DI CARLO MATTOGNO
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Prendo spunto dallo scritto di Franco Cardini sul caso Williamson [1], già esaminato da Andrea Carancini su questo Blog, anche se in una prospettiva molto particolare [2], per svolgere qualche considerazione su revisionismo e “complottismo”.
La pubblicazione da parte di Enrico Deaglio nel settimanale Diario dell’inchiesta Il complotto dell’11 Settembre? Una boiata pazzesca! (settembre 2006) ispirò a Pierluigi Battista questa recensione apparsa sul Corriere della Sera il 2 ottobre 2006:
«Le Twin Towers e la rivincita degli «ingenui»
Un ringraziamento speciale a Enrico Deaglio, che con il suo ultimo «Diario» ci fa sentire un po’ meno sciocchi: noi ingenui che pensavamo fossero veri gli aerei dell’ 11 settembre scagliati contro le Torri gemelle e il Pentagono, che i passeggeri fossero morti davvero, che il crollo del World Trade Center fosse causato degli aerei conficcati nei grattacieli con il loro carico di 37.800 litri di cherosene ciascuno. Stupidamente ignari che Osama Bin Laden fosse solo il nome d’ arte di George W. Bush, eravamo abbindolati da una cupola di «sionisti, agenti Cia e Adepti Illuminati per il Nuovo Ordine Mondiale». Questo ci dicevano i maniaci del Complotto. Ma grazie a Deaglio, che ha portato in Italia il lavoro certosino di trenta giornalisti del Popular Mechanics, possiamo finalmente capire quale cumulo di menzogne e di teoremi bislacchi sia al centro della grande fantasia complottista. Non eravamo stupidi noi, erano i teorici del complotto che ci raccontavano un sacco di bugie.
L’ ossessione complottista, a differenza della realtà, esercita un fascino potentissimo. Suggerisce la sensazione inebriante di guardare le cose dietro il velo della verità ufficiale, trasforma la vita in un thriller avvincente e galvanizza l’ esistenza con il sapore dell’ intrigo. Per questo i manuali dei cospirazionisti dell’ 11 settembre vendono milioni di copie e la trasmissione di Milena Gabanelli ad essi dedicata fa il boom di ascolti. Attenzione, però, perché la Grande Cospirazione è intessuta di colossali sciocchezze. Dicono che le torri sono crollate per effetto di «esplosioni controllate». Ma centinaia di esperti consultati dal giornale americano (e menzionati da «Diario») sostengono che è impossibile, che a quella temperatura l’ acciaio si sbriciola, e che soprattutto, questo è il punto cruciale che persino noi profani possiamo afferrare, per ottenere l’ esplosione «sarebbero state necessarie almeno 75 tonnellate di esplosivo, che avrebbero dovuto essere trasportate con carrelli e piazzate intorno alle colonne di acciaio». Pensate: un traffico pazzesco di camion e carrelli, con decine di persone impegnate a sistemare l’ esplosivo, nel cuore di New York, senza farsi vedere da nessuno, contando sulla complicità di un numero incalcolabile di persone. Non è un’ ipotesi fantasticamente insensata? E poi. Dicono che nessun aereo si è schiantato sul Pentagono, bensì un missile telecomandato dai malvagi architetti del complotto. E perché lo dicono? Perché nessuno l’ ha visto in tv. Ma l’ hanno visto centinaia di testimoni oculari: tutti agenti della Cia. E i passeggeri morti dell’ American Airlines 77, i cui resti sono stati identificati con l’ esame del Dna insieme a quelli dei cinque dirottatori? Agenti della Cia, e pure i parenti che fintamente ne piangono la scomparsa, gli esperti che hanno condotto le analisi, i trasportatori che hanno collocato rapidamente sul luogo finti rottami ancora fumanti di una finta fusoliera, i finti morti dell’ United Airlines che si è schiantato in Pennsylvania, la sua finta scatola nera fintamente ritrovata, i parenti finti che hanno ricevuto le ultime finte telefonate disperate dei loro congiunti. Un immenso esercito di agenti della Cia. Non è straordinariamente sciocco credere alle suggestioni degli agguerriti complottisti? Migliaia di persone coinvolte e vincolate all’ omertà, oltre a decine di controllori di volo compiacenti, centinaia di familiari assoldati, stuoli di politici e giornalisti. Ora che comincia anche in Italia il tour del circo itinerante dei complottisti, ospiti i Giulietto Chiesa e i Franco Cardini, un grazie rinnovato a Deaglio che ci mette al riparo da una gigantesca mistificazione. Per dirla con il suo titolo: una boiata pazzesca.
