di
Chiara Spagnolo
Un’attività finalizzata a bloccare le inchieste “Poseidone” e “Why not” e a “disintegrare” professionalmente il sostituto procuratore Luigi de Magistris. Un complotto bello e buono, secondo la Procura della Repubblica di Salerno, ordito da una parte della magistratura catanzarese in concorso con politici e imprenditori, con l’obiettivo di fermare le indagini più scottanti che la Calabria ricordi da anni. La bomba è scoppiata all’alba di martedì.
Da Salerno sono arrivati nel capoluogo calabrese oltre cento uomini, tra carabinieri e agenti della Digos, insieme ad un pool di magistrati capeggiato dal procuratore capo Luigi Apicella e dai sostituti Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani. Hanno perquisito per ore. Dalla mattina fino a notte fonda, consegnando di persona gli avvisi di garanzia ad indagati più che eccellenti. I vertici della Procura della Repubblica di Catanzaro, colpita al cuore da un’operazione che per tutta la giornata di martedì è stata accompagnata da un imbarazzante silenzio istituzionale.
Le informazioni di garanzia sono state notificate al procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, all’ex procuratore capo Mariano Lombardi, all’aggiunto Salvatore Murone. E poi ai sostituti pg Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, e al sostituto Salvatore Curcio, i primi due coassegnatari dell’inchiesta “Why not” e l’ultimo anche dell’indagine “Poseidone”. E, ancora, all’avvocato generale dello Stato, Dolcino Favi, che – nel novembre 2007 – nella sua qualità di procuratore generale facente funzioni tolse “Why not” al pm de Magistris. Intorno all’avocazione di “Why not” e alla revoca di “Poseidone”, del resto, ruota una parte importante dell’indagine della Procura campana.
L’ipotesi a sostegno delle perquisizioni è devastante: alcuni magistrati catanzaresi, a partire dai vertici degli uffici, avrebbero agito illecitamente con l’obiettivo di togliere le indagini a de Magistris. In cambio di favori, dice la Procura di Salerno, avrebbero cercato di tutelare alcuni indagati eccellenti, fermando quelle inchieste che stavano per trasformarsi in un terremoto senza precedenti per il mondo politico-imprenditoriale calabrese. Nell’essenza di “Why not” e “Poseidone”, del resto, sta il segreto della loro pericolosità. In entrambe il pm Luigi de Magistris aveva ipotizzato l’esistenza di comitati d’affari, che agivano tramite un radicamento trasversale nei livelli più alti delle istituzioni, con l’obiettivo di distrarre fondi europei dagli obiettivi prestabiliti e di utilizzarli illecitamente.
In parole povere, secondo il magistrato napoletano, i soldi che avrebbero dovuto essere utilizzati per lo sviluppo della Calabria sarebbero serviti solo per ingrossare alcuni conti correnti. Nella concretizzazione di un sistema di illegalità diffusa, che avrebbe goduto di coperture eccellenti, comprese quelle messe in atto da una parte della magistratura. Ipotesi evidentemente devastanti, per quei sistemi di potere che in Calabria, da anni, si spartiscono amichevolmente la golosa torta dei fondi comunitari. Ipotesi investigative che – secondo l’interpretazione dei pm di Salerno – andavano bloccate sul nascere, togliendo le inchieste “incriminate” dalle mani di de Magistris. E allontanando per sempre quel magistrato scomodo da Catanzaro.
Da qui l’avvio di una guerra aperta e senza esclusione di colpi, che si è conclusa con il trasferimento del pm campano disposto dal Csm e poi confermato dalla Cassazione. Via de Magistris da Catanzaro, però, i riflettori non si sono spenti sulla Procura più importante della Calabria. Mesi e mesi di indagini, del gruppo coordinato dal procuratore Apicella, e ieri è partito il primo atto ufficiale con le perquisizioni a tappeto, nelle abitazioni e negli uffici dei vertici giudiziari. Gli indagati sono numerosi e le ipotesi di reato tante e molto gravi. Rese ancora più gravi dal fatto che molte fattispecie sono attribuite a dei magistrati.
