L’avvicinarsi delle tornate elettorali ripropone il tema della credibilità del regime!

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Da una parte Antonio Di Pietro e aggregati attaccano il caimano Berlusconi accusandolo degli affari torbidi del suo passato imprenditoriale e politico, nonché di usare governo e parlamento per farsi leggi di comodo con cui sottrarsi alla giustizia.
Dall’altra parte, la stampa amica del premier contrattacca scoprendo altarini affaristici di casa Di Pietro e del suo Partito dei Valori “Immobiliari”.
Le mutue accuse sono, in sostanza, di usare il partito e la politica per fare soldi illegalmente. Di esser proprietari di partiti-azienda che non rappresentano i cittadini e i loro interessi, bensì interessi di famiglia dei rispettivi proprietari.
Ma oggi, ormai, si è capito che tutti i partiti sono aziende, che mirano al guadagno, e che sono di proprietà dei loro capi.
Il sindacato dei parlamentari, intanto, ha aumentato per l’ennesima volta lo scandaloso appannaggio dei “rappresentati del popolo“, mentre il paese onesto è in piena recessione, mettendo così definitivamente in chiaro che il parlamento rappresenta interessi ben diversi da quello della nazione. Il vero conflitto di interessi è tra il parlamento e il popolo, si potrebbe dire.

E’ fondamentale capire come, negli ultimi vent’anni circa, la politica ha subito un enorme aumento dei costi che i partiti devono sostenere per la raccolta del consenso, e che ciò comporta un drastico e inevitabile peggioramento del governo e dell’amministrazione del paese, a tutti i livelli.

Nelle organizzazioni stabili basate su una fede (politica o religiosa che sia) il vertice (i proprietari dell’organizzazione) ottiene consensi, appoggi, denaro, voti, lavoro, etc. dalla base in cambio di stimoli e gratificazioni ideali, carismatici. Ossia, ottiene utilità di valore pratico ed economico ‘pagandole’ con qualcosa che il vertice stesso produce a costo zero o pressoché zero. Il vertice ha bisogno di pagare con valori economici solo un limitato numero di sostenitori e collaboratori di livello superiore: professionisti, politici, intellettuali, imprenditori, professionisti – che sono consapevoli della dimensione aziendale e non sono interessati a pagamenti ‘ideali’ o emotivi. Il grosso, la base, collabora gratis, per fede e passione.

La forza, l’efficienza e il profitto delle organizzazioni basate sulla fede sta proprio nel fatto che riescono a procurarsi la gran parte dei mezzi (compresi i voti, quindi le cariche elettorali) di cui abbisognano a costo pressoché nullo, sicché per prendersi un valore netto di 100 dal paese pagano un costo basso (diciamo 15) per l’acquisto del consenso e della collaborazione necessari a tale operazione. Poiché tale costo viene pagato con denari pubblici costo sociale di un partito così è 115.
Se invece, a seguito della perdita dell’elettorato idealista, fedele, quel partito deve pagare il consenso e la collaborazione di cui ha bisogno per prendersi 100 non più 15, ma 100 o 200, allora il costo sociale del partito in questione sarà molto maggiore, quindi il danno della casta politica verso il paese, in termini di costi e, ancor più, di mala gestione, sarà molto superiore. Aggiungiamo che il PCI-PDS-PD ha perso il cospicuo flusso di sovvenzioni che gli veniva regolarmente da Mosca.

Del risparmio legato all’idealismo della base elettorale beneficiavano i partiti ideologici di potere: il PCI-PDS e, in minor misura, la DC. Il sistema-paese da loro strutturato e governato era basato su tre livelli di consenso e voto:

a) un largo consenso e appoggio di base gratuito, ideologico, morale: i fedeli;

b) un’ampia platea di consensi ottenuti elargendo privilegi miseri (pensioni di falsa invalidità, pensioni baby, posti di lavoro inutili, equo canone, scala mobile, etc.) a spese delle generazioni a venire (indebitamento pubblico, inefficienza sistemica);

c) una ristretta cerchia di beneficiari di privilegi veri (come il sistema di tangentopoli, più bancopoli, che deve ancora uscire), in grado di sostenere o affondare le maggioranze a livello locale o nazionale.

Oggi la componente popolare di base a) è svanita perché la gente ha iniziato ad aprire gli occhi; la componente b) si sta dissolvendo perché non ci sono più i soldi per pagare i privilegi miseri; la componente c) si è concentrata in potentati finanziari sovrannazionali che, dall’alto di istituzioni non elettive (BCE, WTO, FMI), dettano ai politici direttive per riforme sempre più impopolari se non antisociali a sostegno dei loro interessi e disegni geostrategici.

In questa situazione, procurarsi consenso e sostegno dal basso è sempre più difficile e costoso, sia per i singoli partiti politici che per il potere politico nel suo insieme. La gente, per collaborare, oggi vuole qualcosa in cambio. Qualcosa di economico, non di carismatico. Per darlo, i politici devono togliere alla cosa pubblica per distribuirlo in funzione di fidelizzazione clientelare. E quel togliere (rubare, direbbero alcuni) si traduce in una sempre peggiore amministrazione della cosa pubblica. Sempre più orientata alla spremitura di breve termine a misura che le prospettive del Paese peggiorano e che il suo declino accelera. Mordi e fuggi.

