Detto e fatto. Anzi: già fatto. Dopo tre settimane trascorse tra palme e ricchi emiri (insomma: in medioriente), il nostro intramontabile premier – al secolo: Berlusconi Silvio; all’anagrafe: ormai 72enne, ma sempre di belle speranze – non ha certo perso tempo. E, da bravo stakanovista, è subito tornato al lavoro nel suo salotto tivù preferito. Quello di “Porta a Porta”. Lì – bontà sua – non si è limitato a complimentarsi con sè stesso (“Il mio governo è il Paradiso”). E a svelare qualche sogno nel cassetto (“Cambieremo la costituzione”). Ma ha anche affrontato il tema crisi-economica-che avanza (con “ottimismo”, però). E promesso che il suo governo – anzi il suo quarto governo in dieci anni e rotti – già che c’è, farà “qualcosa” anche per i precari che popolano fabbriche e uffici del nostro (ex) Belpaese. Precari – o meglio, chiamiamoli con il loro nome: lavoratori di serie “B” con contratti dai nomi più pomposi e corposi dei loro stipendi (apprendisti; interinali; consulenti; co.co.pro e co.co.co; e chi più ne ha, più ne metta) – che , in effetti, a furia di Borse che crollano e aziende che arrancano potrebbero ritrovarsi, a stretto giro di posta, senza lavoro. E, in pratica, senza un quattrino.
Un’intenzione lodevole, quella del premier. Niente da dire. Anche perchè questa generazione di lavoratori nata nel segno della sfiga (cioè con la legge Treu; targata centrosinistra) e cresciuta sotto la stella della jella (ovvero la legge Biagi; centrodestra) finora non ha trovato nessun santo in paradiso (ossia nè a destra, nè a sinistra, nè al centro). E – dovesse perdere il posto in massa sotto il peso della recessione – non avrebbe diritto a nulla. Nè cassaintegrazione. Nè sussidio di disoccupazione. Nada de nada. Peccato solo che il multimilionario Cavaliere di Arcore – 139 milioni di euro denunciati al fisco, nel solo anno solare 2006 – complice forse il caldo dei deserti del medioriente e quello dei riflettori Rai, abbia dimenticato che il suo governo ha appunto – già – fatto “qualcosa” per questi suoi concittadini più poverazzi. E che il problema – semmai – è il come l’ha fatto.
Il pacchetto anticrisi – messo a punto non più di dieci giorni fa dai fidi Tremonti (ministro delle Finanze) e Sacconi (ministro del Welfare) – infatti parla chiaro. E dice che per i prossimi 3 anni – ma in via “sperimentale” – ci sarà qualche soldino anche per i lavoratori disoccupati di serie “B”. In particolare per i lavoratori a progetto. Ma solo per quelli che – e se state leggendo a voce alta, qui vi conviene riempire di fiato i polmoni – “operino in regime di monocommittenza”; che “abbiano conseguito l’anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233″; che “siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre”; e infine e soprattutto: che “svolgano nell’anno di riferimento l’attività in zone dichiarate in stato di crisi ovvero in settori dichiarati in crisi”. Dirà qualcuno: e che vor dì? Vor dì che è come se il governo avesse deciso di varare un provvedimento a favore del gentil sesso. Ma non proprio per tutto il gentil sesso. Solo per le donne bionde. Alte. E con gli occhi rigorosamente azzurri. E poi: che di nome facciano Veronica. E di cognome Lario. Ma soprattutto; che siano state sposate solo una volta; possibilmente con un marito di nome Silvio, che abbia almeno un villone ad Arcore. Come a dire: e il cerchio, tante volte, si stringe. Anzi: pure troppo.
Ma le parole – si sa – volano. E quindi forse è meglio tradurre tutto in numeri. Come hanno fatto gli economisti del sito de “LaVoce.info”. Che – armati di pallottoliere e di tanta buona volontà – hanno calcolato che i beneficiari di questa norma in stile Azzeccagarbugli sono un po’ come i fortunati vincitori del Lotto. Cioè pochissimi. I “collaboratori continuativi” che – come vuole la norma – lavorano per un solo “padrone” e hanno il reddito “giusto” infatti sono solo 125mila. Ma da questa cifra bisogna togliere i co.co.co (che dal pacchetto anticrisi non prenderanno una lira, o meglio un euro bucato). E quindi ne rimangono 69mila. Ma da questa cifra bisogna togliere ancora quelli che non “svolgano l’attività” in “zone” o “settori” che secondo il governo non siano in crisi. E quindi – visto che con tutta probabilità il Berlusconi IV dichiarerà la crisi solo nel Mezzogiorno – ne resterano ben 10mila. Che – però – in base al pacchetto anticrisi non avranno diritto a una normale cassa integrazione. Ma al 10% del redditto incassato l’anno prima. Cioè – e totale totale – tra i 500 e i 1.050 euro. Ma all’anno.
Una mancetta tra i 500 e i 1.000 euro a sole 10mila persone? Sì, avete capito bene. E’ proprio così. Il governo si è già attivato per i precari. Ma con una cifra ridicola. Che, per carità, sa tanto di “bel gesto”. Ma solleva anche un dubbio grande come una casa. Perchè vabbè la fiducia e l’ottimismo. Ma – con 4 milioni di precari; 400mila posti a rischio solo a dicembre; e la crisi economica peggiore del dopoguerra alle porte – come fa il governo dello smemorato Cavaliere di Arcore ad avere ancora voglia di scherzare?
Fonte: www.bamboccioni-alla-riscossa.org