Viviamo una crisi al buio. Negli Stati Uniti, paese notoriamente appassionato di statistiche, si sfornano numeri come a Napoli le pizze. Anzi, ogni mese sui cittadini americani piove letteralmente un diluvio di dati. Si sa se – e quanto – sono aumentati i disoccupati. Si sa se – e quanto – sono aumentate le vendite nei negozi. Si sa se – e quanto – sono aumentati i prezzi delle case o delle auto. E così via. In Italia, no. Nel Belpaese dell’ottimismo berlusconiano – e non da oggi – l’andamento dell’economia è un po’ come la verginità di certe cenerentole di Casoria. Un atto, o se preferite, un mistero della fede.
Se ne lamentava – qualche giorno fa, sulle colonne di Repubblica – l’economista, Tito Boeri. Che, pacatamente ma risolutamente, osservava:
“I dati sul mercato del lavoro sono fermi al 2008, quelli sui redditi e consumi delle famiglie addirittura al 2006-2007. In Italia dovremo aspettare fino a luglio per avere i primi rilievi seri sull’occupazione nell’anno in corso”.
Eppure sempre Boeri faceva notare che, in realtà, si potrebbe fare molto meglio. Basterebbe solo volerlo. Perchè, scriveva l’economista:
“I dati delle indagini sulle forze lavoro vengono raccolti ogni settimana. Con un piccolo sforzo in più, come in altri paesi, si potrebbero produrre statistiche aggiornate mese per mese”. E invece? E invece, niente. Ed è “grave – lamentava l’economista – che né il governo né l’ opposizione sollecitino l’Istat”, cioè l’istituto nazionale di statistiche, a darsi una mossa.
Insomma: l’Istat tace (su disoccupazione e quant’altro). E – come notava giustamente Boeri – maggioranza e opposizione si danno pace. E verrebbe da aggiungere che la cosa – visto che ci troviamo in un momento storico tutto particolare, cioè nel mezzo della più grave crisi economica dal 1929 ad oggi – pare ben strana. Per fortuna, però, proprio oggi il Sole 24 ore ha pubblicato alcuni dati che certo non avranno il peso delle statistiche ufficiali, ma sono comunque illuminanti. Per farla corta: gli italiani faticano sempre di più a pagare le bollette. Soprattutto quelle della luce.
Secondo l’Enel, infatti: da gennaio ad aprile di quest’anno, gli abbassamenti di potenza (che poi sono una specie di avvertimento, prima del classico “taglio” dei fili); e i distacchi per morosità sono aumentati del 30%. Passando dai 460mila del 2008 ai (ben) 600mila del 2009. Dati, questi, difficilmente equivocabili: “E’ l’estremo sintomo della difficoltà – ha spiegato Enel al Sole 24 ore – Piuttosto si rinuncia ad altro, ma non all’energia elettrica”. Ma tant’è, qualcuno ha dovuto rinunciarci comunque. E non è finita qui. Perchè sempre per quel che riguarda la casa; in questo inizio d’anno non sono mancati altri numeri fuori della norma. Sono aumentate le bollette non pagate del gas (+15%, secondo l’Eni). E così pure i ritardi nel versare affitti e spese condominiali. Numeri che – alla faccia dei primi segnali positivi intravisti dal nostro premier e dal fido Giulio Tremonti – non fanno presagire nulla di buono.
Catastrofismo comunista? Osservazioni da cassandre? Possibile. Ma all’esecutivo targato Berlusconi basterebbe poco per smentirlo. Basterebbe che il governo – magari “aiutato” da un centrosinistra ultimamente interessato solo a veline e voli aerei – obbligasse l’Istat, per esempio, a darci mensilmente i dati sulla disoccupazione. Farebbero comodo a governo e opposizione. Perchè, come osservava sempre Boeri, “dati più tempestivi sul mercato del lavoro sono indispensabili per calibrare meglio la risposta alla crisi”. Ma anche alle aziende. E – perchè no? – pure ai tanti comuni mortali che magari vorrebbero programmare le loro spese e la loro vita su qualcosa di più solido di un invito all’ottimismo.
Insomma: far luce su questa crisi, gioverebbe a tutti. Possibilmente prima che a questo Belpaese la luce venga staccata per davvero.