(Quella che segue è la risposta del ricercatore universitario che nessuno ha pubblicato per intero)
di
Antonio Caracciolo
Stavo ancora dormendo ed il telefono continuava a squillare. Ho avuto paura. Temevo per una mia anziana zia, l’unica sorella di mio padre rimasta ancora in vita. Era invece un amico che mi avvisava di aver sentito da una rassegna stampa che sarei finito in prima pagina su Repubblica e forse anche altrove. Io non ne so ancora nulla e non muterò le mie abitudini: non compro giornali all’edicola. Aspettavo ieri per la verità una telefonata da parte di un giornalista di Repubblica che però non vi è stata. Aveva trovato il mio cellulare su facebook (che mi sono affrettato a cancellare) e mi aveva chiamato ed io avevo risposto qualcosa ma senza poter approfondire. Gli ho dato il fisso dichiarandomi disponibile a rispondere a sue domande purché deontologicamente corrette e non mi facesse poi dire il contrario di quel che penso, come è successo un’altra volta con un giornalista, la cui disonestà resta per me esemplare e istruttiva.
Riguardo ai temi caldi, oggetto di possibile speculazione, preciso per comodità dei pigri o di chi non ha tempo per leggere le migliaia di pagine scritte su questo blog o non vuol seguire tutto il polverone preciso quanto segue in dieci punti costantemente rivisti e aggiornati.
1. Professionalmente parlando non sono uno storico revisionista, etc. etc. Non mi intendo e non mi occupo di camere a gas e cose simili. Naturalmente ho letto e vado leggendo libri a sostegno dell’una e dell’altra posizione. Sarei un timido se dicessi che una qualche opinione non me la vado formando, ma ribadisco che sono io il primo a non dare importanza ad una mia opinione che non è mai diventata posizione sul merito delle questioni. E quindi ben conoscendo la malafede dei miei detrattori rivendico il diritto a non rispondere sulle mie private opinioni, mentre invece mi batto con tutte le mie forze sulla posizione di vuol difendere il sacro principio della libertà di pensiero e di ricerca. Uso i termini “concetti” e “posizioni” nell’accezione di Carl Schmitt formulati e applicati nell’omonimo volume da me tradotto e prefato.
2. La mia posizione come cittadino e come studioso è che debbano avere tutta la loro vigenza costituzionale gli artt. 21 e 33 della costituzione, cioè: libertà di pensiero e libertà di ricerca. Nel mio monitoraggio mi è capitato di imbattermi in un parlamentare che diceva grosso modo “Purtroppo c’è l’art. 21 che…”. Ma mia posizione è: “Per fortuna che c’è ancora l’art. 21…”. Ma la libertà di pensiero è sempre più minacciata ed è di ieri una notizia che mette l’Italia agli ultimi posti nelle difesa di questa libertà che non deve essere confusa con la libertà di stampa.
3. Sono vivamente allarmato di vedere come questi articoli fondamentali per la nostra democrazia vengano sempre più elusi e disattesi. In Torino un docente di liceo è stato sottoposto a visita psichiatrica per aver osato criticare Israele a seguito di una domanda, forse fraudolenta, a lui posta da una sua allieva. In Roma un professore di liceo è stato sospeso a seguito di campagna di stampa abilmente orchestrata. Spedizioni punitive vengono fatte da squadracce che nulla hanno da invidiare ad altre squadracce di triste memoria. E si potrebbe continuare. Di quanto sta succedendo vado a fare monitoraggio ed ho di che essere preoccupato. Sui nostri politici in quanto custodi delle nostre libertà non vi è da fare nessun affidamento. Sono molto più interessati ai loro privilegi, alle loro prebende, che non alle libertà dei cittadini, di cui invece dispongono le potenti lobbies.
4. In paesi di antica civiltà come Germania e Francia si mandano in galera con estrema facilità persone di nulla responsabili che di avere le loro opinioni e le loro tesi, opinabili quanto si vuole, ma certamente non “reati” o “crimini in sé”, come taluni cattivi spiriti da me monitorati vorrebbero e pretenderebbero. Manco i cani stanno più tranquilli: si vada alla storia del cane Adolf narrata da Maurizio Blondet.