Battista Pierluigi»[3].
Franco Cardini e Giulietto Chiesa, sentitisi chiamati in causa, replicarono il 7 ottobre con la lettera che segue, indirizzata al direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli e a Pierluigi Battista, Sergio Romano, Enrico Deaglio: «Caro Direttore,
chiedendo a Lei (o, se ciò è da Lei ritenuto più opportuno, al dott. Sergio Romano) di pubblicare questa nostra lettera ci appelliamo, prima che alla legge sulla stampa, al Suo rispetto per la verità. Nella rubrica “Opinioni” di qualche giorno fa, il dottor Pierluigi Battista indica i sottoscritti e altri loro omonimi, che noi non conosciamo (deduciamo ciò dal fatto che egli ci denomina “i Giulietto Chiesa e i Franco Cardini”: siamo dunque più di due) quali titolari di un “circo itinerante dei complottisti” che starebbe facendo “un tour” per propagandare una “Grande Cospirazione …intessuta di colossali sciocchezze” a proposito dei fatti dell’11.9.2001. Le sciocchezze che noialtri “maniaci del complotto” propaganderemmo sarebbero state smentite dal n.XI.37/38 del “Diario” diretto da Enrico Deaglio che ha portato in Italia il lavoro certosino di trenta giornalisti del Popular Mechanics i quali avrebbero smascherato il “cumulo di menzogne e di teoremi bislacchi al centro della grande fantasia complottista”. Pertanto, a quel che sembra, noi propaganderemmo “un sacco di bugie”.
Purtroppo per il Suo valente collaboratore, la realtà è ben diversa. Enrico Deaglio ha riciclato, con un anno e mezzo di ritardo, il numero del marzo 2005 della rivista Popular Mechanics in cui compariva un’inchiesta-dossier dal titolo Debunking 9.11 lies (“Smentiamo le menzogne dell’11 settembre”), redatto non da “trenta giornalisti”, bensì da uno solo, Benjamin Chertoff, dal giornale definito our senior researcher (“il nostro ricercatore più esperto”), il quale avrebbe – a suo dire – intervistato ben 300 testimoni. Preferiamo tradurre senior con “più esperto” (la lingua inglese usa tale aggettivo in questo senso), giacché non possiamo credere ch’egli sia “ il più vecchio”, come una traduzione letterale indurrebbe a far credere. Difatti, il signor Chertoff è un promettente venticinquenne. Ignoriamo quanto sia esperto, e in quali campi, ma una cosa la sappiamo: egli è nipote di Michael Chertoff, un signore che il Presidente Bush ha nominato a capo del Dipartimento “Homeland Security”. Un ministro, quindi: il quale ben conosce le questioni dell’11 settembre, in quanto era a quel tempo assistant attorney a New York (e in tale veste è stato anche sospettato di aver occultato alcune prove che sarebbero state utili all’inchiesta). La parentela è stata confermata dal giornalista Christopher Bollyn su American Free Press del 7 marzo 2005 (al quale il Chertoff aveva cercato di mentire, negando il fatto). Naturalmente, dopo che negli States la cosa è stata smascherata, il dossier di Popular Mechanics è rapidamente scomparso dalla circolazione: oggi più nessuno lo citerebbe senza coprirsi di ridicolo. Ma, come accade sovente, lo si è ripresentato sotto altra forma (il libro Debunking 9/11 myths a cura di David Dunbar e Brad Reagan, Hearst Books, nato già vecchio) e intanto, secondo una buona regola commerciale di stampo liberista, si è cercato di riciclarlo alla periferia dell’impero. Non fanno così le multinazionali, quando “regalano” ai bambini africani derrate e medicinali scaduti, deducibili dalle imposte? Ha quindi davvero ragione la copertina del periodico del Deaglio: “Una boiata pazzesca”.
