Di

Antonella Randazzo

Pochi giorni fa il “Times” di Londra ha sollevato un’accusa grave contro i servizi segreti italiani: l’accusa di finanziare i talebani.
Ma non erano proprio loro i nemici terroristi che hanno ucciso i nostri “innocenti” soldati? Come si spiega questa accusa?
Gli 007 italiani, anziché scovare i “nemici” per combatterli li contattavano (ma allora sapevano dov’erano?) per pagarli. E la cosa sembrerebbe essere andata avanti a lungo.
Il fatto sarebbe stato confermato dal capo talebano Mohammad Ismayel, intervistato da un giornalista.(1)
Addirittura, scrive il "Times", questo modo di fare, secondo il comandante della Nato, il generale americano Stanley McChrystal, "dovrebbe essere parte integrante della strategia contro gli insorti".
Cosa dovremmo pensare? Dovremmo forse fermarci alle evidenti menzogne del nostro governo, che ancora ha il coraggio di parlare di “missione di pace”?
I nostri servizi segreti, come molti sanno, sono stati creati dalle autorità Usa e agiscono sotto comando Usa, specie all’estero (ma spesso anche in patria).
Il fatto che questi finanziamenti siano stati resi noti, peraltro su un quotidiano non proprio “indipendente”, significa che si vuole praticare il principio spiegato dallo studioso Augustin Cochin, che diceva metaforicamente: “nulla è meno spiegabile di una pianta tagliata di cui si vogliono ignorare le radici e la vita”.(2) Ovvero si vuole rendere come un fenomeno isolato e relativo soltanto agli italiani qualcosa che invece ha una natura ben diversa. Dopo la morte dei nostri soldati, sembrerebbe che qualcuno voglia colpevolizzare o denigrare in qualche modo gli italiani, come se i soldati italiani non fossero sottomessi alle autorità statunitensi, e non si trovassero lì proprio per obbligo “coloniale”.
E’ stato creato lo scoop dei pagamenti ai talebani per proteggere i nostri soldati. Ma la verità sui finanziamenti ai talebani non è propriamente questa. Il fenomeno dei pagamenti ai talebani o all’estremismo islamico va inserito in un quadro ampio per poterlo capire.
E’ ovvio che qualcuno finanzia i talebani, ma non si tratta soltanto dei nostri 007, altrimenti essi non potrebbero portare avanti la guerra.
Come molti ormai sanno, negli anni Novanta, nei campi della Cia in Afghanistan e in Pakistan furono addestrati e indottrinati parecchi capi dell’estremismo islamico. Il Pakistan, dall’inizio degli anni Novanta, continuò ad arruolare centinaia di migliaia di mujaheddin, indottrinati nelle “madrasse”(3) e addestrati nei campi militari afghani. In quegli anni la Cia pagò milioni di dollari per finanziare programmi di istruzione nelle scuole afghane e pakistane. Dalla fine degli anni Ottanta gli Usa pagarono la gestione dell’Educational Center for Afghanistan. I libri di testo utilizzati nelle scuole furono stampati dall’Università del Nebraska.
Il fanatismo e la violenza generata dai talebani foraggiati dagli Usa scatenarono negli anni Novanta una guerra civile in Afghanistan. I talebani, grazie agli Usa, nel 1994 divennero la formazione politico-militare più forte, e alla fine degli anni Novanta devastarono il paese rendendolo sottomesso ad un’estremismo violento e disumano. Nel 1996 i talebani si erano impadroniti di Kabul grazie all’aiuto della società petrolifera americana Unocal (Union Oil of California), della Cia e dei servizi segreti pakistani.
I talebani rappresentavano la seconda generazione di mujaheddin. Essi provenivano da famiglie di contadini poverissimi delle zone del sud dell’Afghanistan. Molti talebani erano orfani di guerra, e nella loro vita non avevano visto altro che guerra e distruzione. Erano profughi in Pakistan, bambini senza futuro e senza infanzia, con una situazione psicologica alterata dalla durezza della guerra. Furono accolti nelle madrasse, dove l’indottrinamento degli imam fece credere loro di poter avere un ruolo messianico nel realizzare una società di “veri musulmani”. Le predicazioni nelle madrasse pachistane non rispecchiavano le vere tradizioni islamiche di tolleranza e di solidarietà ma, al contrario, inculcavano vecchie tradizioni tribali di derivazione pashtun, che propugnavano un falso islam, fatto di vendetta, odio, estremismo e usanze primitive. Le "riforme" che i talebani attuarono quando salirono al potere ricordavano le antichissime usanze delle zone più arretrate del paese: chiusero le scuole femminili, vietarono alle donne di uscire di casa anche per fare la spesa, vietarono l’ascolto della musica e ogni sport; agli uomini imposero di tenere la barba lunga e introdussero le mutilazioni del corpo per alcuni reati.
