di
Massimo Mazzucco
“Araba Fenice, il tuo nome è Gaza” è il titolo dell’ultimo documentario di Fulvio Grimaldi, sulla recente invasione di Gaza da parte di Israele (è il sesto documentario che Grimaldi realizza sulla Palestina). Sullo stesso argomento Grimaldi ha anche scritto “Di resistenza si vince”, in uscita da Malatempora.
Quella che segue è la sequenza di apertura del documentario, che riesce in modo geniale a sintetizzare l’intero problema palestinese. Che non sta ovviamente in Palestina.
Il documentario prosegue mostrando le difficoltà imposte da Israele per riuscire ad arrivare a Gaza tramite l’unico valico praticabile, quello egiziano di Rafah. Solo un prolungato sit-in davanti ai cancelli chiusi, messo in atto dai (pochi) giornalisti internazionali, e dai (pochissimi) politici presenti, ha messo il governo egiziano in tale imbarazzo da obbligarlo finalmente a disobbedire al diktat israeliano, aprendo i cancelli alla stampa internazionale.
Quello che Grimaldi ha trovato a Gaza in parte già lo conosciamo, e in parte lo si può immaginare. Ma l’autore del documentario è andato oltre la facile “iconografia” del corpo mutilato e del territorio martoriato, …
… cercando la strada che lo porta direttamente al cuore della gente.
Con quel prezioso tocco di umanità, umile e generoso insieme, che già aveva contraddistinto il suo “Americas Reaparecidas”, Grimaldi riesce a metterci in diretto contatto con i sentimenti degli abitanti di Gaza, senza mai scadere nel facile sentimentalismo. (L’unico “sentimentalismo” a cui Grimaldi non riesce a rinunciare, volendo essere onesti, e quello di “Bella Ciao”, il motivo che ogni tanto fa un nostalgico capolino dagli angoli più impensabili del racconto. Ma la sua ingerenza “politica” nel lavoro complessivo è nulla, e si può solo accoglierla con il dovuto rispetto verso chiunque abbia il coraggio di restare sempre fedele alle proprie idee, specialmente quando diventano meno popolari).
Di fronte a questo documentario infatti si può solo affermare che se tutti coloro che amano fregiarsi del titolo di giornalista avessero un centesimo del coraggio e dell’integrità morale di Fulvio Grimaldi, il mondo non starebbe dove si trova oggi.
Il lavoro di Grimaldi va anche interpretato come un omaggio a quei pochi giornalisti veri, che in Medio Oriente come altrove hanno perso la vita a causa del “fuoco amico”, che ultimamente si è dimostrato molto poco amico di chiunque si metta in cerca della verità.
Enzo Baldoni, Simon Cumbers, Raffaele Ciriello, Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Alan Johnston, sono solo alcuni dei nomi che non andrebbero mai dimenticati.
Chiudiamo riportando alcune frasi di Grimaldi, tratte dalla parte finale del documentario:
Centinaia di bambini uccisi, il pianificato avvelenamento di tutto un popolo, il contemporaneo scatenarsi della violenza dei coloni in Cisgiordania, l’orribile muro del lager Cisgiordano, dichiarato illegale dalla Corte di Giustizia, la provocatoria espansione delle colonie, le inenarrabili vessazioni inflitte alla popolazione occupata con il furto dell’acqua, della terra, dei coltivi, la distruzione delle case e dei campi, gli oltre settecentomila posti di blocco, la frantumazione della continuità del residuo territorio palestinese, gli annunci di ulteriori pulizie etniche di Netanyahu e Libermann, lo scandalo del silenzio e della complicità di tanti governi e dei media, hanno determinato una svolta storica. L’olocausto si è spostato dall’Europa in Palestina.
Grimaldi auspica poi una reazione, davvero indignata e finalmente efficace, da parte delle popolazioni dell’occidente, lasciando aperta la porta ad un futuro in cui i palestinesi – i sopravvissuti, se non altro – possano finalmente vivere liberamente in casa loro.
Ma questa possibilità – mi sia permesso di sottolineare – passa solo tramite un cambiamento radicale dell’atteggiamento dei giornalisti dei media mainstream, che lo stesso Grimaldi mette più volte sotto accusa. Eh sì, signori giornalisti, il dito è puntato primariamente contro di voi, perchè siete voi l’unica cerniera che unisca la gente ai fatti che accadono nel mondo. E se la gente se ne infischia di quello che succede a Gaza, deve per forza aver a che fare con quello che le raccontate voi. O meglio, con quello che non le raccontate.
Avete una responsabilità enorme di fronte all’intera popolazione, ma preferite tacere per non dispiacere al vostro direttorino e accontentare il vostro miserevole portafoglio sulla pelle degli altri. Manco vi pagassero cifre da capogiro, fra l’altro.
Prima di tornare a nascondervi dietro ai vostri alibi meschini, ricordate che nel vostro mestiere nessuno è mai morto di fame per restare fedele alle proprie idee. Fulvio Grimaldi lo dimostra in pieno.
Il libro di Fulvio Grimaldi “Di resistenza si vince” sarà presentato a Roma da Granma/Malatempora, giovedì 28 maggio alle ore 19:00, in via dei Gelsi 111. Seguirà la proiezione del documentario “Araba Fenice, il tuo nome è Gaza”.
Info e contatti: 338 – 5805710
Il blog di Fulvio Grimaldi