Capita che passi tutto il giorno a leggere (giornali, flash d’agenzia e documenti). Capita che quando non leggi, scrivi. Capita che – siccome ti interessi di economia e l’economia va male – capita, si diceva, che spendi tutto il tuo tempo a parlare di crisi e (semi)diluvi universali. Insomma e per farla breve: il dominus di questo blog – oggi – era un po’ stanco. E ha pensato bene di andare a prendere una boccata d’aria e fare una passeggiata. Così, per distrarsi, diciamo.
Già.
Poi, però, lungo il Corso della sua città – Corso che, senza troppa fantasia, si chiama Vittorio Emanuele – ha incontrato uno…
… due…
… tre…
negozi chiusi. E in quella che è la via dello shopping della città in cui è nato (che poi è Piacenza, ridente località della ricca Emilia).
Finita lì? Purtroppo, no.
Non è finita lì, perché dopo un caffè, la passeggiata tra le vetrine è continuata. E così è spuntata fuori una quarta…
… una quinta…
una sesta (questa, così recita il cartello, “temporaneamente”) …
serranda abbassata. E di nuovo: finita lì? Macché. Perché proseguendo, nella viuzza pedonale (via Venti settembre) che incrocia il Corso, si incontravano ancoro una…
e due…
vetrine vuote.
Ora. Va detto che negli ultimi anni – a Piacenza come nel resto d’Italia – sono spuntati centri commerciali come funghi che hanno tolto lavoro ai negozi del centro. E poi l’idea di limitare il traffico nel cuore della città – cosa di cui si lamentano tanti negozianti – non avrà giovato. E comunque una passeggiata non ha valore statistico. E, in ogni caso, tra il Corso e via Venti settembre ci saranno almeno altri 150 negozi (sì ho provato a contarli, ma un po’ a spanne) e tutti e centocinquanta, invece, faranno ottimi affari.
Et cetera, et cetera.
Ma sta di fatto che – l’anno scorso, col Natale alle porte – tante vetrine vuote, e serrande abbassate, e negozi chiusi semplicemente non c’erano. E – a memoria di chi scrive – non ci sono mai stati.
Per cui: avrà anche ragione il piccolo “Geiar“ de’ noantri – insomma quello che ce l’hanno tutti con lui; insomma Berlusconi. E il peggio della crisi sarà anche passato. E l’Italia ne uscirà meglio degli altri. Ma chi scrive ha la netta sensazione che uscirne – appunto – non sarà proprio una passeggiata di salute.