di
Marco Saba
Per questo capitolo – e per quello su come emettere una moneta privata senza uscire da Maastricht – mi sono rifatto in gran parte al lavoro di un insider, Julian D.A. Wiseman [1], pubblicato nel 2000, e l’ho adattato qui alla situazione italiana corrente. Non lasciatevi impressionare dalla terminologia, la questione importante e cruciale, da non perdere di vista, è: si può fare, sia sotto l’aspetto legale che tecnico, basta volerlo.
Un paese della zona euro può creare, senza entrare in violazione del Trattato di Maastricht, una nuova banca centrale per controllare la politica monetaria di una sua nuova moneta. Questa interessante possibilità non è abbastanza conosciuta, almeno apparentemente, nemmeno ad alto livello. In un suo precedente studio, il Wiseman aveva concluso che, se uno dei paesi europei, o anche tutti, abbandonasseroassero l’euro, i titoli ed i debiti denominati in euro rimarrebbero comunque in euro e non sarebbe possibile ritornare alle vecchie monete nazionali. Qui si analizza in dettaglio come un paese europeo, l’Italia, possa introdurre una nuova moneta nazionale. Questo allo scopo, ad esempio, di attuare una politica monetaria adatta ad affrontare e lenire la gravissima crisi economica in atto. In questo saggio, si suppone che l’Italia ne abbia avuto abbastanza degli illusionisti di Francoforte e che, per motivi politici ed economici, decida di introdurre una nuova valuta sotto il controllo delle autorità italiane. Una delle opzioni, per l’Italia, potrebbe essere la strategia chiamata “Germania 1948″. A tutti i cittadini italiani (o a quelli che soddisfano alcune condizioni in merito a residenza e cittadinanza) vengono distribuite tremila Nuove Lire Italiane (NLI). Si promulga una legge che:
– rende legali le NLI come valuta sul suolo italico; (una valuta che sia legale unicamente all’interno dei confini dello stato ed, eventualmente, a corso libero all’estero)
– richiede che tutte le tasse siano pagate con la nuova valuta;
– si assicura che tutti gli statali vengano pagati con stipendi in NLI;
– crea delle istituzioni (come una banca centrale di stato) per gestire la politica monetaria.
Ci possono essere varianti sul tema. La variante “1990″ potrebbe permettere che una certa quantità di euro sia convertita in NLI, magari con un certo limite per ogni persona fisica. Però questa variante particolare potrebbe soffrire delle “perdite”. Gli italiani detentori di euro potrebbero usarli per acquistare beni da altri italiani o per prestarglieli, e questi a loro volta potrebbero cambiarli in NLI. In pratica, tutti gli italiani cambierebbero tutti gli euro possibili nella nuova valuta, rendendo minime le differenze pratiche tra la tecnica “1948″ e quella “1990″.
Prima di analizzare perché lo stato italiano potrebbe essere riluttante a tentare questa possibilità, occorre fare delle osservazioni. Cosa determinerebbe il valore delle Nuove Lire? Una delle variabili più importanti è la quantità della nuova emissione. Se se ne emettono dieci volte tanto, allora – rimanendo identiche le altre variabili – ogni unità avrebbe un decimo del valore relativo. Tra i parametri orientativi che dobbiamo tenere d’occhio, dal punto di vista demografico, troviamo: la quantità dichiarata d’euro emessi per persona, all’interno della eurozona, e la quantità di debito pubblico procapite. Anche il regime di tassazione ha una sua influenza. Qualche autore, specialmente Warren B Mosler nel suo articolo Soft Currency Economics, sostiene che lo scopo primario della tassazione è di dare uno scopo e quindi un valore, alla moneta. Senza andare troppo lontano, è chiaro che se lo stato italiano impone una tassa sulle sigarette di 10 milioni di Nuove Lire, allora la Nuova Lira deve avere un valore inferiore rispetto al caso in cui la tassa fosse solamente di 10 Nuove Lire. Detto questo, c’è un problema con le due strategie “1948″ e “1990″- Il problema consiste nella manifesta lesione dell’articolo 106 (ex articolo 105a) del Trattato che stabilisce l’Unione Europea (il Trattato di Maastricht) [2]:
1. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità. La BCE e le Banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità. [3] [4]
2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche con l’approvazione delle BCE per quanto riguarda il volume del conio. Il Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 189 C e previa consultazione della BCE, può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche destinate alla circolazione, nella misura necessaria per agevolare la loro circolazione nella Comunità.
