di
Marco Pizzuti
Tutte le più “autorevoli” fonti “d’informazione” ci hanno raccontato che in questi giorni l’esercito israeliano è stato costretto a reagire con una nuova offensiva militare di “rappresaglia” alle provocazioni di Hamas. Pertanto si può stare tranquilli, lo scopo delle operazioni belliche ancora in corso è solo quello di uccidere i terroristi per riportare l’ordine in Palestina..Dicono.. Strano però che i missili lanciati su Hamas abbiano centrato anche donne e bambini perpetrando la solita strage d’innocenti. Strano che il Mossad israeliano, ovvero l’agenzia d’intelligence più potente e prestigiosa del mondo fatichi così tanto ad individuare ed eliminare senza vittime civili i covi degli estremisti di Hamas, un’organizzazione composta da quattro straccioni disorganizzati e malamente addestrati. Ed è davvero molto strano poi che l’artiglieria israeliana sappia invece esattamente dove mirare, raggiungendo i suoi obiettivi tra strade affollate di disgraziati e palazzine gremite di abitanti che non sanno più dove rifugiarsi. Per colpire questi inafferabili terroristi insomma, i servizi segreti più temuti del globo hanno fallito il loro compito e così il governo israeliano deve, “suo malgrado”, ricorrere al classico bombardamento a tappeto contro la popolazione civile inerme. La colpa quindi non sarebbe delle bombe israeliane ma dei crudeli uomini di Hamas che usano i civili palestinesi come fossero scudi umani…
Strano poi che nessuno degli strapagati giornalisti dei grandi media che raccontano alla gente i fatti nel mondo si prenda mai la briga di spiegare cosa sono le operazioni false flag, quante volte si è scoperto il loro utilizzo dall’intelligence israeliano e che razza d’interesse avrebbe mai il popolo palestinese a provocare la reazione armata dei suoi spietati e temibili vicini. Forse i palestinesi sono tutti dei pazzi masochisti così idioti da non avere ancora capito che il loro potente avversario gioca al gatto con il topo? A chi giova veramente il terrorismo di Hamas e quello arabo in generale? al popolo palestinese o ai falchi sionisti dell’elite finanziaria internazionale che ambiscono ad espansioni territoriali d’Israele e all’instaurazione di un nuovo ordine mondiale da fondare con il pretesto del terrorismo? E se anche volessimo credere che dietro il terorismo arabo non c’è nussuna complicità o istigazione dei servizi segreti, possono delle azioni terroristiche compiute da un gruppo di fanatici legittimare rappresaglie sull’intera popolazione civile? Ed inoltre, è davvero possibile ritenere giusto impedire la fuga dei palestinesi più disperati che vogliono mettere in salvo se stessi e la loro famiglia dall’ennesima strage annunciata?
La fazione di Hamas venne democraticamente eletta durante le elezioni politiche del gennaio 2006 con 76 seggi su 132 ma ciò non dimostra affatto che al suo interno non vi siano agenti provocatori infiltrati come è già successo molte volte in passato. Ed in ogni caso non dovrebbero mai essere confuse le responsabilità di un governo con quelle del suo popolo, salvo il caso in cui ciò non torni utile come pretesto, ovviamente…
Quello che segue è un’interessante articolo di Maurizio Blondet su una delle precedenti azioni false flag compiute dall’intelligence israeliana:
Il 27 giugno 1976, un gruppo di palestinesi del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina e di terroristi tedeschi della banda Baader Meinhof si impadronirono del volo Air France da Parigi a Tel Aviv e lo dirottarono per poi farlo atterrare nell’aeroporto di Entebbe, in Uganda, dove comandava il sanguinario dittatore Idi Amin. Dopo giorni di ansia, con un centinaio di passeggeri in ostaggio dei terroristi, nella notte tra il 3 e 4 luglio un commando dell’esercito israeliano (in gran parte del reparto speciale Sayeret Maktal e del Mossad), con un’operazione brillantissima, atterrarono non visti su degli Hercules, attaccarono a sorpresa e uccisero i terroristi liberando i passeggeri, senza dimenticare, al momento di andarsene, di distruggere tutti i caccia ugandesi a terra nell’aeroporto.
Un’operazione eroica, passata come tale nell’epica israeliana.