Pertanto, tutto quello che, riassumendo il Deaglio che ricicla il Chertoff, il Battista afferma a proposito dei dubbi emersi su alcuni aspetti della ricostruzione ufficiale di quella tragica giornata, non solo è stato ampiamente contestato dal marzo dello scorso anno ad oggi, ma è destituito di plausibile fondamento. E’ purtroppo stato altresì accertato che i molti pretesi intervistati dal Chertoff si riducevano da intervistati a ripetitori delle tesi avallate e fatte proprie dall’amministrazione Bush, quando non addirittura a persone in un modo o nell’ altro legate agli organi governativi. Quanto noi affermiamo, e molto di ben più grave, è ampiamente documentato in molte ricerche uscite sia a stampa, sia on line. Ci limitiamo a citare almeno tre fra le pubblicazioni più serie e attendibili: Jürgen Elsässer, Comment le Jihad est arrivé en Europe, Vevey, Xenia, 2006 (l’edizione originale è in tedesco; quella francese si avvale di una Prefazione di J.-P. Chevènement); Webster Tarpley, 9/11. Synthetic terror made in USA, Joshua Tree, California, Progressive Press 2006, ben 492 pagine; Barrie Zwicker, Towers of deception. The media cover-up of 9/11, New Society Publishers (Canada), 2006, pp. 400 accompagnate dall’impressionante DVD The great conspiracy. Aspettiamo con ansia il prossimo elzeviro dell’amico Battista, quando si sarà letto queste oltre mille pagine.
Cordiali saluti»[4].
Questo scambio di cortesie mostra quanto siano straordinarie le analogie tra revisionismo storico e “complottismo” relativo alle vicende dell’11 settembre 2001, cominciando dalla denominazione spregiativa, “complottisti”, che richiama quella di “negazionisti”:
– l’asserzione, come scrive Diario, di un’«“altra verità” che si contrappone alla “storia ufficiale”»(p. 12);
– il Führerbefehl riguardo all’attentato: «Osama bin Laden in persona forniva ulteriori dettagli della sua ideazione, addestramento e realizzazione della strage dell’11 settembre»(p. 12);
– i documenti e le prove: «Recuperati dagli archivi di al Quaeda, si sono visti i testamenti dei dirottatori, il loro addestramento alla lotta in una cabina di aereo e i famosi coltellini»(p. 12);
– le prove materiali: «Rottami della fusoliera del Boeing American Airlines 77 trovati sulla scena dell’attentato al Pentagono»(p. 15);
– le perizie tecniche;
– «centinaia di testimoni oculari»;
– i resti dei cadaveri e delle vittime «identificati con l’ esame del Dna»;
– la confutazione radicale delle tesi “complottistiche”: «Due anni fa la rivista promosse un’inchiesta in profondità sull’11 settembre analizzando le teorie cospirazioniste. Mise al lavoro 30 giornalisti e intervistò 300 esperti e concluse, in un numero speciale del marzo 2005, che nessuna delle teorie resisteva alla prova dei fatti»(p. 13);
– il rimprovero classico ai “complottisti” di proferire «un sacco di bugie», «colossali sciocchezze», un «cumulo di menzogne».
In pratica, la “storia ufficiale” dell’11 settembre è, apparentemente, di gran lunga più documentata e inattaccabile della “storia ufficiale” delle “camere a gas” omicide.