Così l’Italia non può legalmente emettere banconote a corso legale nella Comunità eccetto che con il permesso della Banca Centrale Europea, un permesso abbastanza improbabile. L’Italia potrebbe uscire dal trattato ma in pratica vorrebbe dire uscire dall’Unione Europea. Questo sarebbe un impegno troppo gravoso per qualsiasi politico italiano.
Quello che non si sa è che l’Italia potrebbe introdurre una valuta completamente nuova, in una maniera completamente regolare, senza ledere il Trattato di Maastricht. E’ evidente che non appena l’Italia inizia i primi passi per dare alla luce la Nuova Lira, la sua posizione di negoziazione all’interno dell’Unione ne verrebbe parecchio rafforzata. Gli altri membri dell’eurozona, consci del fatto che un’uscita dell’Italia potrebbe distruggere il valore dell’euro, sarebbero disposti a fare pesanti concessioni pur di tenere dentro l’Italia. Questo destreggiamento all’interno della teoria dei giochi aumenta la possibilità che un politico italiano, magari con una forte personalità come un giovane premier, voglia tentare la partita.
Come potrebbe funzionare?
– il veicolo-chiave potrebbe essere una banca posseduta dallo stato, magari creata apposta (oppure, ad esempio, la Cassa Depositi e Prestiti -Cassa DDPP – dopo averla nazionalizzata al 100%). Il nome della nuova banca potrebbe essere Banca Centrale Italiana (BCI), anche se per l’occasione si potrebbe voler usare una denominazione più ambigua, del tipo: Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BRS).
– la BCI potrebbe essere una ordinaria banca commerciale (come lo fu la Banca d’Inghilterra tra il 1694 ed il 1946). Comunque sarebbe lo stato a garantire tutti gli impegni della BCI
– la BCI potrebbe emettere degli strumenti finanziari rimborsabili e perpetui a zero-coupon (zero-coupon perpetual puttable security). Come vedremo, questi strumenti avrebbero lo stesso aspetto e funzionalità della moneta, ma per evitare il conflitto con il Trattato di Maastricht, non sarebbero “a corso legale”. Per enfatizzare il fatto che non sono “moneta” agli occhi del Trattato, ci riferiremo a questi come a degli “strumenti finanziari” (security). Una specie di Tremonti-bond ma che non generano né costano interessi proprio perché sono zero-coupon;
– questi strumenti finanziari (SF) dovranno avere un determinato valore. Il loro valore deriva dal fatto che sono rimborsabili (”puttable”). In ogni momento entro tre anni dalla prima emissione da parte della BCI, il portatore potrà rivendere gli strumenti alla BCI per una certa somma predeterminata di valuta estera. Questo ammontare prefissato potrebbe essere rimborsato, ad esempio, in Renminbi o dollari USA a scelta del portatore. La BCI potrebbe anche decidere che, passati tre anni dall’emissione, lo strumento finanziario sarebbe redimibile al valore di mercato.
– gli strumenti finanziari (SF) non hanno scadenza (ecco perché “perpetui”) e non comportano il pagamento di interessi (quindi sono “zero-coupon”) garantendo una compatibilità etica con i mercati quali quello della finanza islamica (una compatibilità molto utile, se vuoi comprare petrolio);
– gli SF saranno disponibili in due tipologie: la prima è quella al portatore, stampata su carta di alta qualità, in denominazioni da 1, 5, 10, 20 e 50. Ogni denominazione potrebbe avere il ritratto di un importante personaggio italiano, ognuna avrebbe dei requisiti di sicurezza ed ognuno di questi tagli al portatore avrebbe un numero di serie progressivo. In altre parole, camminerebbero e parlerebbero come banconote anche se legalmente sarebbero degli strumenti finanziari al portatore; la seconda è quella elettronica, tenuta come conto presso la BCI. La BCI potrebbe decidere di pagare interessi sugli SF depositati (l’interesse stesso potrebbe essere riconosciuto in NLI, quindi in SF aggiuntivi) oppure di farsi pagare le spese di deposito o le spese per gli scoperti di conto (overdraft). Gli scoperti di conto o linee di credito sarebbero possibili dietro la presentazione di garanzie collaterali accettabili, come ad esempio titoli di stato emessi da altri paesi. La politica degli interessi o delle spese rappresenta – anche se non verrà chiamata così – la politica monetaria.
