Prima la carota. Poi la bastonata. Come da copione. Eh, sì. Perchè chi scrive  ormai è abituato a pensar male. E così martedì scorso – quando il governo inglese, per bocca del suo ministro del Tesoro, Alistair Darling aveva annunciato di voler far soffrire le solite banche “cattivone”, con tanto di misure eccezionali ed effetti speciali – si diceva: quando era arrivata questa lieta novella, chi scrive aveva evitato di stappare lo champagne. E si era subito chiesto dove fosse la fregatura. E la fregatura è arrivata oggi, puntuale, già verso l’ora di colazione. Per farla breve, la notizia è questa: gli inglesi saranno costretti – di nuovo – a mettere mano al portafoglio. E a sganciare 31 miliardi e rotti di sterline  – ovvero: quasi 35 miliardi di euro; ovvero anche 51 miliardi di dollari – per salvare le solite banche di sua Maestà: Royal bank of Scotland e Lloyds. Che – non una vita fa, ma giusto un annetto fa – di miliardi (di pound) dei contribuenti, ne avevano già ingurgitati ben 37.

Insomma, ci risiamo. Il peggio della crisi – monotono mantra della politica che (non) conta – sarà anche passato. Ma la stagione dei “bail out” – cioè dei salvataggi – a spese dello Stato, pare ancora ben lungi dall’essere finita. E il conto, per la gioia di Pantalone, continua ad ingrossarsi.

Ma – per spiegare genesi e storia di questa ennesima stangata in salsa inglese – sarà bene fare un passo indietro. E tornare, appunto, a martedì scorso. Quando il ministro del Tesoro aveva annunciato di avere in testa un’idea meravigliosa: rendere – una volta e per tutte – il sistema bancario inglese “più sicuro e più competitivo”. Come? Elementare, cari contribuenti. Aveva spiegato il ministro: costringeremo alcune banche a vendere sportelli e attività ad altri concorrenti e, perchè no?, anche a volti nuovi che si volessero avventurare nel mondo burrascoso della finanza in terra anglosasone. Le banche nel mirino di Darling? Sì, due. Le solite Royal Bank of Scotland – salvata nel 2008 con 20 miliardi di sterline dallo Stato, che si era comprato il 70% delle azioni; e Lloyds banking group – salvata sempre un anno fa con 17 miliardi di sterline dallo Stato, che si era comprato il 43% delle azioni. Del resto: avevano voluto i soldi pubblici? Bene, ora era arrivato il momento di “dimagrire” e vendersi un po’ di gioielli di famiglia. Questo il ragionamento del ministro. Che aveva quasi il sapore delle favolette morali dei tempi che furono. Ma cui è mancato il lieto fine.

L’idea, infatti, era meravigliosa. E il piano del governo – o meglio l’accordo raggiunto con Royal bank of scotland e Lloyds, e presentato oggi alla stampa – in effetti prevede un po’ di ceci e cilicio. Le due banche non pagheranno bonus ai dipendenti nel 2009. E dovranno vendersi un bel po’ di roba. Tanto che – secondo i calcoli del “Wall Street Journal” – l’operazione dovrebbe far finire sul mercato, nei prossimi anni, poco meno del 10% dell’intero sistema bancario (retail) britannico. Epperò c’è il però. L’accordo prevede anche che a Royal bank of Scotland vadano altri 25,5 miliardi (di sterline) di soldi pubblici (che sommati ai 20 dell’anno scorso, fanno 45,5 miliardi di sterline; il salvataggio, secondo l’agenzia di stampa americana Bloomberg, più costoso della storia delle banche). Più altri 5,8 miliardi – sempre di sterline e sempre dei contribuenti – che finiranno nelle tasche di Lloyds (attraverso un corposo aumento di capitale).

E non è finita qui. Perchè Royal bank of Scotland – in caso di bisogno – potrà mettere le mani su altri 7 miliardi di sterline messi sempre a disposizione dai generossissimi contribuenti. E perchè il governo del premier Gordon Brown – pensando al futuro – ha anche messo a punto un programmino chiamato Asset protection scheme (Asp). Che potrebbe portare  altri dispiaceri alle già disastrate finanze pubbliche inglesi (che, per la cronaca e come abbiamo scritto qui, stanno patendo un vero e proprio boom del debito).

Al peggio, infatti, non c’è mai fine. E il programmino metterà al riparo Royal Bank of Scotland da eventuali guai futuri. Ma – eventualmente – a pagare saranno i soliti noti. Per farla breve: lo Stato garantirà qualcosa come 280 miliardi di sterline di mutui e investimenti ad alto rischio che si trovano nei bilanci di Rbs. Che in cambio verserà nelle casse pubbliche 700 milioni di sterline all’anno (per capirci: un po’ come il premio dell’assicurazione). Unica nota positiva – e positiva, si fa per dire – Lloyds non parteciperà a questo Asset protection scheme. E – bizzarria numero uno – per non farsi “assicurare” dallo Stato, pagherà 2,5 miliardi di sterline allo Stato. Soldi – bizzarria numero due – che Loyds potrà tranquillamente prelevare dai 5,8 miliardi di sterline che si farà dare – ovviamente – dallo Stato di cui sopra.

Ma qual è davvero la cattiva notizia, quindi? Che le banche mungeranno altri danari dei contribuenti? No e sì. Ma alla fine no.

No, perchè sarà anche impopolare dirlo, ma va detto: aziende, contribuenti e lavoratori poverazzi di sua Maestà in passato si erano indebitati troppo (tanto che il debito privato, secondo dati citati da Repubblica, in Gran Bretagna era arrivato alla stratosferica cifra del 168% del Pil). Ed ora è giusto che paghino il conto assieme alle banche.

, perchè – in questo modo – il peso del debito diventato pubblico e degli errori di valutazione dei banchieri, e della stagione dei bonus da favola peserà allo stesso modo sulle spalle di tutti. Anche su chi i debiti li aveva fatti (o non fatti) con giudizio.

Ma comunque no. Perchè alla fine il dato che più da da pensare è un altro. E cioè: la Gran Bretagna l’anno scorso – proprio in autunno, ad ottobre – aveva staccato un maxi assegno da 37 miliardi di sterline. Ed ora – nonostante le mille rassicurazioni e anche se con qualche variante – la storia si ripete. Per cui – e qui sta il punto – è lecito chiedersi: ma sarà davvero finita qui o qualche banchiere o politico distratto – come il ministro del Tesoro inglese che si era scordato di accennare ai miliardi da iniettare nelle banche – ci riserva qualche altra sorpresa (nascosta da qualche parte, in giro per il mondo)?

Quella sì che sarebbe non una cattiva, ma una pessima notizia.

P.S. Per chi volesse saperne di più sull’ultima scialuppa di salvataggio lanciata alle banche: leggere qui, qui, qui e qui. I link sono tutti a giornali on line in inglese. Anche perchè la stampa italiota ha dedicato – finora – pochissimo spazio alla faccenda. Del resto: non c’erano di mezzo trans e escort, e neppure mali di stagione. Insomma: per gli standard italioti era – effettivamente – una non notizia.

 

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