Per la prima volta Israele è vicino alla crescita zero dall’immigrazione, con il numero dei nuovi arrivi molto vicino a quello di chi abbandona il paese
TEL AVIV – Molti israeliani hanno una percezione negativa del Medio Oriente e, secondo un sondaggio pubblicato martedì, si stanno ponendo spesso la domanda: "Che cavolo ci facciamo qui?".
Secondo il sondaggio del Tel Aviv University’s Centre for Peace Research alla sollecitazione di dire la prima parola che gli veniva in mente pensando al Medio Oriente il 61% degli intervistati hanno dato risposte negative, il 20% neutre e il 19% positive.
I risultati hanno messo in evidenza che, in genere, le risposte negative erano collegate a guerra e violenza.
Il sondaggio ha inoltre messo in luce come il 71% degli ebrei israeliani ha detto di non credere che Israele riuscirà a integrarsi politicamente con il resto della regione mediorientale nel corso dei prossimi decenni.
La ricerca è stata condotta all’inizio di Settembre e si è basata sulle interviste telefoniche di 599 persone. Secondo l’Università che l’ha svolta, l’errore assoluto per questo sondaggio è del 4,5%. La ricerca viene proprio nello stesso momento nel quale Israele è testimone di una riduzione dei nuovi arrivi. L’afflusso che dalla fondazione di Israele nel 1948 ha messo insieme milioni di ebrei da più di cento paesi diversi si è ridotto ad un ruscello.
L’ultima grossa onda immigratoria- Gli etiopi cristiani di origine ebraica che si sono riconvertiti all’ebraismo per ristabilirsi in Israele – si è appena conclusa.
Oggi gli immigranti israeliani sono in genere non-ebrei dall’Africa e dall’Asia che entrano clandestinamente per cercare un lavoro, o Sionisti in zelante pellegrinaggio religioso.
Gli ebrei della diaspora amano sempre di meno lasciarsi tutto quanto alle spalle per trasferirsi in Israele. Oggi è molto più semplice avere la doppia nazionalità passando solo dei periodi in Israele senza trasferirsi definitivamente.
Prima della fondazione di Israele la popolazione ebrea in Palestina era cresciuta fino a 600.000 unità grazie a cinque grandi ondate di immigrazione di ebrei europei. Più di tre milioni di arrivi si sono avuti in seguito e attualmente la popolazione Israeliana di origine ebraica conta 5.5 milioni di unità alle quali vanno sommati 1.4 milioni di arabi israeliani.
Israele è il paese che ha maggior numero di ebrei degli appena tredici milioni sparsi per il mondo avendo sorpassato gli Stati Uniti nel 2006. Non esiste un altro posto nel mondo dove il numero di immigrati è cinque volte superiore il numero di abitanti originari. "Non vi sono precedenti" ha detto Sergio DellaPergola, un affermato demografico del think thank israeliano Jewish People Policy Planning Institute.
Negli anni cinquanta, secondo la Jewish Agency, che gestisce tuttora l’immigrazione, si assistette all’arrivo di 765.000 ebrei dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Subito dopo arrivarono decine di migliaia di immigrati dai paesi dell’Europa dell’Est, e poi circa un altro milione con il crollo dell’Unione Sovietica.
All’inizio degli anni 80, Israele cominciò a trasportare clandestinamente 80.000 membri dell’antica comunità ebraica etiope, dei quali circa 15.000 solo in due giorni nel 1991. Oggi questa immigrazione appartiene al passato.
Gli ebrei americani, e quelli degl’altri paesi benestanti dell’Occidente, non hanno particolari motivi per lasciare tutto e trasferirsi in Israele.
Nonostante la comunità ebraica statunitense sia uno dei maggiori sostenitori di Israele solo 120,000 suoi appartenenti si sono trasferiti in questo paese.
Secondo DallaPergola: "Per la prima volta Israele è vicino alla crescita zero dall’immigrazione, con il numero dei nuovi che arriva molto vicino a quello di chi abbandona il paese".
La fine dell’immigrazione di massa mostra che gli israeliani hanno perso parte della loro fiducia in sé stessi, impantanati da 41 anni nella loro occupazione dei territori palestinesi, percepiscono che il loro paese è sotto una leadership debole e corrotta.
Fonte: Middle East Online
Tradotto da un lettore di EFFEDIEFFE.com