Per la loro ferocia, i talebani furono avversati dall’India, dalla Turchia, dalla Russia e dalle repubbliche centroasiatiche, paesi che sostennero la lotta antitalebana dell’Alleanza del Nord. Gli Usa rimasero filotalebani, e non denunciarono la situazione di grave violazione dei diritti umani. Nell’aprile del 1996, la vicesegretaria di Stato americana Robin Raphael, giunta a Islamabad, nonostante le proteste dei movimenti per i diritti umani sulla politica di Kabul, disse: "Non possiamo intrometterci negli affari afghani ma ci consideriamo amici dell’Afghanistan, ed è per questo che sono qui a sollecitare gli afghani a riunirsi e a discutere. Siamo anche preoccupati che qui vengano perse delle opportunità economiche, qualora non si riesca a ripristinare la stabilità politica".(4)
Dal 1994 al 1998 il sostegno Usa ai talebani fu pieno e totale, e in cambio gli americani ottenevano la tutela dei loro interessi strategici ed economici in quell’area. Dal 1999 al 2000 il sostegno c’era ancora ma non era più totale, e nel 2001 gli Usa cambiarono le loro strategie. Bhenazir Bhutto, quando era primo ministro pakistano, in un’intervista alla “BBC World Service”, il 4 ottobre del 1996, sostenne che le “madrasse” erano state organizzate dagli inglesi, dagli americani, dall’Arabia Saudita e dal Pakistan nel periodo della resistenza islamica contro i russi.(5)
Spiega l’associazione Rawa (L’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane): “Non è un segreto che gli integralisti afghani, cappeggiati da Burhanuddin Rabbani, Kharim Khalili, Rasul Sayyaf, Ahmed Shah Massud, Guldbuddin Hekmatyar, Yunis Khalis, il mullah Omar e altri come Dostum abbiano banchettato alla mangiatoia della CIA. È stata la CIA a dare nome e notorietà a questi sconosciuti e a finanziare ed appoggiare le sommosse che li hanno portati al potere… Gli Stati Uniti sono nemici del terrorismo fondamentalista soltanto finché questo fenomeno costituisce un rischio per i propri interessi; diversamente sono fin troppo contenti di essere amici e finanziatori delle varie organizzazioni di terroristi criminali fondamentalisti. Se gli Stati Uniti volessero veramente eliminare il terrorismo estremista dovrebbero imparare dalla loro politica miope del passato e comprendere che la radice del terrorismo va cercata nel sostegno americano ai regimi reazionari dei paesi arabi e non arabi e nel finanziamento militare ai criminali fondamentalisti afghani. Solo eliminando queste due fonti di finanziamento il terrorismo potrà essere sconfitto.”(6)
Il sostegno americano ai talebani non cessò con la loro presa del potere. Gli Usa volevano mantenere e potenziare i loro interessi strategici ed economici in quella zona. Volevano costruire un oleodotto che andasse verso il mar Caspio e aprisse il mercato Usa alle Comunità di Stati Indipendenti, ex repubbliche sovietiche e volevano incrementare la produzione di droga.
Nell’aprile del 1998, il segretario americano all’Energia Bill Richardson, nel suo viaggio a Kabul incontrò il mullah Burhanuddin Rabbani, con cui prese accordi sulla costruzione dell’oleodotto. Ma tali accordi non saranno confermati dal mullah Mohammad Omar.