5. Io sono sì un docente ricercatore alla Sapienza – sono più fiero e orgoglioso della parte “ricercatore” che non di quella “docente –, ma qui in questa scrivania sono a casa mia. Più avanti a destra vi è una porta blindata che mi dovrebbe proteggere dall’esterno.
6. Poiché ho imparato a essere sospettoso, dico ai malpensanti che il programma dei miei corsi degli ultimi anni va dalla fine della prima guerra mondiale all’inizio della seconda. Spiego i contenuti del volume di Carl Schmitt, Posizioni e concetti in lotta con Weimar-Ginevra-Versailles 1933-1939, dove di “Olocausto” e simili non si tratta. Sconfinamenti causali riguardano altre opere di Schmitt da me tradotte e prefate, in particolare la Dottrina della costituzione, che è del 1928 e che sarà forse oggetto della mia occupazione didattica nel prossimo semestre. Tra gli ultimi argomenti trattati vi è stata la Tirannia dei valori nelle diverse edizioni apparse in italiano e confrontata con l’originale tedesco.
7. Sono sempre stato assolutamente ligio ai miei doveri universitari: ciò mi si chiede di fare o di non fare io faccio o non faccio, ma ho sempre saputo e sempre mi è stato detto che libertà di pensiero e di ricerca sono valori sacri per ogni studioso, grande o piccolo che sia, ma degno di questo nome. I miei pochi studenti sono liberi di frequentare i miei corsi. Non solo hanno piena libertà di intervenire e contraddirmi, ma sono sollecitati da me a farlo ed insegno loro anche le regole del corretto dibattito scientifico: ad argomento si risponde con argomento. Come “ricercatore” non rigorosamente tenuto alla “docenza” e sulla base dell’intricata normativa che non ha mai veramente disciplinato lo status di ricercatore, posso liberarmi della “docenza”. Per cui vi è una situazione ideale dove docenti e discenti si possono incontrare sulla libera scelta e accettazione reciproca. Un grande filosofo spagnolo, che mi onorava della sua amicizia, soleva dire e scrivere che l’autorità di un docente si basa sulla fiducia dei suoi studenti, non sul registro di classe e sul potere di dare voti. Mi dice un mio amico Avvocato, che ha letto l’articolo e me ne ha dato un parere legale, che vi sarebbe soltanto di censurabile un certo ad una sorta di incitamento alla violenza nei miei confronti a mezzo stampa. Ho già ricevuto qualche telefonata non proprio cortese, ma anche più numerose attestazioni di solidarietà per le quali ringrazio. Diffido pubblicamente chiunque a recarmi molestie di alcun genere. Intuisco la malafede altrui e forse le intenzioni. Io sono fiero di essere un Ricercatore e non mi piace chiamarmi Professore. Ma ciononostante ho sempre goduto della stima e dell’affetto dei miei studenti, che non ho mai voluto fossero numerosi. Non avrei potuto curarli. Chi deve capire spero capisca.
8. In rete, ho trovato e trovo molte sciocchezze su Carl Schmitt.
In ultime dette da un illustre accademico francese. Ho incominciato a farne la critica, ma distratto da altre cose ho poi trascurato un altro mio blog tematico: i Carl Schmitt Studien, dove tratto i temi e la letteratura schmittiana. Trovo però più utile e produttivo verificare la validità delle analisi di Carl Schmitt attraverso l’esame della contemporaneità che non attraverso lo sfoglio e la classificazione di una letteratura, certamente abbondante, ma spesso ripetitiva oltre che strumentalmente denigratoria. Già a suo tempo Carl Schmitt scriveva che la lettura di Bodin e di Hobbes lo aiutavano meglio a comprendere il presente che non gli scrittori contemporanei. Per non parlare poi dei giornalisti o degli ascari assoldati per scopi politici. In America vi è stato un indebito appropriamento del pensiero di Schmitt, che però è il nostro Machiavelli, certamente avente a cuore più di ogni altro la libertà dei nostri popoli d’Europa, da lui già presagita come obiettivo irraggiungibile negli scritti dal 1923 al 1939. Ho ripetutamente spiegato – come già possono sperimentare i lettori di questo post – che considera la scrittura sulla rete del tutto diversa dalla scrittura sulla carta stampa. Qui è un pensiero rigido e morto. Sulla rete, volendo, è un pensiero perennemente in formazione e revisione. Non credo che questa distinzione che mi sono sforzata di spiegare ad alcuni giornalisti sia compresa. Si adottano per la scrittura sulla rete le stesse rigidità della carta stampata e spesso la rete imita la carta stampata. Ho spiegato che per me non è così. Chi può e vuol conoscere il mio pensiero lo deve conoscere da me direttamente, non su bozze in costante elaborazione e di cui data la vastità spesso mi dimentico.