In questo modo non si violerebbe il Trattato di Maastricht: il governatore della Banca d”Italia (un’entità completamente diversa dalla Banca Centrale Italiana) continuerebbe a partecipare ed a votare negli incontri della BCE ed il posto dell’Italia nelle varie istituzioni della UE rimarrebbe invariato, senza essere disturbato dalle operazioni commerciali della BCI di recente formazione. L’Italia potrà e vorrà continuare a mantenere una sua immagine di innocenza.
Alan James, membro del CSFB, suggerisce di far partire l’iniziativa in maniera un po’ più discreta utilizzando una agenzia governativa già esistente, come potrebbe essere il caso della Cassa DDPP, piuttosto che usare una denominazione provocatoria come BANCA CENTRALE ITALIANA. In qualunque modo venga chiamata, sarebbe di fatto una nuova banca centrale che emette una sua valuta ed ha il controllo della politica economica nazionale. Ma poiché la sua valuta non sarà “a corso legale”, la gente non sarà obbligata ad utilizzarla (potrà sempre usare euro, se lo preferisce). La useranno, allora, su base volontaria?
La gente può essere invogliata ad utilizzare la Nuova Lira Italiana: la BCI può aprire filiali in ogni maggiore città italiana e dare 3.000 NLI ad ogni cittadino italiano che le accetta (con un valore iniziale convenzionale di 1 a 1 con l’euro, fissato per il primo triennio o fino a che la svalutazione dell’euro non tocca il 20%, cosa possibile anche nel giro di pochi mesi, vista la politica attualmente adottata dalla BCE). Il governo può rendere le tasse pagabili in NLI, oltrechè in euro, fornendo un ulteriore incentivo. Le leggi fiscali verrebbero probabilmente combattute nella Corte Europea di Giustizia, sul terreno del fatto che sono in conflitto col mercato unico europeo. Ma questo non è un problema, la causa ci metterebbe almeno due anni ad andare avanti, un tempo sufficiente col quale le NLI sarebbero ormai un dato di fatto. Per quanto riguarda la magistratura italiana non ci saranno problemi, visto che esiste un difetto assoluto di giurisdizione: “al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria” [5].
In ogni caso, l’appetibilità delle NLI dipenderà dalla facilità di approvvigionamento da parte del pubblico e dalla stabilità nei confronti dei prezzi.
E’ presumibile che il governo italiano voglia introdurre questa nuova valuta visto che l’euro continua a svalutarsi velocemente (ormai ha un valore del 40% rispetto alla prima emissione). La gente non vorrà mantenere portafogli in euro per mantenere il proprio potere d’acquisto. Nel passato, l’oro, le conchiglie e le sigarette americane (nei campi di concentramento prima e dopo la seconda guerra mondiale) sono state usate come valuta senza essere a corso legale. Se diventa evidente che l’euro non è più accettabile, ad esempio anche per via della correlazione con un debito inestinguibile, un’alternativa (qualsiasi alternativa) tenderebbe a diventare il nuovo standard. Se l’Italia annuncerà la creazione della BCI, il valore dell’euro sui mercati valutari crollerà. Questo renderà automatico il successo della BCI: se lo si fa, funziona. Potremmo immaginare una situazione in cui l’Italia pretenderà che, purtroppo, questa era l’unica soluzione possibile.
Come reagirebbe l’eurozona? Se a questo punto i singoli paesi (come l’Italia) hanno perso il loro potere di veto sulle leggi fiscali europee, allora gli altri paesi membri dell’eurozona potrebbero mettersi assieme per imporre una qualche misura punitiva alla BCI. Tuttavia, se una certa parte di questi paesi (ad esempio, Spagna e Grecia, che condividono un destino simile all’Italia) si rifutasse di adottare queste misure, allora tutti quanti dovrebbero prestare molta attenzione a qualsiasi richiesta da parte dell’Italia. L’Italia non potrebbe certo chiedere tutto l’oro del mondo, ma un qualche alto prezzo, a rispetto della sovranità popolare, sarebbe senz’altro in grado d’imporlo. Il Trattato di Maastricht è stato un golpe morbido imposto da oligarchi travestiti da banchieri e statisti, questa sarebbe una risposta pacifica, proporzionata e abbastanza smaliziata.