Il fallimento delle trattative attirò sui talebani la furia distruttiva degli Usa, e li fece diventare i “nemici numero uno” della superpotenza. Gli Usa avevano creduto di aver creato dei "fantocci", facilmente manovrabili, ma si erano accorti che non era così. Nell’ottobre del 1997 fallisce l’accordo contrattuale dei talebani con la Central Asia Gas (CentGas), pipeline formata da aziende americane (Unocal 46,5%) e asiatiche. I talebani si erano mostrati indecisi sull’adesione al consorzio, e concluderanno l’accordo soltanto quando la Unocal si ritirerà dal consorzio CentGas. Dopo la conclusione dell’accordo, il segretario di Stato Usa Madelein Albright, definirà i talebani "spregevoli" per le loro discriminazioni verso le donne. Non se n’era accorta prima, eppure era già da parecchio che le donne afghane denunciavano le crudeltà subite.(8)
Nell’aprile del 1999 Afghanistan, Pakistan e Turkmenistan si accordano per realizzare il progetto del gasdotto del consorzio Centgas, ora diretto dalla Delta Oil saudita.
Dopo il fallimento delle trattative per l’oleodotto Unocal, gli Usa si schierarono esplicitamente contro i talebani, e li accusarono di terrorismo, brandendo al mondo intero il pericolo che stessero per cadere nelle loro mani armi nucleari o di distruzione di massa (accuse molto comuni che gli Usa rivolgono a tutti i paesi che vogliono indicare come pericolosi).
Nell’ottobre del 1999, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su richiesta degli Usa, approvò una serie di sanzioni economiche contro il regime di Kabul. La clausola posta per evitare le sanzioni, (lungi dal riguardare il ripristino dei diritti umani e della democrazia), era che dovessero consegnare Osama bin Laden (9) agli Stati Uniti entro 30 giorni. I talebani non cedettero al ricatto e il 14 novembre le sanzioni furono attivate. Qualche giorno prima che le sanzioni diventassero operative, centinaia di persone scesero in piazza nelle maggiori città afghane per protestare contro le sanzioni dell’Onu e per chiedere aiuto ai Paesi islamici.
Nel 2000 gli Usa chiesero l’inasprimento delle sanzioni, col pretesto di indebolire il regime talebano. Le organizzazioni umanitarie avvertirono l’Onu dei rischi che la popolazione avrebbe corso, in un paese in cui la gente era ormai allo stremo. Ciò nonostante, il Consiglio di Sicurezza inasprì le sanzioni contro l’Afghanistan, con la motivazione che i talebani si rifiutavano di consegnare bin Laden e di porre fine al traffico di droga.
Le organizzazioni umanitarie sollevarono molte critiche e anche il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, si mostrò contrario all’iniziativa. Il problema principale era il danno economico sulla popolazione civile, ormai costretta a vivere degli aiuti umanitari. Gli Usa erano gli unici ad essere completamente soddisfatti. Nonostante tutto, le madrasse pachistane continuavano a formare futuri terroristi, che gli Usa avrebbero mandato a combattere per gli interessi americani. Dopo l’Afghanistan, furono mandati, oltre che nelle ex repubbliche sovietiche, anche in Kosovo, nel Kashmir, in Algeria, in Bosnia, in Cecenia, nello Yemen, nelle Filippine e in altre parti. Osserva Cooley: "Da Peshawar, Islamabad e Kabul al Cairo, Khartoum, Algeri, Mosca, l’Asia centrale, Manila, New York e, infine, Nairobi e Dar-es-Salaam, il percorso tracciato dai veterani della guerra in Afghanistan è lungo e cosparso di sangue".(10)
Il "Toronto Sun" scriveva il 4 dicembre del 2000: "Gli Stati Uniti misero in atto, contro l’Afghanistan devastato dalla guerra un embargo punitivo stile Iraq, in un momento in cui buona parte dei diciotto milioni di abitanti del paese era senza tetto e stava morendo di fame".(11)
L’embargo e le operazioni militari degli Usa avevano l’evidente scopo di distruggere e piegare il paese, colpiva la gente comune, e non personalmente i talebani. Morirono almeno tre milioni di persone, di cui moltissimi erano bambini. In Afghanistan gli americani stavano praticando gli stessi metodi di sterminio dei civili praticati in Vietnam, in Cambogia, in Iraq e in molti altri paesi.
