Il Corriere.it, giusto ieri, titolava: “Unicredit, niente bonus ai manager. Profumo: Il 2009 sarà un anno duro”. I colleghi di Repubblica.it: “Unicredit, 4 miliardi di utili nel 2008. Profumo: bene ma 2009 sarà duro”. Mentre per il Financial Times on line, più banalmente, il succo era un altro: “Unicredit in cerca di 4 miliardi di aiuti” di stato.
Questione di punti di vista.
Punti di vista – evidentemente – diversi. Che hanno spinto questi giornali on line a usare anche spazi diversi. Ieri sera, attorno all’ora di cena, le home page di Repubblica e Corriere si presentavano così:
E trovare la righina di titolo (che noi abbiamo cerchiato in nero) dedicata ad Unicredit era un po’ un’impresa. Mentre il Financial Times on line, invece, abbondava cosà:
Ma questi son dettagli. Anzi: solo tagli (editoriali, s’intende). E il punto è un altro. Dopo il Banco popolare, anche Unicredit – che ieri ha presentato il suo bilancio 2008 alla stampa – è intenzionato a chiedere aiuto alle sgangherate casse dello stato italiano per una cifra tra 1 e 1,5 miliardi (di Tremonti bond). E – a quanto pare – pure a quelle dello stato austriaco: altri 2-2,5 miliardi. Totale, appunto: circa 4 miliardi di euro di aiuti. Alla faccia della solidità delle banche nostrane. E per la gioia dei soliti contribuenti (italiani e austriaci) poverazzi.
Ma andiamo per ordine. E cominciamo dalle buone notizie. Scriveva, ieri pomeriggio, Repubblica.it:
Unicredit ha chiuso l’esercizio 2008 con un utile netto di 4,01 miliardi di euro, come previsto dal gruppo e al di sopra delle attese degli analisti finanziari, ferme a 3,77 miliardi. Subito dopo l’annuncio il titolo ha preso il volo in avvio di seduta in Piazza Affari segnando un rialzo iniziale del 7,8 per cento, a 1,04 euro. Ha poi chiuso a + 19,05″.
A proposito di azioni. Forse Repubblica avrebbe anche potuto ricordare che , nell’ultimo anno, le azioni Unicredit sono andate così:
(Via it.advfn.com )
Ma anche questi – va da sè – son dettagli. Inezie. Ma esaurite le buone, passiamo alle cattive notizie. Scriveva sempre ieri, il Corriere.it:
Il Cda del gruppo – riunito martedì – ha annunciato che negozierà aiuti di Stato per 4 miliardi di euro dal ministero dell’Economia italiano, attraverso i “Tremonti bond”, da quello austriaco (al massimo 2,7 miliardi) dove il governo ha messo a disposizione un pacchetto di sostegno al sistema creditizio, e da investitori terzi. A Vienna il gruppo di piazza Cordusio è presente con Bank Austria, cui fanno capo le partecipazioni nella banche dell’Est.
Ora tralasciamo – come tralasciano Corriere e Repubblica on line – di ricordare che Bank Austria era proprietaria del 25% di Bank Medici, vittima della truffa Madoff (e tornata di recente agli onori delle cronache). E concentriamoci su un’altra questione. Profitti non fa rima con richiesta di aiuti di stato. Il che – per noi bamboccioni che sappiamo giusto fare i conti della lavandaia e siamo digiuni delle alchimie dell’Alta finanza – solleva un bel punto interrogativo. Ovvero: perchè
- una banca che fa 4 miliardi di euro di profitti
- dopo aver annunciato che non distribuirà dividendo in danaro agli azionisti (con un risparmio di circa 3,5 miliardi di euro)
- dopo aver deciso un aumento di capitale (cioè aver chiesto altri soldi al mercato) per altri 3 miliardi di euro
chiede (in prestito) 4 miliardi di aiuti di stato?
Per fortuna, sempre ieri, l’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo ha dato una spiegazione cristallina: “Siamo pienamente convinti di poter attraversare il ciclo economico con il nostro capitale ma abbiamo dovuto considerare anche l’arena competitiva, caratterizzata da banche europee che usano gli stessi strumenti – ha detto l’ad -. Il mercato si aspettava un cuscinetto di liquidità, per questo abbiamo deciso di fare richiesta per gli aiuti di Stato”. Ambeh. Per fortuna – per chi non avesse capito bene – il Financial Times on line ha ricordato che:
UniCredit’s stock price has slumped in recent months because of a perception that its capital base was weak and its heavy exposure to the struggling economies of central and eastern Europe.
Il prezzo delle azioni di Unicredit sono crollate negli scorsi mesi perchè il suo patrimonio di base era percepito debole e a causa della pesante esposizione verso le economie dell’europa centrale e dell’Est che sono in difficoltà.
In difficoltà, per modo di dire. Visto che alcuni paesi dell’Est sono considerati a rischio crac. Ma comunque sia: speriamo che la spiegazione sia tutta lì. Che le alchimie finanziarie incoomprensibili per i poveri bamboccioni non nascondano sorprese. E non ci sia polvere sotto il tappetto. Perchè, se no, i soliti contribuenti poverazzi saranno – più presto che tardi chiamati – a rimettere mani al portafoglio.
Ma – dubbi e punti interrogativi a parte – una cosa è certa. I soldi – quando sono quelli dei soliti contribuenti poverazzi e vengono prestati a destra (alle banche) o a sinistra (alle aziende) – non fanno mai notizia. Non in Italia, almeno.