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La notizia è di quelle che potrebbero mandare in fibrillazione la comunità scientifica internazionale e milioni di ammalati in tutto il mondo. Si tratta quindi di valutarla con la massima cautela senza dare campo a possibili enfatizzazioni mediatiche che con la scienza poco hanno a che fare. La nostra intenzione non è quella di aprire un nuovo caso Di Bella, se non altro in riferimento a quanto di più ambiguo e nocivo per le sensibilità di chi più è vulnerabile si legò quella vicenda, che alcuni considerano peraltro ancora aperta, ma che nel suo svolgersi generò una negativa e deplorevole ricaduta di elementi di confusione su di un tema delicatissimo quale può essere la cura del male del secolo. Ma c’è un medico italiano, il dott. Tullio Simoncini di Roma, il quale afferma di aver individuato l’origine effettiva delle patologie tumorali, nelle diverse forme in cui si presentano a seconda dei tessuti che attaccano. Tullio Simoncini è laureato in medicina e chirurgia, specializzato in diabetologia e malattie del ricambio, in corso di specializzazione in oncologia e ha una laurea anche in filosofia. E’ stato relatore al convegno “Firenze-Medicina 2000” e al congresso internazionale di oncologia di Treviso. Questo studioso ha una sua idea sull’eziopatogenesi tumorale: le cause del male sarebbero da far risalire a un fungo opportunista, chiamato “candida”, dal quale i nostri tessuti di difenderebbero una volta attaccati incistantolo e facendo partire una riproduzione incontrollata di cellule, cioè il tumore. Il dott. Simoncini ritiene di aver elaborato delle adeguate strategie terapeutiche per far regredire le masse neoplastiche in maniera assai meno traumatica delle attuali e più moderne tecniche impiegate. A conferma di ciò, enumera già una serie di casi nei quali i tumori sarebbero regrediti dopo i suoi trattamenti e ha pubblicato gli esiti delle sue terapie su internet, corredando di documentazione radiografica l’evoluzione del male, dando svariate indicazioni scientifiche sulla propria teoria, con tanto di ampia documentazione bibliografica. Ci siamo fatti spiegare in termini divulgativi in cosa consista la spiegazione da lui elaborata.
Dott. Simoncini da quanto tempo lei cura i tumori? Da più di 15 anni. Secondo lei, che cos’è il cancro? E’ un fungo, o meglio è la somma di un’infezione da funghi e della reazione dei tessuti nei loro confronti. Lei parla dei comuni funghi, quelli che conosciamo tutti, più o meno innocui? Certo, solo che non sono così innocui come si dipingono. Un conto sono le micosi superficiali, cioè degli epiteli, come vagina o oro-faringe; un altro sono le micosi che riescono a svilupparsi nei piani e negli organi interni: lì producono il cancro. Si spieghi meglio. I funghi sono entità unicellulari, che tendono però a formare grandi aggregati, capaci di rispondere a stimoli esterni, nutrizionali o tossici, in maniera univoca e solidale. Lei vuol dire, allora, che il fungo possiede sia l’invasività e la diffusibilità delle entità unicellulari e nel contempo la potenza biologica di un organismo? Esattamente questo: pensi all’effetto devastante di un bacarozzo che è in grado di penetrare dentro l’organismo umano, scomponendosi in singole cellule, e di ricomporsi e di annidarsi in qualche organo. Ma non c’è il sistema immunitario che impedisce la penetrazione di cellule nell’organismo? Certo, ed è a questo livello che si spiega il meccanismo d’invasione dei funghi. Normalmente vengono fagocitati dal sistema immunitario, quando si sgranano uno a uno, per diffondersi attraverso il sangue o la linfa. Uno o più stimoli nocivi cronici però (quelli comunemente invocati come cause del cancro), possono determinare un mal funzionamento parziale o totale, in modo da consentire la riaggregazione delle colonie fungine, presupposto essenziale per ulteriori invasioni. Lei dice che è sempre un fungo, la candida, a determinare un cancro. Sembra impossibile, però, che essa causi tutti gli infiniti tipi istologici. Niente affatto, è tutto molto logico. Pensi ad un corpo inerte, ad esempio una spina inoculata ora in questo ora in quell’organo, dove produce continue microlesioni. La reazione di difesa, cioè il tentativo di incistamento, non può non avvenire che con le cellule proprie del tessuto sollecitato o invaso: il cervello produrrà più glia ed avremo il glioblastoma; il fegato o