9. A differenza di molti miei colleghi, che ancora diffidano del mezzo, io mi servo di internet, in particolare, di un sistema di oltre 30 blogs fra loro collegati, dove ancora in forma di bozza e di ipotesi traccio pubblicamente le linee dei miei interessi teorici e delle mie ricerche. È come se fosse una bottega di lavoro aperta, dove chi lo desidera può curiosare. Ed è per questa via che sono oggi finito sulla prima pagina di Repubblica. Se si parli bene o male, non so. In pratica, per ogni nuovo interesse anziché pensare alla solita pubblicazione accademica, apro un nuovo blog, cui se del caso seguirà la carta stampata.
10. Io sono qui a disposizione di chiunque abbia argomenti da porre. Non considero ricevibili insulti, stupidaggini e tutto ciò che è perdita di tempo. Le critiche sono state da me sempre bene accette, quando però sono critiche. Spesso non lo sono… Sul piano del metodo scientifico e del dibattito franco ed onesto non mi sento inferiore a nessuno. Aspetto. Pubblico i commenti pubblicabili, ma avverto che potrò rispondere a tutti solo cumulativamente. In particolare avverto che l’articolo di Repubblica non è filologicamente affidabile e quindi lo disconosco interamente per ciò che vorrebbe far credere.
RASSEGNA STAMPA COMMENTATA
1. Prima scorrettezza: il titolo di Repubblica. – Io non ho detto quella frase che si legge nel titolo, in prima pagina di Repubblica, il quale da il senso dell’insieme. Posso arguire che il giornalista Pasqua, che non ho telefonato, abbia commesso la prima grave scorrettezza. Ho detto e ripetuto ad abundantiam che come cittadino oltre che come studioso io mi attesto sul principio della libertà di pensiero e di ricerca. Non sono un ricercatore di camere a gas e simili. Denuncio una mala fede ed un’orchestrazione di stampa e di media come altre ve ne sono state. Dove essa appoderò, non lo so bene ancora.
2. Non solo il titolo: anche il contenuto è falso e scorretto. – Si tratta di un’accozzaglia di frasi slegate estratte fra migliaia e migliaia di pagine. Già in passato, durante i processi medievali davanti all’Inquisizione, si poteva mandare sul rogo chiunque adottando questo sistema. Dubito fortemente che chi ha confezionato l’articolo abbia la minima intelligenza dei problemi sfiorati. Come ha detto Berlusconi, di cui mi sono professato strenuo sostenitore, da questo giornalismo non possiamo aspettarci nulla di buono. Credo che l’articolo possa essere da me respinto nella sua interezza non perché le frasi virgolettate, per lo più bozze provvisorie, non possano essere state scritte, ma perché nel modo in cui sono combinate, travisano completamente la mia posizione contenuta in due numeri: articoli 21 e 33 della costituzione. Il resto è tutto opinabile. Capisco anche perché il giornalista Pasqua non ha fatto quella telefonata che doveva fare. Mah! In che paese viviamo. A caccia di escort, di macchiette e di mostri da sbattere in prima pagina.
3. Interviste concesse. Già due. Sta diventando faticoso spiegare a tutti le stesse cose, invero piuttosto semplici. Andiamo avanti. Siamo in guerra. Adesso arriva il tg3. Ma sono stanco. È sleale. Sono stanco. Se questo è un pugilato, chiedo una pausa. E per i prossimi combattimenti chiedo un avversario alla volta. Non tutti insieme: questa è una operazione piombo fuso. Tutti hanno lo stesso chiodo fisso: mettermi all’angolo senza tenere minimamente in conto le spiegazioni e le posizione espresse, cioè di una posizione a rigida tutela della libertà di pensiero e di ricerca. È davvero regime, e del genere più brutto.