Non ci sono prove certe che i talebani all’epoca fossero realmente in contrasto con le volontà americane, e si ebbero legittimi sospetti quando, nel luglio del 2001, Christina Rocca, vicesegretario di Stato americano per l’Asia meridionale, annunciò che quarantatré milioni di dollari sarebbero stati dati ai talebani. La motivazione era quella degli aiuti umanitari, ma i talebani non erano tenuti a rendere conto di cosa avrebbero fatto con tale somma.
Se i talebani erano diventati davvero antagonisti degli Usa perché continuarono a riunirsi con personaggi di governo americani e ad accettare somme di denaro? E perché continuarono ad avere stretti contatti con i servizi segreti americani?
Nei giorni immediatamente precedenti all’11 settembre, Bush si prodigò a dimostrare che i talebani erano nemici, arrivando a parlare di un’operazione per abbattere il regime talebano. Il piano, che era stato delineato nella "Direttiva presidenziale per la sicurezza nazionale", sosteneva interventi militari, diplomatici e di intelligence per “lottare contro al Qaeda”.
Oggi l’Afghanistan è un paese devastato, con un governo fantoccio e bande criminali al soldo della Cia. Uno dei potenti signori della morte è Rashid Dostum. Dostum ha ucciso migliaia di persone, tuttavia, il ministro della Difesa Usa Donald Rumsfeld, lo ha definito "un uomo saggio".(12)
Hamid Karzai è protetto da 42 guardie del corpo americane, la sua funzione è quella di proteggere gli interessi Usa nel paese, mentre della condizione della popolazione non gli importa per nulla, tanto meno quella delle donne, che hanno paura ad uscire di casa perché vengono spesso rapite, violentate o uccise, costrette a vivere in un Far West stile americano.
I paesi che maggiormente sono coinvolti nel fenomeno terroristico, l’Arabia Saudita e il Pakistan, hanno con gli Usa un rapporto a dir poco amichevole. Nel 2008 sono stati dati al “terrorismo” da paesi esteri almeno 106 milioni di dollari.(13) Le fonti del finanziamento sarebbero persino istituti di beneficenza dell’Arabia Saudita oppure Ong. In Pakistan negli anni Novanta era noto che le Ong finanziavano i talebani.(14) Il ruolo più importante nel finanziamento al terrorismo sarebbe stato dato alle “Charity and Relief organizations”, Ong che godono di un regime fiscale agevolato da parte del governo statunitense.(15)
Secondo un rapporto presentato dal giornalista ed esperto di gruppi islamici Steven Emerson nel febbraio del 2002, “al-Qaeda ha potuto avvalersi di vere e proprie corazzate finanziarie operanti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi”.(16)
In un documento inviato al Pentagono datato 30 agosto 2009 il generale Stanley McChrystal, capo delle forze Usa e Nato in Afghanistan, sostiene che il sistema di finanziamento dei talebani è complesso e le fonti sono diverse, persino il narcotraffico: “L’eliminazione dell’accesso ai profitti del narcotraffico, se sarà possibile, non distruggerà la loro abilità operativa fino a quando altre fonti di finanziamento rimarranno intatte”.(17)
Altre fonti ufficiali dicono che i talebani si finanzierebbero anche attraverso l’oppio afgano. Ma qui troviamo un paradosso: gli Usa hanno occupato l’Afghanistan anche per incrementare la produzione di droga e hanno fatto sedere in parlamento parecchi personaggi che controllano tale produzione.
Delle due l’una: o gli Usa controllano il territorio afgano e affidano a “boss” fidati (che talvolta fanno eleggere come autorità) la produzione di droga, oppure dobbiamo credere che la prima potenza militare mondiale stia soccombendo ad un gruppo di estremisti, che avrebbe persino il potere di controllare la produzione di droga. Dovremmo essere così ingenui da credere che una superpotenza non sia in grado di controllare alcuni terreni e che dopo aver occupato un paese intero proprio per il controllo della droga oggi si sia fatta “soffiare l’affare”? Se davvero si finanziano col narcotraffico, lo fanno col benestare delle autorità statunitensi.