l’osso, più epatociti o più osteociti, ed avremo l’epatocarcinoma o l’osteosarcoma, e così via. Come spiega allora che un cancro è formato di cellule più o meno mature o differenziate? Le falangi di fanteria di un esercito, cioè del sistema immunitario, che attaccano un carro armato, cioè la massa fungina, sono distrutte rapidamente; prima le truppe regolari, poi le riserve, infine quelle formate dagli elementi più giovani e immaturi. L’immaturità o l’anaplasia allora, sono il segno della potenza del nemico e dell’esaurimento delle difese dell’ospite. Certo, descritto così, il cancro fa rabbrividire. Come mai i funghi sono oggi così sottovalutati? La prima cosa soporifera che svia le menti è la definizione di fungo: patogeno opportunista e occasionale: Non c’è niente di più subdolo e falso. La seconda è l’eccessiva tendenza descrittivista della medicina, che si trova in difficoltà laddove bisogna interpretare i fenomeni biologici in senso vitale e finalistico. Riuscire ad eliminare una colonia fungina, ad esempio, è un po’ come una partita a scacchi tra entità biologiche, cioè vive, che tendono ad utilizzare le proprie forme di intelligenza, più o meno rudimentali, per sopravvivere. Apparentemente quello che asserisce sembrerebbe logico e coerente; non le sembra, però, tutto un po’ semplicistico? Non sono d’accordo; forse direi semplice o meglio semplificato; questo a mio avviso, però, è una garanzia di veridicità. Una volta, un collega universitario che cercavo di convincere della semplicità delle mie teorie, mi replicò: non ti nascondere, le teorie semplici le fanno le menti complesse. Ma possibile, milioni di studiosi in tutto il mondo, i miliardi per le ricerche … Una volta il Sole girava intorno alla Terra. Lei vuol dire che le ipotesi, le idee portanti dell’attuale oncologia, la causalità genetica e la multifattorialità sono sbagliate? Proprio così, sbagliate perché illogiche; dopo 50 anni di fallimenti andrebbero abbandonate. La multifattorialità difatti non è altro che un modo di ammettere di essere al buio; asserire che una cosa è causata da tutto è come riconoscere la propria ignoranza. La genetica invece è un complesso paravento esoterico, capace di spiegare potenzialmente tutto e niente. Illustri meglio questo concetto. Secondo le teorie ufficiali il cancro è dovuto ad un “impazzimento riproduttivo cellulare”, in grado di causare la formazione delle masse neoplastiche. Alla base di questo presunto “impazzimento”, viene riconosciuta un’alterazione dei geni (di qui la teoria genetica), favorenti o inibenti la crescita cellulare: E’ noto poi, come questi geni codifichino, cioè diano i segnali, per la produzione di proteine e fattori di crescita delle cellule; tra elementi strutturali e interazionali così, se ne conoscono 100, se ne stanno studiando 1000, se ne prevedono 1.000.000; contando poi le centinaia di cancerogeni chimici, gli imprevedibili e infiniti influssi ormonali e neuro-psichici … la frittata è completa: la causalità genetica, così infinita, è un bluff all’infinito, è oscurantismo. Volendo cambiare registro interpretativo, qualcuno ha mai studiato o descritto le potenzialità cancerogene dei funghi? Altroché! Si ammette comunemente che la candida causi il cancro; solo che la si considera cancerogena in quanto, e qui sta l’errore, produttrice di alterazioni genetiche. Lei vuole dire che esiste una sorta di paraocchi rappresentato dalla genetica? Certo! La candida causa il cancro, e questo è il dato di fatto; che poi determini alterazioni genetiche è solo un’interpretazione, ahimè sbagliata. Effettivamente c’è da rimanere scioccati da quello che dice, sospesi tra…l’uovo di Colombo e l’illusione. Oltretutto, se le immagini delle guarigioni che lei ha diffuso sono vere, certo viene da pensare che siamo tutti vittime di un inganno di dimensioni planetarie. Ma sono proprio vere? Altro che vere! Non so se ha visto l’ultimo caso che ho messo in linea, un tumore al fegato di 12x 11,5 cm, che ho fatto regredire a livello di 3×1,5 cm, con sole quattro somministrazioni di bicarbonato di sodio. Francamente questo è difficile da accettare; come fa a convincere il prossimo che una sostanza così comune e innocua, sia in grado di sconfiggere il male del secolo? Vede, uno non si sveglia la mattina e si inventa di somministrare sali di bicarbonato per distruggere un cancro. C’è dietro tutta una serie di ragionamenti, esperimenti, tentativi