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Cose giuste può dirle anche la persona sbagliata. Accade. E accadrà. E – giusto questa settimana (riferito al 22/08/09)- è accaduto che il presidente della Fiat, uno degli uomini con il nome e il naso più “importanti d’Italia”, insomma Luca Cordero di Montezemolo abbia detto una cosa giustissima. La crisi economica prima o poi finirà, ha concesso il presidente della Fiat in un convegno nella chiccosissima Cortina. Ma l’autunno che è alle porte ce lo ricorderemo a lungo: “Molte imprese dovranno chiudere – ha detto Montezemolo, parlando fuori dai denti -. Rendiamoci quindi conto di qual è la reale emergenza: in Italia abbiamo per la prima volta gente vera, tanta, che perde il lavoro. Non accadeva dal Dopoguerra“. Ergo: il governo del tre volte primo ministro, Berlusconi Sivlio da Arcore dovrebbe proprio superare il plastico immobilismo stile putto di marmo nel giardino di villa Certosa. Tagliare tutte le spese inutili (e secondo il presidente Fiat, dalle Province in giù, di spese da tagliare ce ne sarebbero a iosa). E utilizzare i soldi risparmiati per sostenere le imprese e salvare posti di lavoro.

Un discorso ineccepibile. Cui il “Sole 24 ore” – storico organo di quella Confindustria che ha in Fiat il suo pezzo da novanta – oggi ha fatto da grancassa. Come? A colpi di previsioni nere che più nere non si può. Secondo “il Sole 24 ore”: entro fine anno il Belpaese potrebbe bruciare 400mila posti di lavoro. Praticamente: un lavoratore italiano ogni 60 (circa) potrebbe rimanere a casa. Poteva, a questo punto, il governo Berlusconi rimanersene muto? No, non poteva. E infatti il ministro per le Attività produttive Claudio Scajola non ci ha pensato due volte. E – lungi dall’annunciare qualunque taglio agli sprechi – ha comunque promesso, con una dichiarazione ripresa anche da “Il Sole”, un decreto per distribuire al più presto 700 milioni di euro dei contribuenti per (non meglio precisati) progetti innovativi delle imprese.

Si dirà: benissimo. E invece, no. Perchè qualcuno – magari qualche giornalista – ha dimenticato di fare a Montezemolo la domanda da un miliardo di euro. Domanda che avrebbe completamente cambiato le carte – e i danari – in tavola.

Le carte sono quelle della eredità Agnelli. I soldi quelli che sarebbero finiti in Svizzera. Per la cronaca e per chi non se lo ricordasse già più: una decina di giorni fa il Tg5 – telegiornale dell’ammiraglia Mediaset – aveva rivelato che l’Agenzia delle entrate si era messa sulle tracce dei conti esteri di 170mila italiani. E, tra gli altri, l’Agenzia aveva cominciato a cercare anche i danari dell’eredità di Gianni Agnelli – un miliardo di euro, secondo il “Financial Times”; più 2 che 1, secondo il “Corriere della Sera” – “emigrati” in qualche canton svizzero, forse per evadere qualche tassa di troppo. Ecco: una domandina su quei soldini a Montezemolo non ci sarebbe stata male. Ma non l’ha fatta Raffaella Polato, la giornalista autrice del pezzo sulle esternazioni montezemoliane a Cortina, pubblicato dal Corriere della Sera (che per coincidenza ha  tra i suoi azionisti forti proprio Fiat). E non l’hanno ancora fatta i coraggiosi colleghi de “La Stampa” (che sempre per coincidenza appartiene a Fiat). E non l’hanno fatto neanche gli amanti delle domande scomode di “Repubblica”. Che è stata fondata da quel Carlo Caracciolo, che era fratello di Marella Caracciolo, che – per coincidenza e per cambiare – Gianni Agnelli lo conosceva assai bene. Visto che era sua moglie (la prima e l’unica).

Eppure a questa domanda – giusto per fugare i dubbi su pubbliche virtù ed eventuali vizi privati – Montezemolo o qualche altro della famiglia dovrebbe proprio rispondere. Diversamente agli italiani – che quest’anno hanno già pagato cassa integrazione per la Fiat; incentivi alla rottamazione (anche) per la Fiat; e prossimamente incentivi all’innovazione (pure) per la Fiat – potrebbe venire un dubbio di quelli atroci. Che gli Agnelli abbiano imparato – nei decenni alla guida della prima fabbrica di automobili del Paese – l’arte del “chiagni e fotti”. Privatizzando (e facendo sparire all’estero) i guadagni nei periodi di vacche grasse. E socializzando le perdite nei periodi di vacche magre. Dubbi che per altro si potrebbero estendere – per induzione, diciamo – ad altri imprenditori. Ma che – per certo – sono vili e infondati. Nevvero?

P.S. Sono stati in pochi – questa settimana – a insistere sulla storia dei (presunti) soldi svizzeri dell’eredità Agnelli. E tra quei pochi c’era Oliviero Beha. Un plauso a lui, dunque, vecchio leone del giornalismo italiano.

 

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