Ora si apprende da fonte certissima – e lo rivela il britannico Telegraph – che il dirottamento è stato fatto sì da palestinesi, ma su istigazione del servizio di sicurezza israeliano Shin Beth. (1)
La fonte certissima si chiamava David Colvin, che allora era il primo segretario dell’ambasciata britannica a Parigi.
Egli seppe da una sua fonte, già tre giorni dopo il dirottamento, del coinvolgimento israeliano, e ne fece rapporto Londra, in un memorandum riservato conservato negli Archivi Nazionali e solo oggi, dopo 30 anni, declassificato.
Nel rapporto, il diplomatico Colvin spiegava che il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (PFLP), un movimento nato da poco e subito messosi in contrasto con l’OLP (Organizzazione di Liberazione della Palestina) di Arafat «aveva attratto ogni sorta di elementi folli, alcuni dei quali ‘piantati’ lì dagli israeliani».
E che il dirottamento aveva lo scopo di macchiare la reputazione di Arafat, la cui popolarità in Europa cresceva, e per impedire un riavvicinamento tra Arafat e Washington.
Scriveva Colvin: «Il loro incubo [degli israeliani] è assistere all’imposizione in Medio Oriente di una Pax Americana che andrebbe a vantaggio dell’OLP (che guadagnerebbe rispettabilità internazionale e forse il diritto di instaurare uno Stato nei territori) e a svantaggio del Fronte del Rifiuto (2), che perderebbe ogni ragion d’essere, e Israele sarebbe obbligata ad evacuare i territori occupati. Da qui la poco santa alleanza nel dirottamento».
Il rapporto Colvin fu archiviato senza commento.
Ma il Foreign Office prese nota che anche un giornalista del Liverpool Post, Leo Murray, aveva riferito che il PFLP stava progettando una serie di attentati spettacolari per troncare i contatti, che stavano avendo luogo, tra l’OLP e il suo capo Arafat e gli USA.
E un funzionario annotava: «se, come sostiene la fonte di Murray, lo scopo del dirottamento di Entebbe era di prevenire lo sviluppo delle relazioni tra Arafat e l’Occidente, ciò spiega perché Arafat ha recentemente avvicinato i francesi al [l’ambasciata del] Cairo avvertendoci di ulteriori futuri attentati».
Il fatto risale a trent’anni fa.
Ma ci dice che Israele è perfettamente capace di organizzare attentati con morti e feriti e farli apparire «islamici», manipolando qualche pazzo palestinese.
Forse altri decenni occorreranno per capire la verità nascosta in eventi tragici come l’attentato palestinese alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 (con brillante, eroica operazione di massacro dei corpi speciali israeliani), e del dirottamento della «Achille Lauro» del 1982, che decise – tra l’altro il destino di Craxi, che urtò gli americani alla caccia dei terroristi.
Ma, naturalmente, il pensiero corre al mega-attentato di «Al Qaeda» dell’11 settembre 2001, anch’esso così utile alla politica israeliana, consentendo agli eletti di rigettare le trattative di Oslo proclamando che Arafat era, come «Al Qaeda», un terrorista.
E qui, proprio l’11 settembre, emerge un nuovo indizio che va messo in relazione con la vecchia storia di Entebbe.
Come abbiamo detto, a liberare i passeggeri fu il corpo speciale Sayeret Maktal.
Ebbene: un membro del Sayeret Maktal si trovava su uno dei quattro aerei dirottati, il famoso Volo 11 dell’American Airlines, quello da cui decine di passeggeri telefonarono a parenti e centralinisti, raccontando ciò che stava avvenendo a bordo, e infine si coalizzarono (tale la versione ufficiale) per sopraffare i dirottatori, facendo cadere l’aereo in Pennsylvania.
Alcune telefonate, apparentemente delle hostess dello sciagurato Volo 11, dissero che un passeggero arabo (poi identificato con Satam Al Sukami), si era alzato dal suo sedile e aveva sparato e ucciso un passeggero del sedile davanti al suo, identificato come Daniel Lewin, di anni 31.