Il finanziamento ai talebani, divenne un argomento assai discusso dopo gli attentati dell’11 settembre. Qualcuno faceva capire l’assurdità che le autorità occidentali, capaci di operare un controllo molto elevato sulla situazione economica-finanziaria, fossero poi del tutto incapaci quando si trattava di capire i percorsi finanziari del denaro che riguardava il “terrorismo” (e la mafia). Nello stesso mese di settembre del 2001 circolava la notizia, data dall’Ansa, che
"I Taleban grazie all’aiuto dell’Onu si sono dati anche alla raffinazione dell’eroina tant’é vero che bin Laden finanzia la sua vasta rete terroristica con un vero e proprio traffico di eroina nel mondo e con gli enormi capitali illeciti provenienti da questo traffico.”(18)
In realtà gli Usa avevano già pronto l’intervento militare, dato che l’Onu aveva aiutato i talebani a smantellare la produzione di droga (e non ad incrementarla), cosa non certo gradita alle autorità di Washington.
Come al solito, si cercava di generare confusione attraverso i media per giustificare l’imminente intervento militare statunitense.
Quello che stava veramente accadendo non veniva spiegato. In quegli anni (prima dell’occupazione Usa) alcuni funzionari dell’agenzia antidroga dell’Onu avevano convinto i talebani a smantellare la produzione di droga.
Dunque, l’aiuto veniva dato per smettere di produrre droga. Gli Usa non permisero, intervennero e la produzione di droga, dall’1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Di certo i capi talebani che si erano accordati con l’agenzia antidroga dell’Onu per smantellare la produzione di droga furono brutalmente spodestati nel giro di poco tempo.
E gli altri talebani? Siamo sicuri che fossero tutti contro gli Usa? E se invece, com’è probabile, molti di essi salirono sul carro del vincitore cercando di rendersi utili agli occupanti? D’altronde, il parlamento afgano è pieno di personaggi ambigui e in odore di malaffare, i cittadini afgani potrebbe spiegarvelo, ma ovviamente i nostri giornalisti Rai non li vanno ad intervistare.
Di certo oggi i “talebani” non sarebbero da intendere sotto un’unica categoria. Talvolta vengono indicati come “talebani” o “terroristi” i semplici dissidenti, che non hanno alcuna intenzione di fare il presunto "Jihād islamico" ma vogliono semplicemente liberare il loro paese dall’occupazione militare anglo-americana. Alcuni gruppi, invece, sarebbero addirittura complici degli stessi occupanti, prova ne sia che ricevono finanziamenti da strane Ong statunitensi o saudite, e non vengono attaccati ma incaricati di attuare attacchi terroristici per mantenere alto il livello di paura della popolazione, in modo tale da scoraggiare le lotte dei dissidenti o della resistenza.
L’etichetta di "terroristi" è stata data anche alla legittima dissidenza, per non far capire che non si tratta affatto di "portare democrazia" e che il popolo non accetta l’occupazione.
Secondo l’associazione Rawa gli afgani in un primo tempo erano contenti di essersi liberati dall’oppressione talebana ma poi si resero conto che l’intervento statunitense non era fatto per liberare la popolazione. Spiega Mariam di Rawa:
“Quando gli Usa hanno invaso il paese, la situazione era diversa. Molti afgani hanno apprezzato la loro presenza ed erano contenti di liberarsi del dominio oppressivo dei talebani, pensando: ‘I talebani sono stati eliminati, la comunità internazionale è intervenuta, a noi è stata promessa una vita migliore, democrazia e libertà e la fine dei gruppi fondamentalisti’. Nel giro di pochi mesi è stato chiaro che il governo Usa continuava con la politica sbagliata di sostegno ai fondamentalisti, facendo affidamento sui fondamentalisti dell’Alleanza del Nord per combattere un’altra fazione fondamentalista, i talebani. Non importa se gli Usa combattano i talebani o il “terrorismo”: stanno sostenendo l’Alleanza del Nord e per gli afghani entrambi sono la stessa cosa, sono entrambi fondamentalisti e terroristi sostenuti da potenze straniere, che siano l’Occidente, il Pakistan, l’Iran, l’Arabia saudita o qualsiasi altro paese. Essi violano i diritti umani, abusano delle donne, sono colpevoli di corruzione e frode e