di
Felice Capretta
Conclusa ad Istanbul la riunione annuale di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Dominique Strauss-Kahn, responsabile del FMI, ha rilasciato ieri alcune dichiarazioni.
Proprio lui, quello che a maggio 2009 dichiarava che la ripresa era prevista per la primavera del 2010, e 15 giorni dopo, a giugno 2009, dichiarava che il peggio doveva ancora arrivare.
Alcuni stralci del suo discorso:
L’economia globale è in una posizione molto precaria. Il ritiro prematuro delle politiche di stimolo potrebbe ammazzare la ripresa.
[…]
Per certo governi e banche centrali dovrebbero mettere a punto strategie d’uscita credibili.
Ma è troppo presto per realizzarle.
Pero’ in Australia già alzano i tassi di interesse (segnalato nei commenti al post precedente) per sterilizzare l’effetto dello stimolo e tamponare il rischio inflazione.
Verificheremo presto se l’economia australiana sta in piedi da sola o se è come smettere di fare l’elettroshock ad un tasso già morto.
Sempre il nostro:
(La crisi) non è finita.
La ripresa sarà debole e la domanda privata non è ancora in grado di autosostenersi […] la disoccupazione con ogni probabilità disegnerà una lunga ombra sulla ripresa.
e infine
(per) far fronte alle sfide future dovremo adattarci ai cambiamenti, sia a livello di ciascun paese sia a livello internazionale
Già ce lo immaginiamo, strauss-kahn, che davanti alle nostre critiche risponde “chi è senza peccato scagli la prima …" ..Scarpa?
La grande fuga dal dollaro
E mentre le inquietanti parole di strauss-kahn cadevano lettera morta in molti mezzi di (dis)informazione italici troppo impegnati a rincorrere le farfalle dell’impossibile ripresa, ieri è piombata in internet la notizia che alcuni paesi stanno preparando la grande fuga dal dollaro.
Qui potete trovare l’articolo originale di Robert Fisk sull’Indipendent, già segnalato da molti lettori nei commenti al post precedente, che ha scatenato la baraonda ed ha dato una fiammata al prezzo dell’oro.
I fatti sono presto detti:
Gli Stati arabi hanno avviato trattative segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare la valuta americana per le transazioni petrolifere.
Mettendo in atto la piu’ radicale trasformazione finanziaria della recente storia del Medio Oriente gli Stati arabi stanno pensando – insieme a Cina, Russia, Giappone e Francia – di abbandonare il dollaro come valuta per il pagamento del petrolio adottando al suo posto un paniere di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan cinese, l’euro, l’oro e una nuova moneta unica prevista per i Paesi aderenti al Consiglio per la cooperazione del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.
Incontri segreti hanno gia’ avuto luogo tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali della Russia, della Cina, del Giappone e del Brasile per mettere a punto il progetto che avra’ come conseguenza il fatto che il prezzo del greggio non sara’ piu’ espresso in dollari.
Il progetto, confermato al nostro giornale da fonti bancarie arabe dei Paesi del Golfo Persico e cinesi di Hong Kong, potrebbe contribuire a spiegare l’improvviso rincaro del prezzo dell’oro, ma preannuncia anche nei prossimi nove anni un esodo senza precedenti dai mercati del dollaro.
L’articolo prosegue all’indirizzo sopra.
L’affezionato lettore documentato di economia non avrà mancato di tirare rapidamente le somme.
Per tutti gli altri proponiamo un caprino 2+2.
La valuta di riserva internazionale
L’economia mondiale si basa sul dollaro perchè questo è la valuta di riserva internazionale.
Finchè il dollaro resta valuta di riserva internazionale, gli USA continueranno a giocare un ruolo di primo piano nell’economia mondiale, perche’ sono Il Giocatore del Grande Gioco dell’economia globlale.
In altre parole, il paese che batte la moneta ufficiale del Gioco è Il Giocatore stesso, o se volete, è il Banco.
Non fosse stato per questo, il dollaro e gli USA sarebbero stati spazzati via un anno fa con il crollo di Lehman Brothers.
Invece tutto sommato ha tenuto.
Con una mossa temeraria, la Fed ha inondato il paese di dollari freschi di stampa, ricorrendo ai peggiori artifici contabili, facendo schizzare in alto, a livelli mai visti prima, la massa monetaria.
Questo è servito a tamponare temporaneamente il meltdown immediato e la caduta verso una rovinosa deflazione superato il rischio immediato di crollo, ma ha innescato la bomba a tempo dell’inflazione.