Questo orientamento è semplicemente il più conveniente, il più razionale, per l’uomo politico nella presente situazione di progressivo degrado del sistema paese, dovuta a fattori strutturali e non contingenti. In tale situazione, per il politico, sarebbe illogico impegnarsi in strategie virtuose, di medio o lungo termine, volte all’investimento e al miglioramento del sistema. Deve invece puntare all’incasso rapido. Ecco che la politica italiana si riduce a, anzi si disvela come una galassia di cordate, grappolate e comitati di affari rivolti a far profitto con ogni mezzo, a spese della collettività e del sistema – vedi, appunto, Alitalia e Malpensa.

Questa chiave ci permette così di capire e prevedere sia l’inevitabilità dell’evidente peggioramento della gestione del paese a tutti i livelli, che le vicende dei partiti politici maggiori.

vauro2004_07_14

Un grande partito popolare ideologico non può più vivere. La Democrazia Cristiana, al contrario di Cristo, non riesce a risorgere dalla morte.
Il PCI-PDS-DS-PD ha avuto un bel trasformarsi, ma si è consumato, spezzato, e ora, nonostante le molte alchimie, muore ingloriosamente. Prima ha perso il suo modello teorico, ossia il comunismo, che i fatti hanno screditato. Allora i suoi dirigenti, penosamente inadeguati, hanno pensato di sostituire quel modello col modello global-liberista, che è fallito in pochi anni. Nell’URSS, dove un partito unico e ideologico è fallito, la nomenklatura di quel partito non si è dissolta assieme alla teoria politica del partito stesso: si è trasformata in uno stato-mafia in mano a gerarchi ex comunisti organizzati in comitati di affari che continuano ad esercitare il potere per il profitto abusando dei pubblici poteri e senza più mascherature ideologiche.

Analogamente, in Italia, caduta la sovrastruttura ideologica e morale del PCI-PDS-DS-PD, rimane la sua infrastruttura aziendale, ossia i comitati d’affari, che, indipendenti dal vertice del partito, controllano la spesa pubblica e i poteri di molti enti locali (appalti, assunzioni, carriere, sussidi, etc.) in funzione del profitto e del potere. Un’infrastruttura che però è sempre stata lì, è sempre stata la sua realtà “infra” – ossia sotto le vesti ideologiche. Solo che adesso affiora, è venuta alla luce del giorno. E che ora, non ricevendo più vantaggi dal partito centrale, si autogoverna e gli disobbedisce.
Anche la Chiesa cattolica romana pare ben inoltrata su questa linea involutiva: a misura che declina la sua presa religiosa, il numero dei praticanti e dei seminaristi, il suo prestigio culturale, da un lato deve importare preti dai paesi della fame, e dall’altra, attraverso le ormai consunte vesti sacrali, traspare la sottostante, possente struttura immobiliare e finanziaria.

Ma, tolti i partiti-briciola, quale partito politico non è azienda? Quale non è proprietà della sua segreteria? Quale è democratico e rappresentativo della base? Quale può essere e funzionare diversamente?

Un partito come il PDL è in grado di pagare il consenso di base con la moderazione fiscale a cui il suo elettorato è assai sensibile – ma in tempi di recessione e depressione economiche non riuscirà (salvo riformare la contabilità bancaria per portare alla luce e tassare il signoraggio occulto) a mantenere l’impegno di non attaccare redditi e risparmi: già si è parlato di una possibile tassa patrimoniale nonché di con uscita dall’Euro, che svaluterebbe i risparmi in Euro del 30-40%.

La Lega è messa molto meglio del PDL, perché combina in sinergia le motivazioni ideali, identitarie e utilitarie: tutela della civiltà occidentale contro l’Islam, delle virtù e dei redditi settentrionali contro i difetti e il parassitismo di Roma e del Sud. Tiene inoltre viva l’opzione o la promessa secessionista. In tal modo, la Lega può disporre gratis di militanti, collaboratori e consenso.

Antonio di Pietro, aiutato dalla ‘giustizialità’ della sua figura di PM, è messo forse ancora meglio: anche se le ideologie politiche non fanno più presa, non producono quasi più consensi gratuiti, vi sono surrogati di esse, ossia altre chiavi emotigene, che possono produrli anche oggi, sempre gratis, come ai bei tempi:

-l’invidia, soprattutto verso chi ha avuto successo: un sentimento molto diffuso e radicato nella società italiana, e molto coltivato e sfruttato, nella sua storia, dal PCI;

-il gusto scandalistico, la bramosia di screditare, infangare, smascherare, proiettare sugli altri i propri vizi (cultura del sospetto);

-la vendicatività, il bisogno di semplificare e personalizzare in capri espiatori definiti mali che in realtà sono complessi, impersonali e sistemici;

-un desiderio di ‘giustizia’, in parte rettamente intesa, ma perlopiù ambita come giustizia-spettacolo, giustizia-gogna mediatica, intrisa di rivalsa.

Ovvio quindi che l’Italia dei Valori assorba consensi dal morente PD. E, se i suoi potenziali elettori non lo vedranno come un partito d’affari quali sono gli altri, lo assorbirà sempre di più, a misura che, con l’arrivo della recessione, monteranno la frustrazione popolare e la brama di vendetta e di capri espiatori.

Mantova, 18.02.09
Marco Della Luna

[Articolo originale: http://marcodellaluna.info/sito/?p=83]