e verifiche durati mesi e anni, che ha permesso di confezionare una teoria e una terapia oncologica specifica, anche se semplice. Riguardo poi al trattamento dell’epatocarcinoma citato, credo che non ci sia niente di più sofisticato del metodo attuato per attaccarlo. Mi sembra sia passato un secolo da quando distrussi, più di 15 anni fa, il cancro dello stomaco di una mia zia, oggi ancora viva, nel giro di un mese, somministrando bicarbonato solo per via orale. Perché, come cura oggi i tumori, pur utilizzando sempre il bicarbonato? Sfruttando la capacità dell’arteriografia selettiva di raggiungere, per via vascolare, qualsiasi tipo di neoformazione. In pratica, posizionando un catetere nell’arteria afferente al tessuto degenerato, somministro la cosa più velenosa per le colonie tumorali, cioè il bicarbonato di sodio, direttamente sulle masse, con effetti devastanti. E’ così che ho trattato l’epatocarcinoma che ho drasticamente ridimensionato, utilizzando la via d’accesso delle arterie epatiche. Ha trattato altri tipi di tumore con questa tecnica? Circa una decina, in quanto è solo da alcuni mesi che la pratico. I risultati sono però altrettanto positivi. E prima, come faceva? Aveva gli stessi risultati? Assolutamente no; pur riuscendo a risolvere tanti tumori, alcuni non ero in grado di distruggerli. I grandi tumori del fegato o pancreas, cervello o vertebre, come alcuni altri, non avrei mai potuto trattarli adeguatamente senza l’arteriografia selettiva, che ritengo la metodica più importante per l’oncologia. Pensa che in questo modo possa attaccare tutti i tipi di cancro? Certo una buona parte, non tutti. Un tumore pleurico ad esempio si può trattare solo mediante il posizionamento di un drenaggio o di un catetere interno chiamato porth-a-cat; un tumore peritoneale invece va aggredito mediante somministrazione di bicarbonato direttamente nel cavo peritoneale con un ago appropriato. Per i tumori della pelle poi si devono usare diversi altri tipi di sostanze chimiche, impossibili da somministrare per via vasale. Di volta in volta insomma, va studiato il modo migliore in funzione della localizzazione neoplastica. Dopo il trattamento, dopo che ha ridotto o distrutto le masse, il tumore è sparito completamente, o c’è il rischio che ritorni, più o meno presto? Se il cancro è completamente distrutto non torna più, anche perché, nel caso che le masse spariscano a qualsiasi indagine, io per precauzione faccio seguire dei cicli di somministrazione di bicarbonato endovena, che chiudono definitivamente il conto alle colonie non visualizzabili. E questo va bene sia per i tumori primari che per le recidive e le metastasi. Come mai non riesce a convincere gli altri medici, specialmente quelli che contano e che potrebbero aiutarla a realizzare la sua ideologia medica? Con precisione non lo so. Io ho tentato più volte di proporre e illustrare le mie teorie e metodi a vari livelli istituzionali, dal Ministero della Sanità agli istituti oncologici italiani, fino all’americana National Cancer Institute. Purtroppo ho trovato persone ancora mentalmente impreparate a recepire discorsi innovativi rivoluzionari; e questo francamente non me lo spiego, dal momento che non mi sembra molto difficile rifiutare delle teorie ufficiali, quando non portano risultati. D’altro canto però, posso affermare che un buon numero di pazienti che seguo, o sono medici o parenti di medici; questo la dice lunga sulla fiducia che gli addetti ai lavori hanno nell’oncologia ufficiale. Sono talmente convinto poi della bontà della mia teoria e delle mie terapie, che ho fondato anche un associazione, chiamata ANFèT, che significa “Associazione nazionale Fungo è Tumore”. Come ultima domanda: quali consigli darebbe a chi è ammalato di cancro? Di usare la propria testa, cioè di non farsi condizionare da subdole quanto sterili parate, ammantate di bonaria autorevolezza. L’ignoranza sulla reale causa del cancro è ignoranza per tutti, per le correnti ufficiali e per quelle alternative. Non è accettabile subire terapie devastanti o inutili (chemio, radio, chirurgia), in nome di ipotesi aleatorie e mai dimostrate. E lei, non è sullo stesso piano degli altri? Assolutamente no; io do un nuovo soggetto, una chiave nuova e concreta per risolvere il cancro. Tutto il resto sono vuote parole; l’indimostrabile non può stare su un piano razionale. Ecco, l’oncologia odierna non è scienza, ma solo metafisica.