Storicamente, tuttavia, gli USA non si preoccupano più di quel tanto dell’inflazione, perchè, secondo un adagio consolidato nelle università americane, gli USA esportano l’inflazione.
Benchè aberrante, il ragionamento è in parte vero.
Inflazione negli USA? No grazie, la esportiamo!
Proprio in virtu’ del fatto che il dollaro è la valuta di riserva internazionale, è in dollari che viene scambiato il principale bene su cui si basa il sistema industriale: il petrolio.
Miliardi di barili ogni mese vengono pompati, comprati e venduti, per diventare benzina che porta la frutta nei supermercati, per alimentare i pc con cui visitate Informazione Scorretta, per fare palline di plastica, per asfaltare le strade, per…. ogni goccia di ogni barile viene comprata e venduta in dollari.
Di conseguenza, ogni nazione deve assicurarsi di avere un portafoglio pieno di dollari, altrimenti niente petrolio. Mica accettano i buoni pasto in cambio di Brent.
Riassumendo:
- l’intera economia mondiale si appoggia sul dollaro.
- l’intero sistema industriale si basa sul petrolio, che a sua volta è scambiato in dollari.
Se tutto, e dico tutto, il mondo gira intorno al dollaro, non è poi così importante se il dollaro perde il 10% del valore negli USA per inflazione, perchè questa perdita di valore si propaga in tutto il mondo, grazie al petrolio come portatore sano ed i dollari ad esso collegati come fattore infestante.
Questa è una condizione uguale per tutti nell’intero sistema economico mondiale, e dunque non determina squilibri di alcun genere.
Con le dovute semplificazioni, questa era la teoria dell’esportazione dell’inflazione spiegata.
Ed è anche il motivo per cui negli USA non è ancora esplosa un’inflazione da Zimbabwe con conseguente svalutazione del dollaro, default degli USA sul debito e sostanziale meltdown economico globale.
L’affezionato lettore non esperto di economia ha già intuito la fine di questa storia sull’esportazione dell’inflazione ed il problema dell’abbandono del dollaro.
La notizia della grande fuga è uscita sui giornali.
Negli ambienti politici e diplomatici, a livello di grandi equilibri internazionali, la notizia non esce mai a caso, ma solo quando ha già raggiunto e superato il punto di non ritorno.
La strada è dunque segnata: un giorno il dollaro non sarà più la valuta di riferimento per il petrolio. Lo sarà invece un paniere di valute, tra cui l’euro, lo yuan, lo yen, l’oro e la valuta comune dei paesi arabi (paniere di valute definito, non male per un “vago progetto solo ipotizzato”).
Abbandonato il dollaro a sè stesso, cosa succederà?
Gli scenari
Succederà che gli USA non potranno più esportare l’inflazione, che esploderà in tutta la sua forza nel continente americano.
La conseguente svalutazione del dollaro, aggravata dai falchi speculatori che giocheranno sul ribasso sulla valuta, ridurrà probabilmente il dollaro ad una frazione del suo valore.
I paesi che detengono titoli di debito americani, Cina e Giappone in primis, si troveranno con in mano un pugno di mosche.
Riusciranno ad assorbire un tale buco?
Se riusciranno, l’economia mondiale sopravviverà, dimezzata o ridotta a meno di un terzo del suo valore attuale. Se non ci riusciranno, sarà meltdown generale del sistema economico e andremo tutti a coltivare le zucchine.
Naturalmente, Cina e Giappone hanno tutto l’interesse a che questo non succeda e hanno intenzione di programmare l’intero processo nel lungo periodo. Si parla infatti del completamento dello switch-off nel 2018 (anche la data precisa…), per diluire nel tempo il disastro ed evitare il collasso totale dell’economia.
Il pezzo mancante: la Fiducia
Manca un piccolo pezzo, che non abbiamo letto da nessuna parte ancora, su una cosa molto semplice: la Fiducia.
L’intera economia mondiale, da quando è venuto a mancare il Gold Standard, si basa sostanzialmente sulla fiducia. Fiducia che il dollaro sarà anche domani la valuta di riserva internazionale, fiducia che gli USA sappiano onorare il loro debito dopodomani, e fiducia che il dollaro domani valga ancora qualcosa.
Ieri, numerosi paesi hanno messo ufficialmente in dubbio questa fiducia.
In mancanza di fiducia, il dollaro finisce e il meltdown globale è una possibilità più vicina.
Qualcuno ha una zappa?