciò che si meritavano, perché la grande quantità di denaro tenuta sui conti della banca cipriota appartenevano a oligarchie straniere, evasori fiscali e riciclatori di denaro. L’applicazione dello stesso schema negli Stati Uniti sarebbe equivalso a imporre una tassa ai poveri e alla classe media. Gli americani benestanti si tengono alla larga dal tenere le loro grandi somme di denaro sui conti correnti, dando priorità a borsa, equità, titoli fuori borsa, oro, argento, etc. Negli Stati Uniti l’opinione pubblica non ha ben capito l’idea di applicare tagli ai depositi, che contraddice l’idea diffusa nel paese che ci sia una distribuzione più equa della ricchezza. A proposito, ricordiamo che negli Stati Uniti non sono soltanto i depositi a poter essere sottoposti a tagli, ma anche i beni conservati nelle cassette di sicurezza della banche (soprattutto da persone abbienti). Non ha nulla a che fare con l’esperienza di Cipro, è una cosa tutta americana. Nel 2010 il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti fece circolare una lettera tra le banche, avvertendo che l’FBI e altre agenzie incaricate dell’applicazione della legge avevano accesso legale alle camere blindate e alle cassette di sicurezza dei clienti delle banche. Documenti, oro, altri metalli preziosi e oggetti di valore potevano essere confiscati se necessario nell’interesse della sicurezza nazionale. Naturalmente allora (2010) le informazioni erano relative alla lotta al crimine organizzato, al traffico di droga, al finanziamento al terrorismo, etc. Il documento doveva attuare in conformità alla legge entrata in vigore dopo l’11 settembre. Le cose sono cambiate e nel 2013 alcuni esperti hanno interpretato la legge, affermando che il fallimento di una banca è una seria minaccia alla sicurezza nazionale. Sono dunque giunti a una conclusione inattesa: si autorizza la revisione delle cassette e gli oggetti di valore che vi sono custoditi possono essere utilizzati per salvare le banche in fallimento. Ecco qui la sacralità della proprietà privata! Rievoca il Bolscevismo, che a suo tempo insegnò che “il fine giustifica i mezzi”.
L’Europa si prepara alla grande “sforbiciata”
L’Europa, o più esattamente l’Unione Europea, sta procedendo rapidamente nel cammino verso l’introduzione di una sforbiciata ai depositi. Il primo passo è stato compiuto il 24 aprile di quest’anno, quando la Commissione per i problemi economici e monetari (ECON) del Parlamento europeo ha votato un rapporto sulla proposta di una direttiva sul recupero delle banche e una soluzione. Si tratta di un pilastro fondamentale nella riforma della legislazione europea sulle banche, che segue l’accordo sui requisiti patrimoniali e sul supervisore unico. Gunnar Hökmark, europarlamentare, appartenente al Partito conservatore svedese, è stato uno degli architetti del nuovo sistema. A maggio, nella riunione del Consiglio economia e Finanza (ECOFIN) presieduta da Michel Barnier (commissario europeo per il Mercato Interno e i Servizi), è stato discusso il tema dei tagli ai depositi. Il 20 maggio un gruppo di legislatori della Commissione dell’Europarlamento per l’Economia ha votato a gran maggioranza che, a partire dal 2016, i grandi depositanti nell’Unione Europea potrebbero subire perdite se una banca si trovasse in grosse difficoltà. Il piano è simile a quello applicato a Cipro, dove i ricchi depositanti di due banche hanno preso una batosta per salvare il paese dalla bancarotta. Il Parlamento europeo si è espresso assieme ai 27 stati membri dell’Unione riguardo la normativa che dovrebbe conferire poteri normativi di imporre le perdite ai creditori e di compiere altri passi durante il salvataggio di una banca. La legge prevede la creazione di fondi di risoluzione nazionali basati sui contributi delle banche. Al momento le misure principali sono le seguenti:
• I depositi al di sotto di 100.000 euro verrebbero risparmiati.
• La banca attingerebbe dai grandi depositanti al di sopra di 100.000 euro dopo aver esaurito altre opzioni, quali quelle rappresentate dagli azionisti e dai detentori di obbligazioni.
• Il nuovo sistema bancario di bailout entrerebbe in vigore nel 2016.
• La legge prevede la creazione di fondi di risoluzione nazionali basati sui contributi delle banche. Alcuni legislatori auspicano un fondo di risoluzione europeo. La Commissione europea proporrà tale fondo nei prossimi mesi, che troverà resistenza da parte della Germania.
• I depositari bancari sarebbero divisi in affidabili e a rischio. Le misure di confisca verrebbero definite in base alla categoria di appartenenza.
L’ultima misura è la più interessante. Non ci sono criteri per definire i depositanti. Ma alcuni analisti la interpretano così. Quelli affidabili sono i “nostri”, ossia gli appartenenti alla zona euro. Quelli a rischio sono quelli che vengono da fuori. Evidentemente i depositanti russi sarebbero considerati correntisti a rischio. Tale comportamento nei confronti dei clienti russi non è nuovo. In primavera i depositanti russi a Cipro hanno incominciato a cercare “aeroporti di riserva” in Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia e altri stati dell’Europa dell’est. Bruxelles ha lanciato un avvertimento severo. Gli euro-burocrati hanno detto che i banchieri nell’Europa dell’est dovrebbero astenersi dal gestire clienti russi. La ragione era che le fonti di reddito dei depositanti russi non soddisfacevano i requisiti di legittimità. Non sorprenderà dunque che il denaro di cittadini russi depositato negli stati membri dell’Unione Europea sarà costantemente sotto la spada di Damocle della confisca.
Valentin Katasonov, dottorato di ricerca in Scienze economiche, economista e presidente della S.F. Sharapov Russian Economic Society
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/bank-deposits-confiscation-the-cyprus-experiment-and-the-launch-of-a-global-trend/5338774
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SIMONA MARINELLI
* http://www.strategic-culture.org/news/2013/02/07/imf-information-leaks-central-banks-gold-manipulations.html