contrabbando, come noi abbiamo documentato. Fin dall’inizio Rawa ha sostenuto che gli Stati uniti e l’Occidente sono qui per le loro proprie ragioni e non per la libertà del popolo afgano, che ciò che gli Usa/Nato stanno facendo nel nome della democrazia è nei fatti un’irrisione della democrazia… le oneste e serie forze antifondamentaliste e contro l’occupazione hanno ancora la necessità di lottare in clandestinità, senza sostegno e incoraggiamento perché gli Usa hanno paura di vedere emergere un potente movimento progressista in Afghanistan. Chi critica apertamente il governo e i signori della guerra va incontro a minacce, detenzione e restrizioni. Noi stiamo affrontando oggi gli stessi problemi e rischi a cui dovevamo far fronte sotto i talebani. La privatizzazione e il sistema di libero mercato imposto in Afghanistan dal 2001 stanno aprendo la strada al neoliberismo e questo è l’ennesimo incubo del nostro popolo. Sentiamo il suo disastroso impatto sulla gente povera. Il grado di abbandono e povertà in Afghanistan è al di là dell’immaginazione. Il gap fra ricchi e poveri sta diventando più ampio giorno dopo giorno e oltre il 70% degli afghani vive al di sotto della soglia di povertà. Secondo le statistiche ufficiali, il 42% sopravvive con soli 10 dollari al mese, i prezzi alle stelle negli ultimi mesi hanno trasformato la vita in una tortura per la maggioranza degli afghani.”(19)
Insomma, non c’è bisogno che il “Times” ci dia qualche “scoop” per capire che c’è qualcosa che non quadra in Afghanistan. Un gruppo di terroristi sarebbe assoldato dagli stessi Usa per tenere sottomessa la popolazione, e la guerra non è vinta perché da che mondo è mondo le guerre coloniali non si vincono mai. Infatti, un popolo assoggettato ad una potenza straniera non cesserà mai di essere ribelle, e l’occupante avrà bisogno di terrorizzarlo per poter mantenere il potere. La dissidenza (armata oppure no) ci sarà sempre in un paese occupato, specie se questo paese ha una cultura ben diversa rispetto alla potenza occupante. La guerra in Afghanistan, in Somalia, in Iraq e in altri paesi è una guerra contro i popoli che non accettano l’attuale potere imperiale, chi lo nega sta facendo propaganda.
Anche in Iraq il sostegno all’estremismo talvolta emerge, mostrando che è il popolo iracheno ad essere trattato da nemico e distrutto in vari modi. Ad esempio, gli Usa, oltre a fomentare divisioni, hanno rafforzato l’integralismo islamico. Hanno finanziato le milizie di Moqtada Al-Sadr, dedicando a questo personaggio persino un quartiere di Bagdad, chiamato Sadr City (prima si chiamava Saddam City). Moqtada Al-Sadr discende da una delle famiglie più importanti dell’Iraq, ed è un leader dell’integralismo sciita. Il gruppo integralista di Moqtada, vorrebbe scatenare un’ondata di proibizioni, che riguarderebbero quasi tutti gli aspetti dell’esistenza umana, dall’abbigliamento, alle bevande alcoliche, con pene corporali che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Si tratta dell’assetto imposto già alle popolazioni arabe in Arabia Saudita, in Kuwait e in altre dittature compiacenti verso gli Stati Uniti.
Moqtada fece il doppio gioco: convinceva e arruolava i giovani iracheni nell”Esercito del Mahdi”, facendo leva sui sentimenti antiamericani, ma dava istruzioni che gli americani non venissero mai attaccati. Si trattava di strategie per cooptare il malcontento popolare e per impedire vere e proprie lotte contro l’oppressore. Moqtada fingeva di essere contro gli americani e di volere la loro partenza, e la sua propaganda era così convincente che un sondaggio del 2004 lo indicava come il personaggio più popolare in Iraq, dopo Ali Sistani. Nonostante le apparenze, entrambi i personaggi sono stati utilizzati in vari modi dagli Usa allo scopo di tenere sottomesso il popolo iracheno.
In nome della lotta al "terrorismo" sono state uccise centinaia di migliaia di persone in Afghanistan, in Iraq, in Pakistan e in molte altre parti del mondo. Non si tratta di una guerra contro sparuti gruppi di estremisti, come vorrebbero farci credere, ma di una guerra contro i popoli, altrimenti non si spiegherebbe il numero altissimo di vittime civili.