Per approfondire i temi dell’intervista visitare il sito www.anfet.it, dove è possibile trovare le teorie e i casi risolti, oppure www.forcesitaly.org
Perché il cancro è la Candida 1.Definizione di candida: “E’ un fungo saprofita occasionale, opportunista”. Questa etichetta ufficiale, dalla forma accattivante e tranquillizzante, in realtà non dice e non spiega niente, anzi nasconde subdolamente la propria pericolosità. (…) il termine opportunista non è affatto un termine innocuo, anzi possiede una notevole carica di pericolosità, in quanto evidenzia un’adattabilità ed un polimorfismo di grado elevato, come viene spesso riportato, ad esempio da Wickes B.L. (Curr Top Med Mycol 1996 Dec;7(1):71-86), Suzuki T. (J Gen Microbiol 1989 Feb;135 ( Pt 2):425-34), Lott T.J. (Curr Genet 1993 May-Jun;23(5-6):463-7). Da uno studio di Odds F.C. (J Clin Microbiol 1983 Oct;18(4):849-57) peraltro si evidenzia come da ceppi simili o identici si possano formare infinite varianti della Candida anche in funzione di aree geografiche diverse, a testimonianza di come possano adattarsi ad ogni tipo di variabile non solo biologica. Basti pensare che il cosiddetto opportunismo della Candida in realtà nasconde una tale aggressività, da renderla capace di attaccare e colonizzare perfino i materiali sintetici utilizzati nelle protesi sostitutive di organi interni, come viene riferito da Ell S.R. (J Laryngol Otol 1996 Mar;110(3):240-2). “La candida è opportunista” allora, se vuol significare che è capace di passare, metabolicamente e strutturalmente, da uno stato innocuo ad uno patogeno, chi potrebbe confutare un ulteriore passaggio, sotto determinate condizioni concausali, da uno stato patogeno ad uno invasivo, cioè tumorale, mediante stati successivi di opportunismo differenziato? E’ quello che io sostengo nella mia teoria.
2) La candida è sempre presente nel cancro. Esiste un’infinità di lavori che attesta la costante presenza del micete nei tessuti dei malati di cancro, specialmente quelli terminali. Dati riguardanti la coesistenza della candida e del cancro, riscontrati da alcuni autori: Hopfer R.L. (J Clin Microbiol 1980 Sep;12(3):329-31): 79% Kaben U. (Z Gesamte Inn Med 1977 Nov 15;32(22):618-22): 80% Hughes W.T. (Pediatr Infect Dis 1982 Jan-Feb;1(1):11-8): 91% Kiehn T.E. (Am J Clin Pathol 1980 Apr;73(4):518-21): 97,1%
Tutto questo poi considerando la difficoltà di visualizzare le candide nei materiali organici da esaminare, come riporta anche Escuro R.S ( Am J Med 1989 Dec;87(6):621-7), Karaev Z.O (Zh Mikrobiol Epidemiol Immunobiol 1992;(5-6):41-3) e Walsh T.J. (N Engl J Med 1991 Apr 11;324(15):1026-31). In pratica si può tranquillamente affermare che essa è sempre presente nei tessuti dei malati di cancro. Il fenomeno viene usualmente interpretato come una conseguenza dell’indebolimento e del defedamento dell’organismo dovuto alle lesioni neoplastiche. Io ritengo al contrario che l’aggressione della candida in senso cancerogenetico avviene, dopo le fasi patogene superficiali, cioè le candidosi epiteliali classiche, in diversi stadi: a. Radicamento nel tessuto connettivale profondo (nei diversi organi). b. Espansione con evocazione di una reazione organica che tenta l’incistamento delle colonie fungine, il cui esito è la formazione delle neoplasie. c. Accrescimento sia nel tessuto limitrofo che a distanza (metastasi). d. Progressivo defedamento dell’organismo con conseguente invasione organismica globale (E’ lo stadio che viene più comunemente visualizzato e che viene considerato “opportunistico”). e. Exitus.
