di
Michela Murgia – da michelamurgia.altervista.org
Ci ho scritto su ironicamente, a volte faccio così quando devo farmi passare la rabbia. Ma la rabbia stavolta non mi è passata, perché non solo cinque persone sono in carcere accusate di terrorismo a scopo strumentale, ma la cosa è talmente evidente che dovrebbero esserci articoli di scherno anche sull’ultimo dei fogli informativi parrocchiali. Il TG1, che invero come livello di approfondimento non è molto più in alto, ha diffuso un unico servizio sull’arresto, ed è un filmato che dovrebbe essere proiettato in loop in tutte le scuole di giornalismo d’Europa, perché i cronisti di domani imparino da lì come non si fa informazione.
Titolo: Blitz antiterrorismo, cinque arresti a Roma.
La giornalista intervista Lamberto Giannini, dirigente Digos, e intuiamo che sia il responsabile dell’indagine.
Giornalista: Siete stati molto cauti, non avete parlato di un progetto di attentato, ma di cosa?
Digos: C’era un’attenzione verso il vertice G8 quando era previsto a La Maddalena, si era avuta una nozione, uno studio delle misure di sicurezza, ma siamo… almeno per quello che abbiamo accertato, a livello embrionale.
Il dirigente dice chiaramente che cinque persone sono state arrestate solo perché avevano “una attenzione verso il G8 a La Maddalena” – il che può essere tranquillamente detto anche di me – ma che non c’era nessun chiaro progetto di attentato. L’ipotesi che ci fosse un’idea “embrionale” deriva dal fatto che “c’era una nozione, uno studio delle misure di sicurezza”. Si tratta di una intuizione profetica o vuol dire che il piano delle misure di sicurezza del G8 a La Maddalena era già definito e in possesso di almeno una di queste cinque persone? La risposta è intuibile, ma la giornalista non pone nemmeno quell’ovvia domanda. Il servizio prosegue invece con una voce fuori campo, che accompagna una serie di immagini molto interessanti.
“Un brigatista non va mai in pensione, muore brigatista. Parla così Luigi Fallico, il capo 57enne ex appartenente ai nuclei comunisti combattenti, corniciaio romano. Con altri quattro, secondo la procura di Roma, volevano ripercorrere la pista aperta dalle Brigate Rosse. L’ipotesi è che volessero colpire per il G8 a La Maddalena, poi spostato in Abruzzo. Stavano pensando di fare comunque qualcosa di grosso, di ricorrere a telecomandi. Questo emerge dalle intercettazioni, ancora una volta decisive per le indagini. Gli arrestati tra Genova e Roma dovranno rispondere di terrorismo e banda armata, con il ritrovamento di munizioni, una bomba a mano, armi, alcune coperte di ruggine. Un nucleo capace di spostarsi da una città all’altra secondo modalità tipiche dei brigatisti, dicono gli inquirenti, con decine di fiancheggiatori attorno. Luigi Fallico aveva avuto in passato incontri con la brigatista Desdemona Lioce.”
Ci sono dunque intercettazioni – sadico definirle trionfalmente "decisive" proprio il giorno dopo che il Senato le ha cassate – ma di queste intercettazioni ci viene riportato solo che un brigatista è sempre un brigatista, che è reato come dire che la mamma è sempre la mamma. Spezzoni dei paventati piani sovversivi non vengono resi noti, e il motivo è che neanche nelle conversazioni intercettate c’è prova che ci fossero. Si conferma l’impressione che l’ipotesi di reato sia fondata su elementi del tutto aleatori.
E’ detto che volevano “colpire”, ma non essendoci alcun progetto preciso non si capisce se il “colpo” avrebbe dovuto verificarsi a La Maddalena o in Abruzzo. Per non sbagliare, si lascia intendere che l’avrebbero fatto a prescindere dal luogo, e per dare l’impressione di un pericolo concreto la giornalista afferma che i 5 “stavano pensando” a qualcosa di “grosso”, di ricorrere addirittura “a telecomandi”. Poiché i telecomandi servono a far saltare in aria dell’esplosivo, questa ipotesi dovrebbe essere confortata dal ritrovamento sia di qualche telecomando, sia di “grosse” quantità di materiale detonante. Invece non è così: dalle immagini si vedono tre mitragliette arrugginite, un solo esemplare di un vecchio modello di bomba a mano tutta incrostata e un sacchetto dove esagerando ci saranno dentro 60 cartucce. La voce conferma che il ritrovamento della Santa Barbara in possesso della presunta pericolosa banda armata è tutto lì, su quel tavolino.
Come si fa quindi ad affermare che sono brigatisti? Facile: si dichiara che il “nucleo” era capace di spostarsi da una città all’altra con modalità “tipiche dei brigatisti”.