In conclusione, per capire la situazione dei paesi occupati dalle autorità Usa occorre considerare che il “nemico” che essi indicano ufficialmente non corrisponde al vero. Il loro vero nemico non possono indicarlo, dato che se indicassero come nemico il popolo che lotta per la libertà svelerebbero la loro propaganda orwelliana.
Per quanto sia paradossale e inquietante la verità, occorre evitare di continuare a farsi ingannare poiché ciò equivale a suffragare un sistema basato sulla guerra e sul controllo criminale dei popoli, che deve essere abbattuto se l’umanità vuole avere un futuro.

Fonte

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NOTE
1) http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/09/10/16/mazzette-talebani-times-insiste-79852.html
2) Cochin Augustin, “Lo spirito del giacobinismo. Le società di pensiero e la democrazia: una interpretazione sociologica della Rivoluzione francese”, Bompiani, Milano 1981, p. 51.
3) In arabo significa "scuola", le madrasse sono le scuole religiose islamiche.
4) Rashid Ahmed, "Talebani. Islam, petrolio e il grande scontro in Asia centrale", , Feltrinelli, Milano 2002, p. 66.
5) Rapporto Amnesty International "Afghanistan Grave Abuses in the Name of Religion", Londra, novembre 1996.
6) http://pz.rawa.org/it/attack_it.htm
7) "Il manifesto", 3 giugno 2001.
8) Ad esempio, le donne di Herat, nel 1996, avevano organizzato una grande manifestazione di protesta contro i talebani, ed erano state picchiate e arrestate dalla polizia. I media occidentali e l’Onu ignorarono l’evento.
9) Il Ministero degli Esteri libico aveva chiesto l’arresto di Osama Bin Laden per un duplice omicidio avvenuto nel 1994 in Libia. Il mandato di cattura fu emesso dall’Interpol il 15 aprile del 1998.
10) Cooley John K., "Una guerra empia", Elèuthera, Milano 2000, p. 388.
11) Margolis Eric, "U.S.-Russian Crusade Against Osama Bin Laden", "The Toronto Sun", 4 dicembre 2000, cit. in Ahmed Nafeez Mosaddeq, op. cit. p. 38.
12) Pilger John, discorso fatto alla UWA Extension Summer School Lecture Winthrop Hall, Università dell’Australia occidentale, il 12 gennaio 2004. traduzione a cura di www.arabcomint.com
13) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
14) http://minimaetmoralia.wordpress.com/2009/09/02/l’industria-della-solidarieta-linda-polman-e-il-big-business-umanitario/
15) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
16) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
17) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
18) http://www.radioradicale.it/scheda/189932/bye-bye-arlacchi-il-triste-commiato-del-leader-globale-della-lotta-alla-droga
19) http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/pagine/151Rawa.html
PER APPROFONDIRE
Ahmed Nafeez Mosaddeq, “Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione "Indipendente" Usa sull’11 settembre e su Al Qaeda”, Fazi Editore, Roma 2004.
Baer Robert, “Dormire con il diavolo, Come Washington ha venduto l’anima per il petrolio dell’Arabia Saudita”, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2004.
Branca Paolo, “L’Islàm radicale tra miti e realtà”, ISU Università Cattolica, Milano 1996.
Chossudovsky Michel, “Guerra e globalizzazione. La verità dietro l’11 settembre e la nuova politica americana”, EGA-Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002.
Coll Steve, “La guerra segreta della CIA. L’America, l’Afghanistan e Bin Laden dall’invasione sovietica al 10 settembre 2001”, Rizzoli, Milano 2004.
Cooley John K., “Una guerra empia”, Elèuthera, Milano 2000.
Cockburn Andrew, Cockburn Leslei, “Amicizie pericolose. Storia segreta dei rapporti tra Cia e Mossad, dalla fondazione dello Stato d’Israele alla guerra del Golfo”, Gamberetti, Roma 1993.
Kleeves John, “Un paese pericoloso – storia non romanzata degli Stati Uniti D’America”, Società editrice Barbarossa, Milano 1999.
Mamdani Mahmood, “Musulmani buoni e cattivi. La guerra fredda e l’origine del terrorismo”, Laterza, Bari 2005.
Mann Michael, “L’impero impotente. Perché il nuovo imperialismo americano può portare al disastro gli Usa e il mondo”, Piemme Edizioni, Casale Monferrato (AL) 2004.