bavaglio_facebook

La risposta del social network alla recente legge che permette al nostro governo di bloccare qualunque sito a proprio piacimento.
Bloccare l’accesso a tutto Facebook per colpa della presenza di alcuni gruppi discutibili è come chiudere un’intera rete ferroviaria a causa della presenza di alcuni graffiti offensivi in una singola stazione: così Facebook risponde alla proposta censoria avanzata dal governo italiano.
Il problema era nato a seguito della scoperta di alcuni gruppi inneggianti a criminali riconosciuti, da Riina agli stupratori di Guidonia. La soluzione? Mettere il bavaglio a Internet, incuranti di quanti usano lo stesso strumento per fini più che leciti.
I provider, naturalmente, avrebbero dovuto essere lo strumento della censura, applicando i filtri secondo le disposizioni del Ministero dell’Interno, pena una multa salata.
Sembra che per quanti siedono a Roma Facebook sia il ricettacolo – almeno per adesso, fino alla prossima moda – di ogni malvagità. Qualcuno dovrebbe far loro notare, che il social network è complesso quanto il mondo reale, e che a fronte di 433 fan di Provenzano ce ne sono 369.463 di Falcone e Borsellino.
Il senatore Gianpiero D’Alia ha poi cercato di correggere il tiro: non tutto Facebook verrebbe bloccato, ma solo le pagine incriminate.
C’è da chiedersi se il senatore si sia mai chiesto quali difficoltà tecniche la cosa comporterebbe per i provider, i quali potrebbero essere costretti ad ammettere di non poter fare quanto richiesto.
Più passa il tempo, più sembra che i nostri governanti non sappiano che cosa sia Internet né come funzioni.

da www.zeusnews.com

Bavaglio di governo al web, 2/ Google risponde alla censura


googlearth

intervista di Vittorio Zambardino a Marco Pancini –

 

“No, le leggi ad Aziendam che poi hanno un impatto su tutto l’ecosistema non si possono fare. E bisognerebbe evitare di portare l’Italia a livello dei peggiori paesi del mondo in fatto di reati d’opinione”
Al telefono c’è  Marco Pancini, resposabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia. L’argomento è l’emendamento “ammazzaFacebook“, approvato il 5 febbraio per iniziativa del senatore D’Alia (Udc). Il parlamentare ieri ha spiegato in questa intervista ad Alessandro Gilioli le sue posizioni e ripetuto che casi come quello delle pagine che inneggiano a Riina potrebbero portare alla chiusura dell’intero social network…
Non posso parlare a nome di Facebook, ma per quanto ci riguarda per la verità è peggio, se chiedessero a noi di togliere una certa pagina, noi lo faremmo subito, come facciamo con ogni contenuto segnalato come criminoso dall’autorità. Invece con questo emendamento lo chiederanno ai provider, ai fornitori di accesso cioè alle aziende telefoniche
Pancini Marco

Ma mi sbaglio o il nocciolo dell’emendamento D’Alia è che l’ordine di cancellare un dato contenuto e di eventualmente oscurare la pagina viene dal governo?
Tra l’altro questo è uno degli aspetti cruciali. Si crea una nuova filiera, si parla di controlli preventivi, qualcosa che da noi non è mai esistito.  E poi in questo momento i ministeri non hanno una struttura adeguata a seguire tuttio ciò che si pubblica in rete, quindi dovrebbe esserci un nuovo organismo. Me lo lasci dir bene, su questa faccenda siamo molto preoccupati, davvero…
Dica pure, ma mi pare che già il fatto – questa è una valutazione mia, non sua – che il governo si occupi “personalmente” di colpire i reati di opinione metta la cosa su un’orbita incredibile fino a poco tempo fa
A dire il vero fino a poco tempo fa il governo, con il disegno di legge Cassinelli aveva dimostrato di capire che esistono profili differenziati di responsabilità per chi si esprime in rete, si pensava ad una differenziazione tra blog individuali e siti che riflettono organizzazioni più professionali. Ora invece pare che la tendenza sia ad omologare il signor Rossi, titolare di un piccolo blog, al direttore di Repubblica. Ma come si fa?
Sta invocando anche lei un tavolo di trattative?
Certamente. Sarebbe così folle avere una sede di discussione nella quale esporre, spiegare, far capire? Perché sa, qui si tratta di istituire una filiera del controllo preventivo che è ignota all’ordinamento italiano. Noi possiamo parlare e parliamo con tutti, dalla polizia postale fino al governo, purché ci sia la volontò di ascoltarci…
E invece arriva l’emendamento D’Alia
C’è un orientamento in una parte del mondo politico che riflette una totale separazione dall’industria internet e dal mondo degli utenti
Loro pensano alle pagine su Riina o agli antisemiti
Ma già oggi è possibile individuare e colpire le responsabilità di chi commette un reato, e mi risulta che ci sia ancora scritto nel nostro ordinamento che la responsabilità penale è personale. Qui invece per la responsabilità di uno si vuole oscurare il diritto all’espressione di tutti
Può descrivere in concreto il meccanismo che la preoccupa, cosa intende quando parla di filiera del controllo?
Lei si immagini la Telecom o qualsiasi altro provider  che si vede recapitare l’ordine di rimuovere una pagina “incriminata”. Cosa succede? Chiamano l’autore? Non lo fanno, non possono materialmente farlo in breve tempo. Quindi chiudono tutto il servizio. Per poi riaprirlo a crisi superata… ma ci rendiamo conto a quali paesi stiamo equiparando l’Italia?
La Birmania, la Cina…
Non lo so, ai peggiori della classe in fatto di libertà di espressione: lo ripeto, stiamo parlando del reato d’opinione. A me pare l’abc del diritto.

da zambardino.blogautore.repubblica.it