ennio remondino

di Ennio Remondino – Megachip

Difficile sfuggire ad un argomento quando l’attualità drammatica di ciò che sta accadendo in India occupa la prima pagina della tua paura. La sola cosa  positiva che riesco a vedere in ciò che è accaduto, è la lezione, per tutti i distratti, che il mondo è sempre più piccolo.
Altre le preoccupazioni e le urgenze di casa nostra ma, quei fatti lontani, in qualche modo ci piomberanno comunque addosso. Costretto a proporvi settimanalmente una “Cronaca Bizantina”, sto nei miei territori, ma non sfuggo all’attualità. L’estremismo terroristico che minaccia il mondo.
Anche qui in Turchia il terrorismo è presente. C’è il terrorismo e qualche bomba, e c’è anche tanta polizia, ovunque, che al momento riesce a tenere sotto controllo la situazione.
Un po’ di Pkk, il partito armato dei secessionisti curdi, un po’ di fondamentalismo islamico modello Al Qaeda che sembra non avere molto seguito , un po’ di terrorismo gestito in proprio da apparati deviati dello Stato che usano l’antica Strategia della Tensione ben conosciuta in Italia.
Tutti a voler destabilizzare con bombe e massacri per “stabilizzare”, a modo loro, il mondo che verrà.
Visto che siamo in Turchia, vorrei raccontarvi di Kemal Atatürk, il fondatore della Turchia moderna, morto 70 anni fa. Utile per ragionare di Islam e di democrazia nel significato a noi noto.
Atatürk in Turchia rappresenta qualche cosa in più del padre della Patria. Per l’Europa del secolo scorso è stato uno dei protagonisti più importanti e forse meno conosciuti. Atatürk costruisce la Repubblica di Turchia dalle macerie dell’impero ottomano, alla fine della prima guerra mondiale. Il crollo degli imperi soprannazionali e l’affermazione degli Stati nazione.
Nel 1923, al centro dell’ex impero bizantino-ottomano, nasce lo Stato dei Turchi. Una spallata violenta verso il ventesimo secolo quella rivoluzione. La laicità dello Stato dopo il Sultano-Califfo, autorità assoluta anche religiosa. L’adozione dell’alfabeto latino assieme ai codici europei. Obbligo scolastico. Suffragio universale quando in Italia neppure lo sognavamo. Modernizzazione autoritaria, per la Turchia di Atatürk, oltre agli aspetti violenti di una guerra civile che dal 1918 espulse altre storiche presenze nazionali, dagli armeni ai greci.
Ne parlavamo qualche sera fa al Circolo Roma di Istanbul, Casa d’Italia, alla presentazione della prima biografia di Atatürk scritta da uno studioso italiano, Fabio L. Grassi, che è riuscito a rendere digeribile un mattone di 400 pagine. Onore al merito.
Sempre per i segnali che ci giungono dai territori dell’ex impero ottomano e sempre per stare alla paura di cosa ancora potrebbe accadere di fronte alle trame che si muovono attorno al terrorismo, una notizia che arriva dal Kosovo. Sul sito Megachip, Simone Santini ci racconta di un rapporto della Cia (i servizi segreti americani) secondo cui “gli estremisti del Kosovo (cellule dormienti di estremisti islamici, vengono definite) sono pronti ad innalzare il livello dello scontro e a sferrare attacchi terroristici non solo contro Belgrado e le autorità serbe, ma il loro sguardo si è esteso ad Ovest, su Washington e Bruxelles, contro i funzionari dell’amministrazione internazionale”, Unmik o Eulex che sia. 
Fosse vero l’allarme, domanda facile alla Cia: “A cosa pensavate, imbecilli criminali, quando quei gruppi li avete inventati, organizzati e utilizzati?”.
In Kosovo, a giorni, dovrebbe avvenire il passaggio di responsabilità tra Unmiked Eulex, formule astruse che vorrebbero indicare i titolari della tutela internazionale sullo staterello etnico imposto dagli americani (e costruito dalla Cia).
Dalla tutela Onu a quella dell’Unione europea. Peccato che Eulex sia un’invenzione della diplomazia senza alcun riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Euklex, che già c’è costata una barca di soldi, è al momento un baraccone senza legittimità. Eulex esiste nei territori kosovari sotto il controllo delle autorità albanesi, ma non è riconosciuta e, soprattutto, non è gradita nelle enclavi della minoranza serba e nell’isola etnica di Mitrovica Nord. Per i serbi del Kosovo e per quelli di Belgrado esiste soltanto la vecchia risoluzione 1244 secondo cui il Kosovo è parte della Serbia. Eulex per gli albanesi e Unmik (Onu) per i serbi: due garanti diversi per i due pezzi del Kosovo che si sono creati sul campo. Pasticcio inestricabile in cui la Serbia moderata del presidente Tadic ha ottenuto finalmente qualche riconoscimento delle sue ragioni. Neutralità assoluta da Eulex sullo “status” del Kosovo (che vuol dire il non riconoscimento formale della indipendenza unilaterale dichiarata un anno fa dalla parte albanese), e la tutela di ordinamento legislativo, giudiziario, di polizia, autonomi per la parte serba del territorio (che vuol dire il riconoscimento di fatto della partizione del Kosovo). Da buttare nel cestino la cosiddetta mediazione del finlandese Ahtisaari, che nulla aveva mediato, limitandosi ad accogliere le richieste della parte preponderante. Per Ahtisaari, dal Kosovo, soltanto l’immeritato premio Nobel per la pace.
Ad essere arrabbiati, questa volta, sono gli albanesi e le strutture statali create a Pristina. Un No secco a tutte le mediazioni europee, dopo la garanzia avuta dal plenipotenziario Usa in visita: “Mai, per gli Stati Uniti, si potrà tornare indietro rispetto alla indipendenza dichiarata il 17 febbraio del 2008” . Per le strade di Pristina e nelle sue piazze, mi raccontano, si stanno raccogliendo intanto le proteste. Col dettaglio della discesa in campo, nuovamente, dei vecchi combattenti Uck che hanno esperienza e strumenti (leggi armi) per rendere il loro scontento estremamente pericoloso. Momenti di tensione destinati soltanto ad aumentare nel vuoto di idee e proposte che abbiano la forza di recuperare gli errori del passato.
Troppe politiche esitanti e in contrasto tra loro.
Un’Unione europea che si assume l’onere finanziario e politico del Kosovo muovendosi sparpagliata nel riconoscimento del nuovo stato indipendente.
La Nato delle garanzie militari alle missioni civili che dovrebbe essere vincolata ad una risoluzione Onu che nega il Kosovo indipendente.
I generali americani della Nato che sul Kosovo hanno indicazioni completamente diverse.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite che, dopo lo scontro Russia-Stati Uniti sull’Ossezia, difficilmente potrà decidere qualche cosa di nuovo.
Detto in poesia, è tutto un gran bordello, senza neppure l’alibi delle trame fantapolitiche del terrorismo internazionale.    

Fonte: http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=8356