In sintesi la candida non è un post hoc ma un propter hoc. Vari lavori confortano peraltro quanto affermato, quali: Pedersen A. (Tandlaegebladet 1989 Sep;93(13):509-13), Krogh P. (Carcinogenesis 1987 Oct; 8(10):1543-8), Trotoux J. (Ann Otolaryngol Chir Cervicofac 1982;99(12):553-6) attestano il nesso causale tra la candida e la formazione del carcinoma epidermoidale della lingua. Zhang K.V (Chung Hua Kou Chiang Hsueh Tsa Chih 1994 Nov;29(6):339-41, 384) O’Grady J.F. (Carcinogenesis 1992 May;13(5):783-6) per neoplasie del cavo orale. Hicks J.N (Laryngoscope 1982 Jun;92(6 Pt 1):644-7) per la neoplasia della laringe. Field E.A. (J Med Vet Mycol 1989;27(5):277-94), Wang F.R. (Chung-hua Ping Li Hsueh Tsa Chih 1988Sep;17(3):170-2) e (Chung Hua Chung Liu Tsa Chih 1981 May;3(2) per il cancro del polmone. Joseph P. (Chest 1980 Aug;78(2):340-3) per il mixoma atriale. Rumi A. (Chir Ital 1986 Jun;38(3):299-304), Fobbe F. (ROFO Fortschr Geb Rontgenstr Nuklearmed 1986 Jan;144(1):106-7) Bathia V. (Indian J Gastroenterol 1989 Jul;8(3):171-2) marnejon T. (Am J Gastroenterol 1997 Feb;92(2):354-6) per il cancro dell’esofago. Taguchi T. (J Pediatr Gastroenterol Nutr 1991 Apr;12(3):394-9) per il carcinoma dell’intestino Raina V. (Postgrad Med J 1989 Feb;65(760):83-5) per il morbo di Hodgkin Piazzi M. (Minerva Stomatol 1991 Oct;40(10):675-9) per il M. di Kaposi Mannell A. (S Afr J Surg 1990 Mar;28(1):26-7) per il tumore del pancreas. Le considerazioni e i lavori presentati attestano quindi che la candida possiede una grande capacità carcinogenetica e come oggi non sia più proponibile un suo ruolo patogeno semplicemente consequenziale ad uno stato di defedamento post tumorale. Molti autori tra quelli descritti e anche altri come ad esempio Yemma J.J (Cytobios 1994;77(310):147-58), ammettono oggi quindi un ruolo eziologico diretto del micete nella genesi del cancro; l’errore che viene fatto però è quello di ritenerlo responsabile della produzione di sostanze che alterano la funzionalità nucleare, di inquadrarlo cioè in un ulteriore passo di degenerazione genica, la qual cosa alla fine impedisce di attribuire loro la matrice infettiva tout court, che aprirebbe finalmente la via alla definitiva scoperta del cancro.
A dire il vero poi, non è che non sia stato mai ipotizzato un processo infettivo alla base delle lesioni neoplastiche; già nel 1911 Rous P. aveva ottenuto lo sviluppo di tumori maligni mediante trasmissione con filtrati cellulari delle masse neoplastiche (JAMA 1983 Sep 16;250(11):1445-9).
