Quattro anni di reclusione a Vincenzo Canterini
La decisione dopo 11 ore di camera di Consiglio. Grida in aula alla lettura della sentenza: «Vergogna!»
La scuola Diaz dopo l’irruzione della polizia
GENOVA – Tredici condanne, per un totale di 35 anni e sette mesi, rispetto agli oltre 108 anni chiesti dall’accusa, e 16 assoluzioni. Questa è la sentenza emessa dal prima sezione penale del Tribunale di Genova sui fatti avvenuti alla scuola Diaz nella notte del 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova. Assolti i vertici della polizia: Francesco Gratteri, ex capo dello Sco ora direttore dell’Anticrimine; Giovanni Luperi, ex vicedirettore Ucigos, ora all’intelligence; Gilberto Caldarozzi, ex vicedirettore Sco e ora a capo del Servizio centrale operativo della Polizia; Spartaco Mortola, ex dirigente della Digos genovese. Alla lettura della sentenza, in aula si sono levate delle urla: «Vergogna! Vergogna!».
Video – Le proteste in aula
Heidi Giuliani e Vittorio Agnoletto al termine della lettura della sentenza sui fatti della Diaz (Ansa)
LE CONDANNE – La condanna più pesante a 4 anni di reclusione è stata inflitta a Vincenzo Canterini, nel 2001 comandante del settimo nucleo sperimentale di Roma. Il suo vice, Michelangelo Fournier, è stato condannnato a 2 anni di reclusione. Pena di 3 anni, invece, per gli otto capisquadra al comando di Canterini: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e Vincenzo Compagnone. Le altre condanne riguardano Pietro Troiani, all’epoca dei fatti vicequestore aggiunto di Roma, condannato a 3 anni, e Michele Burgio, suo assistente, a 2 anni e sei mesi, ritenuti i protagonisti della vicenda delle due bottiglie molotov. Canterini e gli altri condannati dovranno risarcire le parti civili con il responsabile civile, il Viminale, per una cifra che si aggira sugli oltre 700 mila euro. Canterini, Troiani e Burgio, sempre con il responsabile civile, dovranno rifondere alle parti civili costituite nei loro confronti le spese di difesa a oltre 125 mila euro. Il tribunale infine ha disposto il pagamento in favore dello Stato delle somme liquidate a titolo di rimborso per le parti civili ammesse al gratuito patrocinio.
Video – Cosa avvenne quella notte alla scuola Diaz
LE ALTRE ASSOLUZIONI – Assolti, invece, oltre a Gratteri, Luperi, Caldarozzi e Mortola, Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi, Massimo Nucera, Maurizio Panzieri, Salvatore Gava. Per Alfredo Fabbrocini i pm avevano chiesto l’assoluzione.
LE REAZIONI – Com’era prevedibile, la sentenza ha provocato un serie di reazioni contrastanti. Per Luca Casarini, uno dei leader del movimento che sfilò al G8 del 2001, «si è fatta un’amnistia a senso unico su Genova, nei confronti di dirigenti della polizia e del potere politico. E invece ci si è accaniti sui capri espiatori che sono i manifestanti, condannati pesantemente dallo stesso tribunale». Per l’avvocato Alfredo Biondi, difensore del vicequestore Pietro Troiani e del funzionario di polizia Alfredo Fabbrocini, «è stato smontato il teorema della procura». Vittorio Agnoletto, eurodeputato di Rifondazione comunista, parla di «una delle pagine più tristi della storia d’Italia». «Prendiamo atto che più della metà degli imputati è stata assolta. Il che ridimensiona la violenta campagna contro le forze dell’ordine da taluni fatta finora» dice invece il presidente del gruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.
Una fase del processo (Ansa)
E Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, dichiara: «Siamo lieti che la giustizia ordinaria riconosca una verità nota a tutti gli italiani e cioè che al vertice della Polizia di Stato in Italia ci sono stati e ci sono autentici galantuomini e servitori delle istituzioni. Il tentativo di criminalizzare, per i fatti del G8 di Genova, i vertici delle forze dell’ordine si è rivelato per quello che era: un’autentica persecuzione». Haidi Giuliani, madre di Carlo, il giovane ucciso durante gli scontri del G8, parla di «mancanza di dignità e di coraggio». «In quest’aula – prosegue – ho visto persone coraggiose che hanno testimoniato e pm coraggiosi, ma non ho visto altri atti di coraggio e neppure rispetto per la nostra Costituzione».
Video – Il passaggio delle Molotov
IL PROCESSO – La sentenza arriva a sette anni e due mesi dai fatti, dopo duecento udienze e quattro anni di processo davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Genova, presieduta da Gabrio Barone. Tutti e 29 gli imputati sono appartenenti alla Polizia, tra dirigenti, funzionari e poliziotti. Le accuse mosse nei loro confronti dai pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini sono di lesioni, calunnia, falso e arresti illegali.
I FATTI – La notte del 21 luglio 2001 agenti del settimo nucleo del Reparto Mobile di Roma e altri reparti fecero irruzione nel complesso scolastico Armando Diaz e Giovanni Pascoli, che era il quartier generale dei no global. La difesa ha sempre sostenuto che l’azione fosse diretta ad arrestare gli autori delle devastazioni che migliaia di manifestanti avevano compiuto in città, per l’accusa sarebbe stata una specie di rivalsa voluta dai vertici della polizia che non erano riusciti a tutelare l’ordine pubblico. Nella scuola furono malmenati e arrestati 93 giovani, poi liberati perché contro di loro non c’erano prove. I poliziotti furono accusati di falsificazione delle prove: le due molotov, i picconi e le spranghe esibiti come tali, secondo l’accusa, sarebbero stati rispettivamente trovati nelle aiuole di corso Italia e in un cantiere aperto nel complesso scolastico. Secondo gli avvocati difensori, però, le presunte falsificazioni sarebbero state causate dalla fretta e dal disordine di quei momenti. La questione centrale del processo è stata quella di accertare le responsabilità personali di ciascuno degli imputati e provare se le violenze commesse siano state il frutto di un piano di azione deciso dai superiori. Dal processo sono nate altre tre inchieste: una contro l’ex questore Francesco Colucci, accusato di falsa testimonianza, con il coinvolgimento dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro; la seconda per la sparizione delle bottiglie molotov, smarrite nella questura genovese; una terza per l’identificazione di un poliziotto ripreso nei filmati dell’irruzione e riconosciuto dal pm durante un’udienza tra il pubblico.
Fonte: www.corriere.it