Pochi giorni dopo, il 17 settembre, il quotidiano Haaretz rivelò che Daniel Lewin era stato un ufficiale del Sayeret Maktal, descritto «come il corpo speciale di maggior successo dell’esercito israeliano» nonché «una unità capace di penetrazione profonda, che ha operato assassinii mirati, furto di intelligence straniera e distruzione di armi nucleari straniere».
Daniel Lewin era uno dei due israeliani che risultano presenti sul volo AA 11, e defunti nel crash.
Il fatto è che Lewin, a 31 anni, non era più in servizio: era apparentemente un fortunato imprenditore, fondatore di una ditta di computer, la israeliana Akamai.
I suoi contatti con il Sayeret Maktal erano stati tenuti deliberatamente segreti, prima della rivelazione di Haaretz.
C’è abbastanza per esprimere qualche sospetto.
Un paio di hostess telefonano dal volo (cosa praticamente impossibile all’epoca) e raccontano che Daniel Lewin è stato ucciso: è una «testimonianza cortissima», che tiene il luogo di prova, essendo prove concrete del tutto mancanti, e i corpi del Volo 11 ridotti a pezzetti.
Dunque l’agente del Sayeret Maktal è ufficialmente morto.
Ufficialissimamente trapassatissimo.
O forse vive ed opera sotto altro nome?
Nella condizione ideale per un agente segreto addetto alla «penetrazione profonda» di ambienti islamici, di essere ormai inesistente per l’anagrafe?
E ancora: c’entra qualcosa il Sayeret Maktal con l’organizzazione dell’attentato di «Al Qaeda», che una serie nutrita di altri indizi indicano come un «false flag», come abbiamo appreso essere c’entrato nel dirottamento di Entebbe?
Basterà ricordare che le identità dei 19 dirottatori arabi, immediatamente diffuse dall’FBI, risultarono poi false: parecchie erano state «rubate» ai legittimi proprietari, studenti e piloti di Paesi musulmani, che si fecero vivi con le autorità e dimostrarono che non c’entravano niente.
Rubare identità per «false flag attacks» è una specialità dello Shin Beth.
Altro indizio: la Federal Aviation Administration e l’American Airlines corressero la versione telefonata dalle hostess (o da chi per loro), dicendo che Daniel Lewin non era stato ucciso con una pistola, ma «probabilmente pugnalato» (eh sì, perché nella versione ufficiale i dirottatori islamici erano saliti a bordo con taglierini ed armi bianche).
Infine, l’ultimo segnale sospetto: nel «September 11 Memorial Website» della CNN, che reca i nomi di tutte le vittime del tragico attentato, il nome di Daniel Lewin non appare.
Maurizio Blondet
Fonte: http://www.effedieffe.com/rx.php?id=2038%20&chiave=La
Note:
1) Peter Day, «Israeli agents helped Entebbe hijackers», Telegraph, 1 giugno 2007.
2) Il «Fronte del Rifiuto» era un insieme di organizzazioni palestinesi, fra cui appunto il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina capeggiato da George Habbash, che negli anni ’70 abbandonarono l’OLP di Arafat per sostenere la linea del completo rifiuto del riconoscimento di Israele e di ogni trattativa con lo Stato ebraico – cosa che ad Israele andava benissimo. Habbash non è (o non era: forse è morto) un islamico, ma un greco ortodosso palestinese. Nel 1992, colpito da ictus cerebrale a Tunisi, è stato trasportato a Parigi per volontà del losco presidente Mitterrand ed esservi curato. Non ne ho più notizie.
3) I terroristi palestinesi dell’Achille Lauro furono convinti alla resa da mediatori egiziani e dallo stesso Arafat, in cambio della promessa di immunità. Salirono su un aereo egiziano che doveva portarli in Tunisia. Ma caccia americani intercettarono l’aereo egiziano e lo costrinsero ad atterrare a Sigonella, base NATO in Sicilia, apprestandosi a catturare i palestinesi. Bettino Craxi si oppose all’intervento americano a nome del diritto internazionale, e schierò la nostra VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) a difesa dell’aereo, contro i commandos della Delta Force americana. E’ stata la più grave crisi diplomatica tra Italia e USA; gli americani cedettero, ma a Craxi la giurarono. Il ministro della Difesa, il massone Spadolini, si dimise per protesta contro Craxi facendo cadere il governo. Era solo l’inizio delle sfortune di Bettino.