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Nel 1939 poi Reich W. aveva dimostrato che il cancro è trasmissibile e quindi d’origine infettiva (“La biopatia del cancro” Varese 1994).Ginsburg I. (Science 1987 Dec 11;238(4833):1573-5) dimostra come cellule tumorali di topo infettate da candida albicans e iniettate in ceppi singenici, esibiscano un’aggressività e una capacità di crescita notevolmente aumentate rispetto a cellule tumorali non infettate. Perri G.C (Toxicol Eur Res 1981 Nov;3(6):305-10) riporta l’alta incidenza di neoplasie in topi alimentati con quote aggiuntive di proteine ricavate dalla candida. Non è affatto logico dunque, in base alle risultanze oggi esistenti, continuare a voler vedere la candida come un microrganismo ai limiti tra la patogenicità e l’innocuità, ma come l’unico, terribile generatore causale delle neoplasie. 3) Il tumore è concettualmente uno. Ne esistono però tanti tipi, perché? Secondo le posizioni ufficiali, essendo l’alterazione genetica alla base dello sviluppo neoplastico, è possibile che essa possa manifestarsi in qualsiasi territorio, con tutte le differenziazioni tipologiche possibili. Secondo il mio punto di vista invece, è sempre la candida ad invadere i vari comparti anatomici, evocando reazioni differenti in funzione degli organi parassitati, che dipendono dalla quantità e qualità dei tessuti interessati. Un organo così, il cui connettivo profondo sia stato invaso, si difende tramite iperproduzioni cellulari che tentano di incistare le colonie fungine tendenti alla completa colonizzazione dell’organismo. Il rapporto esistente in un organo tra tessuti differenziati e il connettivo determina la capacità di reazione, e quindi il grado di malignità di una neoplasia. Meno cellule nobili ci sono, più maligno e invasivo è il tumore. Ad un estremo così ci sono i tessuti nobili inattaccabili, all’altro il semplice connettivo; il tessuto ghiandolare, che rappresenta la media via tra questi due elementi proprio perché dotato di strutturazione complessa, possedendo una certa capacità di incistamento nei confronti dei funghi, può opporsi alla loro invasione producendo il fenomeno del tumore benigno. In pratica, dunque, è sempre la stessa candida che attacca i diversi tessuti adattandosi di volta in volta al tipo di ambiente che trova. Le specificazioni allora che vengono usualmente date riguardo alle varie candide (candida albicans, krusei, glabrata, tropicalis ecc.), sottovalutano il fatto che derivano tutte da un unico capostipite il quale, quando muta geneticamente per attaccare l’ospite, diventa ora questo ora quel ceppo. Hopfer R.L. ad esempio ha trovato in colture post-mortem di un malato leucemico, ben 4 specie diverse di candida. Aksoycan N. inoltre (Mikrobiyol Bul 1976 Oct;10(4):519-21) ha dimostrato che 7 diversi ceppi di candida in realtà hanno la stessa struttura antigenica. Odds F.C. (Zentralbl Bakteriol Mikrobiol Hyg [A] 1984 Jul;257(2):207-12) riferisce come lo stesso ceppo di Candida può colonizzare differenti comparti anatomici in tempi diversi. Hellstein J. (J Clin Microbiol 1993 Dec;31(12):3190-9) individua la comune origine clonale sia dei ceppi commensali che di quelli patogeni della candida albicans.
4) La Candida presenta la stessa struttura genetica del cancro. Paradossalmente questo fatto così importante, che dimostra che la candida è il cancro, non viene nemmeno preso in considerazione dalla medicina ufficiale. Vari autori difatti, pur attestandone l’identità genetica, rimangono tuttavia solo su un piano sterilmente descrittivo.
Vediamo i lavori:
Werner G.A.( Eur Arch Otorhinolaryngol 1995;252(7):417-21) riferisce di aver trovato le stesse sequenze omologhe in campioni di DNA estratti dalla Candida glabrata, dalla Candida parapsilopsis e da cellule provenienti da materiale bioptico prelevato dal carcinoma squamo-cellulare delle vie aeree superiori. Yasumoto K. (Hum Antibodies Hybridomas 1993 Oct;4(4):186-9) e Kawamoto S. (In Vitro Cell Dev Biol Anim 1995 Oct;31(9):724-9) dimostrano come lo specifico anticorpo monoclonale diretto verso il citocromo C della candida krusei reagisce anche nei confronti di una frazione citoplasmatica di cellule del tumore del polmone. Hashizume S. (Hum Antibodies Hybridomas 1991 Jul;2(3):142-7) e Hirose H. (Hum Antibodies Hybridomas 1991 Oct;2(4):200-6) utilizzano il citocromo C di varie candide per la diagnosi di cancro del polmone. Schwartze G. (Arch Geschwulstforsch 1980;50(5):463-7) suggerisce