In effetti, per le 23 o 28 “camere a gas” omicide dei quattro “campi di sterminio” totale di Chelmno, Belzec, Sobibor e Treblinka, in cui sarebbero stati assassinati da 1.740.000 a 1.908.000 Ebrei, non esiste alcuna prova documentaria o materiale, soltanto testimonianze, contraddittorie e insensate. Per quanto riguarda Auschwitz, per le 7 “camere a gas” omicide del crematorio I e dei cosiddetti “Bunker” di Birkenau (cui vengono attribuite oltre 200.000 vittime) non ci sono parimenti prove documentarie o materiali, mentre a sostegno della realtà delle 8 “camere a gas” omicide dei crematori II-V di Birkenau vengono addotti soltanto alcuni “indizi”, ma tutti concentrati nella fase della costruzione degli impianti, sicché essi riguardano eventualmente la progettazione e la costruzione di “camere a gas” omicide, non già il loro impiego[5].
È come se la “storia ufficiale” dell’11 settembre, a cominciare dal crollo delle torri gemelle e delle loro vittime, fosse basata esclusivamente su testimonianze e su qualche indizio, senza alcuna prova documentaria o materiale. Ma allora perché studiosi seri come Cardini “negano” questa “storia ufficiale”?
Perché, essendo dotati di intelligenza e di senso critico, non sono disposti a trangugiare “verità” preconfezionate, ma le analizzano tecnicamente mostrandone le incoerenze e l’infondatezza.
Esattamente ciò che fanno gli studiosi revisionisti nei confronti delle “verità” preconfezionate sulle “camere a gas”. I “complottisti” si richiamano a pubblicazioni serie e attendibili, che invitano a leggere, ma che nessuno leggerà, perché Deaglio dixit, perciò non vale la pena di esaminare «oltre mille pagine» di «colossali sciocchezze»; proprio come i revisionisti hanno le proprie pubblicazioni serie e attendibili, che nessuno legge, perché Pierre-Vidal Naquet, Valentina Pisanty et alii dixerunt.
Nello scritto sul caso Williamson summenzionato, Cardini espone un “eptalogo” il cui primo punto suona così: «la shoah è una realtà immensa, spaventosa e incontrovertibile, comprovata da documenti e testimonianze che possono senza dubbio venir riconsiderati e all’interno dei quali possono anche trovarsi errori e perfino falsificazioni, che tuttavia non sono praticamente suscettibili di attenuare in modo sensibile le enormi responsabilità di chi tali delitti concepì e attuò e di chi ne fu esecutore o complice».
Ma ciò può valere perfettamente anche per la “storia ufficiale” dell’11 settembre.
Si profila così una curiosa contraddizione di fondo: nell’ambito delle vicende dell’11 settembre i “complottisti” adottano una rigorosa metodologia revisionistica, ma nel quadro della Shoah la loro intelligenza e il loro senso critico si offuscano irrimediabilmente, sembrano colpiti da cecità e paralizzati, tanto che sono più che propensi a trangugiare senza battere ciglio tutte le relative “verità” preconfezionate.
Viltà? Timore di infrangere dei tabù inviolabili? Oppure, più semplicemente, ignoranza della metodologia e delle argomentazioni revisionistiche?
Una scelta metodologica appare comunque inevitabile: non si può essere ipercritici in un campo di indagine, completamente acritici in un altro.

Carlo Mattogno

 
Fonte: http://andreacarancini.blogspot.com/
Link: http://andreacarancini.blogspot.com/2009/02/carlo-mattogno-sulle-analogie-tra.html
26.02.2009
[1] A proposito del caso Williamson e del “revisionismo-negazionismo”, in: http://21e33.blogspot.com/2009/02/franco-cardini-sul-caso-williamson.html.
[2] Davvero Gesù era “ebreo”? Lettera aperta a Franco Cardini, in: http://andreacarancini.blogspot.com/search?updated-max=2009-02-17T04%3A16%3A00-08%3A00&max-results=7
[3] Corriere della Sera, 2 ottobre 2006, p. 28, consultabile in: http://archiviostorico.corriere.it/2006/ottobre/02/Twin_Towers_rivincita_degli_ingenui_co_9_061002064.shtml.
[4] http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=printpage&artid=2689
[5] Vedi al riguardo il mio articolo La “Repubblica” della disinformazione, in:http://civiumlibertas.blogspot.com/2009/02/carlo-mattogno-la-repubblica-della.html