Noi l’avevamo già detto qui. Ma ora anche la stampa titolata pare risvegliarsi. E accendere di nuovo i riflettori sul problemuccio che ci si para davanti. Quell’oggetto volante non identificato chiamato debito pubblico italiano rischia – seriamente – di esploderci in faccia come un petardo. Mentre ogni asta di titoli di stato – e non solo nel Belpaese – assomiglia sempre di più a una partita al cardiopalma.
Per la cronaca. A sollevare il problema – con un editoriale; sull’inserto “Affari e Finanza” di Repubblica – è stato Massimo Giannini. Che di “Repubblica”, appunto, è vicedirettore. E che oggi ha ricordato un fattarello passato quasi inosservato in Italia e accaduto a Londra non più tardi di mercoledì scorso: lo stato inglese, infatti, “per la prima volta da anni – scrive il vicedirettore di Repubblica – ha avuto grosse difficoltà a collocare 1 miliardo e 750 milioni di “gilt” (cioè titoli di Stato, ndA) quarantennali”. Non solo. Ma sempre mercoledì: “Il Tesoro americano ha emesso obbligazioni quinquennali a un tasso di interesse (…) molto superiore alle attese, a conferma di una prevedibile insufficienza di richiesta del mercato”, ha ricordato Giannini.
Nulla di nuovo sotto il sole. E’ la crisi finanziaria – la più grande dalla Grande depressione (Fondo monetario internazionale dixit) – che avanza. Gli Stati – un po’ tutti: dagli Usa alla Cina – si stanno indebitando per spingere l’economia. E emettendo titoli di stato a nastro. Risultato – e come aveva previsto il nostro ministro delle Finanze, Giulio Tremonti (ben inteso: prima della conversione a “U” in direzione ottimismo berlusconiano) – : il mercato dei debiti pubblici è sempre più affollato. Ma di debiti da piazzare. E non di compratori.
Sia come sia. Doppia conclusione del vicedirettore di “Repubblica”. Primo: “Non c’è bisogno di essere “corvi”, per capire che se fenomeni di questo tipo si ripetessero, il rischio di default a catena, per non pochi stati, sarebbe dietro l’angolo”. E secondo: certo, “l’Italia, per ora, resiste bene”, ma solo oggi (venerdì 30 marzo 2009) il Belpaese metterà sul mercato altri dieci miliardi di titoli di stato. Quindi e visto l’andazzo: “Come reagirà il mercato? – si è chiesto Giannini – La speranza è che gli operatori assorbano tutto senza problemi. Ma ogni asta (non solo in Italia, su tutte le piazze) rischia ormai di trasformarsi in un terno al Lotto”.
Un’analisi ineccepibile. Ma da far saltar sulla sedia. E che – ci perdonino i lettori per la nostra ossessione sugli spazi, ma le notizie sono come i carciofi: se le vuoi vendere, le devi mettere in vetrina – avrebbe meritato la prima pagina; non una colonnina su un inserto che leggeranno in tre(mila). Comunque: Il fatto che il tema del debito in generale e quello del nostro debituccio in particolare – che a gennaio 2009 ha raggiunto la cifra record di 1.670 miliardi di euro (pari, in vecchie lire, all’ormai impronunciabile cifra di 3.233.570.900.000.000) – sia tornato alla ribalta è già un passo avanti.
Ma: a quando l’ingresso della questioncella nel fumoso dibattito politico, magari al posto delle inaugurazioni di nuovi partiti nati vecchi (con tanto di paillettes e di ministre pon pon)? E soprattutto: a quando uno straccio di ipotesi di soluzione (sempre che ce ne sia una)? Non per altro. E’ che magari ce la sfanghiamo anche ’sta volta. Ma vivere su un Titanic eternamente alla deriva – o se preferite come se avessimo una bomba (il debito) innescata sotto il sedere – non è il massimo. Nè tantomeno una garanzia per il futuro. Sempre che un futuro, per questo ex Belpaese, ci sia per davvero.