Nella mattina del 18 giugno 1982 viene scoperto il corpo dei banchiere milanese Roberto Calvi, a capo dei Banco Ambrosiano, impiccato a una impalcatura sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Le tasche del suo elegante vestito sono riempite di pietre e di denaro d’ogni sorta di valuta. Durante gli anni, la tesi dei suicidio sarà difesa con ostinazione, malgrado il parere contrario della maggioranza degli investigatori della prima ora.
Nato nel 1920, Roberto Calvi era entrato in servizio all’Ambrosiano nel 1946. Alla fine degli anni ’60 aveva conosciuto il "banchiere della mafia" Michele Sindona, e le relazioni d’affari tra i due erano divenute fiorenti. Nel 1975 Calvi viene eletto presidente del consiglio d’amministrazione dell’Ambrosiano. Lo stesso anno diventa membro della loggia P2, che era stata creata da Licio Gelli e di cui faceva parte pure Michele Sindona.
Nel Lussemburgo ritroviamo Calvi non solamente nelle holding dei gruppo Ambrosiano, ma anche come membro dei consiglio d’amministrazione della Kreclietbank Luxembourg (che occupa, in Cedel, un posto di primo piano). D’altra parte, la principale loggia massonica lussemburghese lo accetta tra le sue fila, mentre rifiuta l’ammissione a Michele Sindona sapendo che questi era stato condannato in Italia nel 1976 e che era stato arrestato negli Stati Uniti.

Il Banco Ambrosiano, la cui creazione risale al 27 agosto 1896, era tra le numerose banche private italiane legate al Vaticano. Raccomandata alla protezione di Sant’Ambrogio, la banca non si era mai particolarmente distinta per i suoi affari. Quando la Santa Sede aveva cercato di eludere la legislazione bancaria italiana – e in particolare le restrizioni che riguardavano le operazioni di cambio sul mercato delle valute – i molto venerabili finanzieri del Vaticano avevano utilizzato le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
All’interno dei Vaticano, è l’Istituto per le Opere di Religione (IOR) spesso chiamato la “Banca del Vaticano", che organizza questo traffico. Alla testa dello IOR, l’arcivescovo Marcinkus aveva, in un primo tempo, utilizzato le filiere offerte da Sindona. Poi, quando quest’ultimo era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, si era servito di Roberto Calvi e della sua banca. All’inizio degli anni ’70, Marcinkus prese una decisione le cui ripercussioni e successive conseguenze avrebbero potuto, da sole, suffragare la tesi che voleva che Papa Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso", fosse stato assassinato. Marcinkus aveva in effetti ordinato l’arresto delle attività della Banca Cattolica del Veneto e la sua integrazione all’interno dell’Ambrosiano, senza né consultare né informare il consiglio d’amministrazione della banca così assorbita. Ora, la Banca Cattolica del Veneto era la banca privata al servizio del patriarca di Venezia e il suo presidente non era nientemeno che Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I.

Il Vaticano si è evoluto: da gestore di anime ed elemosine, essendo stato espropriato e avendo visto il proprio patrimonio ridotto alla più semplice espressione dopo le confische di cui fu vittima nel corso del Risorgimento, a partire dal 1870 la Santa Sede è diventata una potenza finanziaria che gestisce fortune tanto colossali quanto discrete nell’economia mondiale. “Immaginare il Papa come una specie di presidente del consiglio di sorveglianza può scioccare qualcuno, ma non dobbiamo dimenticare che il Vaticano è un’istituzione vecchia di tanti secoli che, per quanto riguarda il denaro, ha sempre saputo essere all’altezza dei tempi”.
Non si tratta che di giustizia se, durante la grande crisi economica e finanziaria degli anni ’20, il Vaticano rischiò il fallimento. Dopotutto, quelli erano i tempi! Già nel 1880, l’aristocrazia e l’alta borghesia romane, che avevano tradizionalmente degli stretti legami con la Chiesa, avevano creato il Banco di Roma a unico vantaggio dei Vaticano. Il suo scopo: riacquistare, con un plusvalore sostanziale, i terreni e gli immobili da cui il Vaticano doveva separarsi per mantenere liquidità. Inoltre questa banca doveva acquisire delle partecipazioni maggioritarie, in vista della successiva cessione al Vaticano, nelle società di servizi urbani (acqua, gas, elettricità, trasporti pubblici … ). Inutile dire che, dopo diciotto anni di favoritismo nei confronti dei Vaticano, la banca si trovò rovinata nel 1898.

Il deus ex machina delle finanze vaticane, Bernardino Nogara, salvò la Banca di Roma dal fallimento. La manna celeste che permise ai finanzieri del Vaticano di risorgere a miglior fortuna arriverà tra le righe dei Patti Lateranensi, conclusi nel 1929 con Mussolini. Nel quadro di questi accordi, la Chiesa ricevette un’indennità di 90 milioni di dollari a riparazione per i beni immobiliari confiscati dallo Stato dal 1870 e per la perdita dei suo potere secolare.
Questo denaro venne affidato a un genio della finanza, Bernardino Nogara, ex vicepresidente della Banca Commerciale Italiana. Nel 1968, dieci anni dopo la morte di Nogara e quaranta anni dopo i Patti Lateranensi, le varie partecipazioni del Vaticano nell’industria, nella finanza e nei servizi venivano stimate in otto miliardi di dollari. La massima di Nogara era semplice ed efficace: “Il programma d’investimenti del Vaticano non dovrà essere ostacolato da considerazioni religiose". I suoi "eredi" l’hanno, dalla sua morte, applicata alla lettera – ma con più o meno scrupoli.
Dopo Nogara, il Vaticano ricorse ai servizi di Sindona e poi, quando questo divenne non più frequentabile, a quelli di Roberto Calvi. Bisognerà attendere il fallimento dell’Ambrosiano, che seguirà la morte di Calvi, per scoprire l’implicazione colossale del Vaticano negli affari illeciti operati da Sindona e Calvi. Sindona morirà assassinato nella sua cella nella prigione di Voghera il 22 marzo 1986, dopo aver bevuto una tazza di caffè avvelenato con il cianuro. Sindona e Calvi non sono che due dei cadaveri eccellenti di questa vicenda.

Fonte: ww.disinformazione.it