4. Il Corriere della Sera. – È stata istruttiva la lunga telefonata con un giornalista del Corriere della Sera, che si presentava con aria sorniona, ma che alla fine voleva che io gli dicessi per forza cosa ne pensavo sull’Olocausto e simili, dove chiaramente l’unica risposta lecita era quella che lui voleva sentire da me. A nulla serviva ripetergli cento volte che io non mi occupo professionalmente di questi temi e che se mai avrebbe dovuto recarsi presso quelli che se ne occupano. Mi sono sgolato per una mezz’ora a spiegarmi che la mia discesa in campo, pubblica, era per la libertà di pensiero e di ricerca, che è distinta, nettamente distinta dal suo oggetto, che può spaziare alla migliore coltivazione delle patate ai più astrusi problemi di astrofisica. L’insolenza e la fraudolenza del personaggio si è rivelato alla fine. Gli ho anche spiegato che la libertà di pensiero non è la libertà di stampa, cioè la sua libertà di pubblicare sul mio conto quello che gli pare senza tener conto delle mie delucidazioni. Non concederò più altre interviste se non a giornalisti che mi siano noti personalmente o della cui serietà e professionalità non ho da mettere. Sono visibilmente stanco. Sto pensando a una conferenza stampa, ma prima vorrei un poco lasciar decantare la cosa e soprattutto riposarmi e recuperare la mia serenità. Stacco la spina per questa sera. Domani si vedrà. Insisto nel denunciare una vera e propria campagna preparata a tavolino.
5. Linea notte. – Ahimé sono proprio sotto tiro. Giudicate voi. Alla Paone che mi aveva chiesto se sono “Antisemita” ho subito risposto con decisione che Non sono antisemita! Ma ha taglia questa mia parte essenziale della risposta, anzi La risposta, ed ha lasciato solo quella parte , esplicativa, dove dico che sarei grato a chi mi spiegasse il significato del termine antisemitica che è oggi quanto mai abusato. Ho poi detto (ed anche questo è stato tagliato) che ho aperto un apposito post per raccogliere tutti i contesti in cui il termine viene usato e cercare in questo modo di enuclerarne un significato linguistico. La Paone è poi andata a trovare su 150.000 studenti iscritti di cui le interessava dicessero le cose che lei voleva. Quanto al Rettore, che è un medico e non uno storico, ho appena scritto una lettera ricordandogli che gli avevo chiesto il permesso di andare non a Dachau, ma a Gaza. Per fortuna non mi ha risposto perché sarei stato sorpreso da "Piombo Fuso” e probabilmente sarei perito sotto le macere dell’università islamica di Gaza. Ho ringraziato il mio Rettore per avermi salvato la vita. Ho insistito nuovamente nel dirgli che professionalmente non mi occupo di Olocausto e simili, ma che sto denunciando un serio pericolo per la libertà di pensiero e di ricerca. Quali siano le evidenze storiche maggioritarie o minoritarie, mi rimetto anche io alle opinioni che gli storici credono di poter dare su questa o su altre questione, ma nell’intesa irrinunciabili che siano tutti liberi nelle loro ricerche. Sappiamo che in Germania, Francia, Svizzera, non è così. Ad estendere anche all’Italia questa legislazione ci si è provato qualche anno fa con il progetto Mastella, contro il quale sono insorti tutti gli storici. Credo che a governo mutato chi allora aveva tentato questa operazione ci voglia riprovare contando forse su un governo più favorevole. Come elettore fedele di Berlusconi mi appello al Capo del governo per essere da lui difeso per il contenuto dell’art. 21 e 33 della costituzione, ribadendo per la millesima volta che io non mi occupo di questioni relative ai campi di concentramento, ma di libertà di pensiero connessa anche a questi temi, di cui dichiaro di non aver specifiche competenze. Spero che qualcuno al governo legga queste mie dichiarazione autentiche. Sconfesso e smentisco tutte le interviste che ho potuto ascoltare in quanto risultano falsate e manipolate rispetto al pensiero che avevo inteso esprimere.