di utilizzare anticorpi specifici contro la candida nella diagnosi di melanoma maligno. Vecchiarelli D. ( Am Rev Respir Dis 1993 Feb;147(2):414-9) evidenzia come colture supernatanti di macrofagi alveolari provenienti da pazienti con tumore del polmone, siano in grado di inibire l’attività fungicida delle cellule polimorfonucleate. Zanetta J.P. (Glycobiology 1998 Mar;8(3):221-5) individua lo stesso comportamento, cioè una accentuata capacità di legame nei confronti dell’IL-2, sia nella candida albicans che nei tumori. Ausiello C. (Ann Ist Super Sanita 1987;23(4):835-40), Giovannetti A. (Acta Haematol 1997;98(2):65-71) e Marconi P. (Int J Cancer 1982 Apr 15;29(4):483-8) riportano come un antigene (un mannoside) proveniente dalla parete della candida albicans, induca una citotossicità antitumorale nei linfociti del sangue periferico. Robinette E.H. Jr. (J Natl Cancer Inst 1975 Sep;55(3):731-3) descrive una notevole resistenza all’inoculazione di dosi letali di candida, in topi a cui sia stato preliminarmente impiantato un carcinoma polmonare di Lewis o di altri comparti anatomici. Cassone A. (Microbiologica 1983 Jul;6(3):207-20) Weinberg J.B. (J Natl Cancer Inst 1979 Nov;63(5):1273-8) evidenziano una risposta antitumorale significativa in topi cui fosse stato inoculato materiale della parete cellulare di candida albicans. Favalli C. (Boll Soc Ital Biol Sper 1981 Sep 30;57(18):1911-5), Kumano N. (Tohoku J Exp Med 1981 Aug;134(4):401-9) e Cassone A. (Sabouraudia 1982 Jun;20(2):115-25) segnalano il potre immunoadiuvante antitumorale della parete cellulare della candida albicans. Ubukata T. (Yakugaku Zasshi 1998 Dec;118(12):616-20) riporta l’alto potere inibitorio sulla crescita della candida, da parte del siero e del liquido ascitico di un topo portatore di neoplasia. Esiste dunque, al di là di interpretazioni più o meno riduttive, un alto grado di parentela tra la candida e i tessuti tumorali. Considerando poi la infinita variabilità fenotipica del micete, unitamente alla estrema difficoltà di rinvenimento e di tipizzazione dei vari ceppi esistenti, appare legittimo inferire l’identità genetica tra cancro e candida nelle sue varie differenziazioni.
5. Il fenomeno delle metastasi. Secondo le posizioni ufficiali, la metastasi rappresenta lo sviluppo di qualche cellula maligna che è sfuggita dalla sede primaria del cancro e che è migrata in un altro comparto anatomico. Secondo il mio punto di vista essa si sviluppa è vero, da cellule sfuggite dal cancro primitivo; solamente che l’unità di base non è una cellula impazzita, ma una cellula fungina che è riuscita a colonizzare un altro organo. L’eventualità e la sede delle metastasi poi, sono in funzione dello stato più o meno eutrofico degli organi e dei tessuti, che possono opporre così una resistenza più o meno efficace a contrastare il radicamento di nuove colonie. Esistono così varie possibilità di diffusione da un tumore primario, a parte quella locale: a. Assenza di metastasi, se gli altri organi, essendo sani, sono dotati di assoluta capacità reattiva. b. Formazione di una metastasi, laddove un organo presenti strutture cellulari o tessutali indebolite. c. Formazione di metastasi multiple in più sedi, quando ormai tutto l’organismo si sta spegnendo per cui tutti gli organi diventano aggredibili.
La possibilità di metastatizzazione poi, dipende è vero dallo stato eutrofico dei vari tessuti ed organi, ma anche dalla capacità della candida di adattarsi metabolicamente a situazioni microambientali diverse, la qual cosa alla fine, favorendo la diffusione del micete, accentua l’indebolimento dei tessuti dove si è radicato di nuovo, in un processo di continua e costante demolizione delle capacità reattive dell’ospite fino alla resa. E’ chiaro allora in quest’ottica, come tutte le operazioni e i trattamenti che possiedano un certo grado di lesività nei confronti dei tessuti, possano risultare estremamente pericolosi, perché proprio in questo modo viene favorita la diffusione delle metastasi. Chirurgia, chemioterapia e radioterapia sono pertanto le prime cause di metastatizzazione, in quanto determinano sempre quelle condizioni di sofferenza tissutale tali, da predisporre i vari organi all’invasione tumorale. La tesi della cellula impazzita che si riproduce nei vari punti dell’organismo appare molto meno logica della impostazione infettiva, anche in considerazione del fatto che i presupposti su cui si fonda sono totalmente aleatori.