Di concorso in corruzione in atti giudiziari, per esempio, sarebbero chiamati a rispondere l’ex procuratore Lombardi e l’aggiunto Murone, in riferimento alla revoca dell’ indagine Poseidone del marzo 2007, ritenuta illegittima dalla Procura di Salerno. Così come illegittima è stata considerata l’avocazione di “Why not”, dalla quale discende il coinvolgimento di Dolcino Favi e la stessa accusa di concorso in corruzione.
Le avocazioni, in sostanza, sarebbero servite solo a bloccare l’attività investigativa e, per “Why not”, tale scelta sarebbe stata presa in seguito al coinvolgimento nell’inchiesta dell’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Proprio sulla figura del guardasigilli, i magistrati salernitani scrivono un capitolo molto chiaro nel decreto di perquisizione, evidenziando che l’attività di de Magistris nei confronti del ministro era assolutamente legittima, che la sua iscrizione nel registro degli indagati era doverosa e che, al contrario, la veloce archiviazione disposta dai nuovi titolari di “Why not” sarebbe stato un atto non dovuto. Tanto che al pg Iannelli e ai sostituti Garbati e De Lorenzo, la Procura di Salerno contesta i reati di concorso in abuso d’ufficio, favoreggiamento, falso ideologico e calunnia, proprio in riferimento alla richiesta di archiviazione.
Altre ipotesi di reato riguardano, invece, i provvedimenti di stralcio e le richieste di archiviazione effettuate nell’ambito del procedimento “Poseidone” e che i giudici di Salerno considerano illegittimi. In particolare, i provvedimenti che hanno consentito l’uscita dall’inchiesta del deputato Giancarlo Pittelli, dell’ ex sottosegretario Pino Galati, del generale della guardia di finanza Walter Cretella Lombardo, del segretario dell’Udc Lorenzo Cesa e dell’ex presidente della Regione, Giuseppe Chiaravalloti. Personaggi su cui, ha ripetutamente denunciato de Magistris, è praticamente proibito indagare. Gente da tenere fuori dalle inchieste a tutti i costi, ha affermato il pm davanti ai colleghi di Salerno, dando l’input per una serie di verifiche che, ieri, si sono abbattute come un ciclone su quegli stessi personaggi.
Non è un caso che, tra le persone iscritte nel registro degli indagati dai pm Nuzzi e Verasani compaia anche l’ex coordinatore calabrese di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, che non è stato oggetto di alcuna perquisizione in quanto protetto dall’immunità parlamentare. Anche nei suoi confronti vengono avanzate ipotesi di reato molto gravi, dal momento che – secondo la ricostruzione salernitana – proprio Pittelli sarebbe stato uno dei principali registi dell’attività finalizzata alla delegittimazione del pm Luigi de Magistris.
Tale attività, si legge nel decreto di perquisizione, si sarebbe concretizzata anche con una serie di atti, trasmessi alla Procura generale presso la Corte di Cassazione e al Csm, finalizzati ad influire sul procedimento disciplinare in atto davanti al Consiglio superiore e ad arrivare al trasferimento del magistrato che indagava su politici e imprenditori. Trasferimento doveva essere, insomma, e trasferimento è stato. Luigi de Magistris oggi è in servizio al Tribunale del Riesame di Napoli e le sue indagini sono state affidate ad altri magistrati. Gli stessi che – dice la Procura di Salerno, in un atto d’accusa senza precedenti – le stanno disintegrando pezzo per pezzo.
Ecco perché le perquisizioni di martedì sono state accompagnate anche dal sequestro di tutti i faldoni di “Poseidone” e “Why not”, sottratte alla competenza della Procura di Catanzaro e passate a quella di Salerno. L’obiettivo è cercare di ricostruire quelle indagini o quel che ne è rimasto. Chi credeva che, con il trasferimento di de Magistris, sarebbero state sepolte per sempre, con tutta probabilità, dovrà ricredersi.
Fonte: liberainformazione.org