Note:
[1] Julian D.A. Wiseman, un economista consulente del banchiere Rohatyn che è a sua volta direttore di una delle società svizzere dei Rothschild, mi ha concesso gentilmente i diritti per un mio adattamento ed aggiornamento del suo saggio per il pubblico italiano, cosa di cui gli sono grato, purché citassi la fonte del suo sito: www.jdawiseman.com
[2] Il Trattato di Maastricht (noto anche come Trattato sull’Unione Europea, TUE) venne firmato il 7 febbraio 1992, sulle rive della Mosa, nella cittadina olandese di Maastricht, dai 12 paesi membri dell’allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1º novembre 1993. Il testo originale può essere consultato qui:
http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/dat/11992M/htm/11992M.html
E’ da notare che, con l’emersione dell’enorme scandalo sulla questione del signoraggio e del relativo alto tradimento, da tutte le versioni in italiano ed online del Trattato, sono sparite le firme e l’identità dei firmatari. Per l’Italia si trattò di Guido Carli (già governatore di Bankitalia) e Gianni de Michelis (Membro dell’Aspen Institute), rispettivamente nelle qualità di Ministro del Tesoro e Ministro degli Esteri, delegati da Francesco Cossiga – l’allora presidente dellla repubblica. Giulio Andreotti, come presidente del consiglio, lo ratificò.
[3] Il testo suggerisce che le banconote emesse dalla BCE e dalle banche centrali nazionali, sono le uniche a “corso legale” (corso forzoso) emesse da queste istituzioni. Nulla osta quindi ad emettere, da parte di altre istituzioni, cartamoneta con altri tipi di corso (ad esempio, a corso libero).
[4] E’ interessante fare un paragone con la clausola XI del Bank Charter Act del 1844 che dette alla Banca d’Inghilterra un monopolio sull’emissione di biglietti:
… it shall not be lawful for any Banker to draw, accept, make or issue in England or Wales, any Bill of Exchange or Promissory Note or engagement for the payment of Money payable to the Bearer on Demand …
Ovvero: … non sarà legale, per qualsiasi banchiere, il ritirare, accettare, creare od emettere, in Inghilterra e nel Wales, alcun biglietto di cambio o nota promissoria o impegno di pagamento di moneta a vista al portatore…
Se il Trattato avesse usato questa terminologia, il piano che illustriamo non sarebbe stato possibile.
Come esempio di una controversia più antica sulle terminologie dei monopoli bancari, citiamo le frasi tratte dalle pagine 307 e 309 del testo A History Of Money, di Glyn Davies:
By a second [Bank] Act, passed on 26 May 1826, the Bank of England’s century-old monopoly was partly broken, by allowing joint-stock banks with note-issuing powers to be set up outside a radius of sixty-five miles of the centre of London. In return, the Bank of England was explicitly authorised to set up branches, or ‘agencies’, anywhere in England and Wales.
[1832] … Thomas Joplin, a Newcastle timber merchant, … was actively promoting a number of [new joint-stock banks], for fittingly enough, he had been one of the most powerful forces in bringing about the modification of the Bank of England’s monopoly. … In the mean time he took his quarrel with the Bank of England a stage further. According to his meticulous reading of the original Acts, joint-stock banks, provided that they did not issue notes, could quite legally be set up even with sixty-five miles of London, an opinion hotly disputed by the Bank. The difference arose from the fact that when the Bank was first granted its monopoly, note issue was considered inseparably essential to banking. That this was no longer the case seemed a large loophole for Joplin and his supporters, but a mere unjustified quibble to the Bank of England.
Ed infatti, quando venne creata la Banca Centrale Europea, l’emissione di banconote veniva considerata come inseparabilmente legata al “corso legale”. Continuerà ancora ad essere così?
[5] Dal sito della Banca d’Italia:
http://www.bancaditalia.it/bancomonete/signoraggio
[fonte: http://leconomistamascherato.blogspot.com/2009/05/come-emettere-una-moneta-nazionale.html ]
Da: MONETA NOSTRA,