6. Ho iniziato questa mattina con una prima lettera a Repubblica e per conoscenza al mio Rettore. La giornata di ieri, dopo aver concesso un paio di interviste a due televisioni, mi hanno comprendere le astuzie dei cosiddetti giornalisti, soprattutto quando hanno deciso di mettere qualcuno alla gogna. Non saprei se è stato un errore essermi offerto alle televisioni. Sapevo però cosa avrei detto e cosa intendevo dire. Quando però mi sono rivisto, ad esempio la sera a Linea Notte, ho visto che hanno totalmente tagliata la parte che io intendevo comunicare e intendevo che apparisse. Loro sono decisamente provocanti nelle domande ed io quasi certamente sono caduto nel tranello che avevano già deciso di tendermi. Nulla però impedisce una controffensiva. Abbiamo ancora questa cosa che è la Rete e che pure ci vogliono togliere. Ho pensato di cominciare questa mattina da lì dove la cosa è partita, cioè Repubblica. Ho mandato la lettera che qui segue e che a causa della stanchezza che incomincio ad avvertire non è nel mio migliore stile. Ho avvertito la segretaria di Repubblica che avrei pubblicato anche qui nel blog il testo della lettera, con riserva successiva di miglioramenti formali e sostanziali. Ecco il testo della Lettera:
Al Direttore della Repubblica,
e p.c. Al Rettore Luigi Frati
Ho trovato nella vostra edizione di ieri 22 ottobre un articolo di tal Pasqua interamente a me dedicato. Trattasi di una totale alterazione e falsificazione del mio pensiero non perché le frasi riportate non possano essere a me riconducibili, ma perché trattasi di una collazione di frasi staccate dal loro contesto organico di migliaia e migliaia di pagine in continua elaborazione e modificazione. Il tutto deve essere inteso unitariamente se si vuole conoscere il mio pensiero. Stante la continua elaborazione e l’ingente mole di testi e di argomenti trattati, è però sempre necessaria la mia interpretazione autentica per chi ne voglia fare un uso esterno ai miei blogs: non ho autorizzato né estratti né manipolazioni. Simili metodi venivano usati dal Tribunale dell’Inquisizione per mandare sul rogo moltissime persone. In un certo senso vi ringrazio per avermi fatto intendere come mai prima d’ora la differenza abissale fra la libertà di stampa che è solo vostra (a mio danno) e la libertà di pensiero che è mia e di ogni comune cittadino, anche analfabeta. Non ho dunque che da sconfessare interamente il contenuto dell’articolo di Pasqua in quanto manipolato nel senso sopra detto.
Peraltro il Pasqua, che mi aveva inizialmente raggiunto sul cellulare, nel quale ho fornito spiegazioni essenziali da lui comunque non riportate nell’articolo, ha poi omesso di chiamarmi il giorno successivo sul mio telefono fisso, avendo io consentito di chiarirgli meglio quanto necessario e di seguito sinteticamente riportato.
Non mi occupo professionalmente e scientificamente di temi riguardanti i campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Come filosofo del diritto mi occupo invece dei temi attinenti la libertà di pensiero e di ricerca. Essendo a me noto che sui temi suddetti in paesi come Germania, Francia, Svizzera e spero non anche in Italia esiste una lunga detenzione penale per quelle che io ritengo mere opinioni o tesi o ipotesi di lavoro in quanto tali lecite e garantite non solo dalla nostra costituzione ma dalla dichiarazione universali dei diritti, io ho inteso scendere pubblicamente in campo per la strenua difesa di questi valori costituzionali che sento minacciati: libertà di pensiero e libertà di ricerca, che chiaramente suppongono un loro oggetto, che potrà essere mutevole nel tempo e che nel caso specifico riguarda i campi di concentramento, non oggetto di mia occupazione scientifica e professionale.
Questo e quanto: nulla di più e nulla di meno. Il resto è dettaglio e strumentalizzazione, alla quale credo il vostro giornale sia uso.Antonio Caracciolo
– Filosofo del diritto
Per un poco di tempo non scriverò altri post concentrando tutti gli sviluppi della campagna su questo unico post, che mando nella sua interezza anche a Repubblica. Ringrazio per i numerosi messaggi di solidarietà. Ho lavorato anche oggi. Sono stanco. Mi arrivo anche qualche messaggio da parte di provocatori: hanno tanto altro spazio a disposizione da dove lanciare i loro strali!