Quali sono queste modalità? Non è specificato, ma mi inquieta; ho preso sei voli aerei e 5 treni il mese scorso, senza contare l’automobile: probabilmente mi sto spostando con modalità brigatistiche senza saperlo. Il servizio specifica che i cinque avrebbero avuto “decine di fiancheggiatori”. Certo è curioso che un gruppo di persone di cui si è detto chiaramente che non avevano nemmeno un piano preciso, avesse già decine di fiancheggiatori. A meno che non si intendano per fiancheggiatori le persone che ti ospitano in casa se ti sposti, o che ti danno un passaggio in auto, o che ti invitano la pizza. Costoro, altrimenti definititi amici, diventano "fiancheggiatori" se per andarli a trovare ti sei per caso spostato con “modalità tipiche dei brigatisti”. Il mistero si infittisce con l’ultima frase della giornalista, che serve a chiudere l’intervista al dirigente Digos: ci viene detto che il presunto capo della banda conosceva nientemeno che Desdemona Lioce, il poliziotto conferma.
Digos: Gli è stato contestato di aver fatto parte delle BR PCC di Desdemona Lioce e di Mario Galesi, non è una semplice frequentazione…
La domanda che chiunque avrebbe posto a questo punto è: se Fallico era già noto agli inquirenti per aver fatto parte delle BR PCC della Lioce e di Galesi, perché non si trova in carcere con la Lioce, arrestata ben sette anni fa? La prevedibile risposta è che Fallico non fu mai coinvolto con capi di accusa in quell’indagine, lui la Lioce la conosceva e basta, e conoscere un brigatista non vuol dire esserlo. Ma la domanda ovviamente non viene posta, perché è il momento della marchetta governativa all’impareggiabile Bobo Maroni, che contro ogni affermazione precedente della Digos, sceglie di esprimersi come lo sceriffo di Hazzard:
“Queste persone che sono state arrestate progettavano di riorganizzare la lotta armata in Italia, ricostituendo strutture delle Brigate Rosse, e stavano preparando un attentato al prossimo G8 de La Maddalena, e poi all’Aquila. Abbiamo sventato questo tentativo e abbiamo impedito la ricostituzione delle nuove Brigate Rosse.”
Ecco come un’idea talmente ipotetica da essere definita embrionale persino dagli inquirenti, in bocca a Maroni è diventata addirittura un attentato organizzato, con tanto di risveglio della lotta armata su tutto il territorio italiano e la ricostruzione contestuale delle Brigate Rosse. Come sia possibile fare tutto questo con 5 persone, tra cui 3 pensionati, una bomba a mano arrugginita e tre mitragliette corrose, è materia per gli sceneggiatori di McGyver. Segue una paradossale domanda dove la giornalista, in barba al garantismo, già definisce i 5 arrestati “terroristi”:
Giornalista: C’è un cognome che salta subito agli occhi, ed è Morlacchi… il padre era un ex brigatista, quindi dobbiamo pensare che c’è un collegamento tra i terroristi arrestati e le vecchie BR?
Certo, è il darwinismo che lo insegna: da padri brigatisti nascono sempre figli brigatisti. Maroni lo sa bene, e infatti:
Bobo: Certamente sì, ci sono nomi noti, ma ci sono anche nomi finora sconosciuti e questa è la cosa preoccupante, che dimostra che non sono solo i vecchi che stanno cercando di rifare qualche cosa che hanno… che non sono riusciti a fare nel passato, ma c’è… il tentativo di reclutare nuove adesioni a questo progetto criminale delle Brigate Rosse.
È una risposta meravigliosa per la sua idiozia. Tra gli arrestati ci sono “nomi noti” perché figli di brigatisti, ma – ed è questa la cosa preoccupante – ci sono addirittura degli sconosciuti alla polizia. Per Maroni la sola presenza di comuni incensurati diventa la prova che le Brigate Rosse fanno nuove reclute tra insospettabili geni della dissimulazione. La giornalista completa l’opera buffa con una domanda che meriterebbe da sola il servizio.
Giornalista: Progettavano azioni eclatanti in vista del G8. E proprio in vista del G8 all’Aquila, che cosa dobbiamo temere, che cosa ci dobbiamo aspettare?
Per stare nello stesso registro di senso, Maroni potrebbe dire “Il cielo diverrà vermiglio, cadrà una pioggia di lava, voleranno alabarde spaziali e giungerà l’angelo sterminatore con una spada fiammeggiante, ma non tema nulla, io le farò scudo con il mio corpo.” Invece afferma:
Bobo: Abbiamo predisposto un sistema di sicurezza che è assolutamente all’altezza. Sospendiamo l’accordo di Schengen per evitare che entrino in Italia violenti… queste azioni che stavano progettando contro il G8 sono azioni … erano azioni violente… ed erano azioni eclatanti ed era una cosa seria, perché abbiamo trovato armi ed esplosivi…
Quindi per combattere quella che sin qui è stata presentata come la ricostituzione del terrorismo interno, Maroni progetta di sospendere gli accordi di Schengen, cioè quelli che regolano i passaggi di frontiera dall’esterno. Geniale. Resosi probabilmente conto della cazzata appena detta, e di come tutto l’insieme del servizio possa essere serenamente definito allo stesso modo senza timore di trascendere, ribadisce che saremo protetti dai violenti, perché quelli che abbiamo arrestato erano dei violenti, cioè, era una cosa seria, abbiamo trovato ARMI e financo ESPLOSIVI… non ci credete? Lo giuro, è tutto vero!
Poi cosa parte, il servizio sulla cagnetta adottata da un’iguana?