di Alessandro Cardulli – da Dazebao.org

Minzolini

L’occupazione militare della Rai è iniziata e, a dire il vero, non ha incontrato molte resistenze nei piani alti di Viale Mazzini. I consiglieri di amministrazione di nomina berlusconiana hanno obbedito, come tutti i soldatini che si rispettino, agli ordini del capo.
I tre consiglieri dell’opposizione hanno lasciato la riunione rifiutando di discutere e votare le proposte fatte in tutt’altra sede. I nomi, infatti, erano stati scritti a palazzo Grazioli, l’abitazione del presidente del Consiglio, e non si poteva transigere. Certo il disegno complessivo delineato dal capo di Mediaset, la concorrente diretta della Rai, andava oltre la nomina dei direttori del Tg1, di Raiuno e dei quattro vicedirettori generali.
Si dice che il buon Gianni Letta abbia fatto presente al presidente che c’era tutto il tempo per occupare le altre postazioni e che qualche giorno in più avrebbe consentito di limare gli ultimi particolari andando avanti nell’occupazione delle poltrone come un sol uomo. Il presidente di fresca nomina, Paolo Garimberti, una carriera giornalistica di grande spessore, più che onorata, si prende il merito di non aver fatto passare una vera e propria infornata di nomi, provenienti molti dall’esterno (Mediaset), come per esempio il vicedirettore  del Tg5, Piero Vigorelli, indicato per dirigere i tg regionali. E’ una autodifesa poco credibile.
Tutto si sta giocando all’interno del rapporto Pdl, ex Forza Italia, ex An, più la Lega. La Rai è “cosa loro”, per dirla in puro gergo mafioso. In fase elettorale non si poteva andare troppo più in là. Già l’aver occupato importanti poltrone, a partire da quella del telegiornale più seguito, ha rappresentato un vulnus nella campagna elettorale. Lo stesso Garimberti si rende conto della gravità della decisione presa dal direttore generale, con il suo consenso, come si vedrà al momento del voto in Consiglio di amministrazione e afferma, senza rendersi conto di sfiorare il ridicolo, che Augusto Minzolini  diventerà operativo fra tre settimane, dopo le elezioni europee. La realtà è che il neo presidente ha calato le brache e, Viale Mazzini, come nota ironicamente Beppe Giulietti, portavoce di articolo 21,  si chiamerà Viale Grazioli. Non è un caso che  Sergio Zavoli, presidente della Commissione di Vigilanza, parli di “pluralismo a rischio” per far presente che “le scelte che vengono fatte non rappresentano né la ricchezza dell’azienda né quella del Paese”. L’unico merito di Minzolini, che non ha alcuna conoscenza dei meccanismi televisivi, è quello dell’elogio continuo di Berlusconi. Basta leggere gli articoli scritti su La Stampa per farsi prendere da ondate di disgusto. I suoi retroscena sono una carezza nei confronti del capo.
Mauro Mazza non ha certo riportato risultati esaltanti con la direzione del Tg2. Anzi. Chissà cosa può combinare a Raiuno, già abbondantemente disastrata. A completare il quadro, arrivano ben quattro vice direttori, in modo da accontentare tutti gli appetiti delle varie bande che compongono l’alleanza Pdl-Lega. Crediamo che nessun serio imprenditore smembrerebbe in modo così drastico  il ponte di comando. Ma questi figuri che si apprestano a devastare la Rai a favore della concorrente Mediaset di proprietà di Berlusconi,  ignorano perfino le regole più banali della conduzione aziendale degna di questo nome, che per di più  è servizio pubblico, che produce informazione, spettacolo, cultura. Alcuni dei neo vice di Mauro Masi sono persone per tutte le stagioni, responsabili dello stato in cui si trova la Rai, che certo non brilla per la programmazione messa in campo. Tutt’altro. Garimberti ha votato a favore di questa operazione sconcia insieme ai consiglieri berlusconiani. I tre dell’opposizione, come abbiamo detto, se ne sono andati per non partecipare a un tale scempio. Forse sarebbe il caso che si dimettessero, scindendo le proprie responsabilità da chi sta portando colpi pesanti alla libertà e al pluralismo che sono il sale della comunicazione, nei suoi vari aspetti, dall’informazione, allo spettacolo, alla cultura.