6. Conclusioni In base alle argomentazione svolte, è legittimo affermare che la candida è la causa eziologica del cancro. Risulta difatti che essa: è sempre presente nei malati neoplastici, può produrre metastasi, ha un patrimonio genetico sovrapponibile a quello dei tumori, può essere utilizzata per svelare precocemente il cancro, può invadere ogni tipo di tessuto o organo, possiede un’aggressività e una adattabilità illimitate, è stata dimostrata la sua capacità di promuovere la degenerazione neoplastica. (…) Lastra numero 1 (Dell’arteria epatica sinistra) E’ composta di 6 fotogrammi che evidenziano il graduale riempimento del territorio vascolarizzato, con visualizzazione massima data dal mezzo di contrasto nei fotogrammi 4 e 5.
Notazioni lastra 1 2.Tale parte della massa risulta morfologicamente diversa dalla parte più grande supero-laterale, quella sinistra, che era stata trattata a gennaio 2001 con chemio-embolizzazione (vedi B). 3.Dai fotogrammi 3, 4 e 5 è possibile notare come le derivazioni arteriose assumono, specialmente a sinistra (vedi C – D), un decorso a semicerchio, essendo dislocate dalla massa stessa. 4.E’ presente un’area necrotica nella massa (vedi E).
Lastra numero 2 (Dell’arteria epatica destra derivante dalla mesenterica) E’ composta da 6 fotogrammi, in cui la massima irrorazione viene evidenziata in quelli n° 3, 4, e 5 (vedi F).
Notazioni lastra 2 1.La massa irrorata dall’arteria epatica destra ha una forma globalmente sferica (vedi G). 2.Rispetto al ramo inferiore sinistro , cioè quello che va al parenchima sano, laddove questo devia in basso, la massa risulta eccedente fino ad andare “fuori campo” (vedi fotogramma)
Lastra numero 3 Fatta dopo 3 somministrazioni, è quella delle verifiche; visualizza il territorio dell’arteria epatica destra (fotogrammi 1, 2 e 3 ) e dell’arteria epatica sinistra (fotogrammi 4, 5 e 6)
Notazioni lastra 3 per l’arteria epatica destra 1.L’aspetto marcatamente a “nido di rondine”, segno di estrema compressione interna dovuta alle dimensioni della massa, si attenua notevolmente fino quasi a scomparire; la massa è completamente levigata. 2.L’aspetto di massa sferica scompare, assumendo forma di un fungo (vedi H) nei fotogrammi 2 e 3; questo significa che il bicarbonato dove ha potuto agire nonostante la precedente chemio-embolizzazione, cioè nella parte inferiore, la ha ridotta drasticamente facendola rientrare “entro il campo”, cioè a metà percorso dell’arteria afferente al parenchima sano (vedi confronto). Nella parte superiore della sfera, quella più lontana dai vasi e quindi dove non c’è stato l’effetto del bicarbonato, la massa si mostra meno ridotta rispetto alla parte inferiore, sebbene anche qui sia molto più levigata (vedi I). 3.Nel fotogramma n° 2 si può osservare come il trapezio formato dalle arterie superiori di sinistra, è notevolmente più piccolo rispetto al fotogramma 5 del 7 marzo, segno che c’è meno massa che comprime da dentro; tanto che la superficie soprastante è molto più libera da masse (vedi confronto del 7 marzo e 3 del 10 marzo)
Notazioni per l’arteria epatica sinistra
1.Rispetto ai fotogrammi 3, 4 e 5 del 7 marzo, le arterie di sinistra che erano dislocate ora si sviluppano linearmente, non più stirate e arcuate (vedi confronto del 10 marzo), e appaiono fortemente tortuose: la massa è completamente collassata. 2.Dopo il trattamento, è possibile visualizzare distintamente un vallo rispetto alla massa irrorata dall’arteria epatica destra (vedi L). 3.La zona di necrosi preesistente viene riassorbita e scompare.
Considerazioni
1.Dopo 3 trattamenti si è assistito ad una drastica riduzione della neoplasia epatica, che appare come “sgonfia”. 2.L’aspetto ruvido, potentemente compresso, è scomparso. 3.Le arterie sono diventate tutte più tortuose, segno di una notevole diminuzione della massa da irrorare
Il primo riscontro ecografico della massa, fatto dopo 1 mese, attesta una notevole dimunuzione dela neoplasia: da un diametro di 12x 10 centimetri è passata a 3,5 x 1,5 c |