DI
AMBROSE EVANS-PRITCHARD
telegraph.co.uk
“I problemi intrinseci del sistema economico internazionale non sono stati affrontati completamente”, ha detto il presidente cinese Hu Jintao. Sicuramente no. La Cina sta ancora esportando verso il resto del mondo un eccesso di capacità produttiva su vasta scala, con conseguenze deflazionistiche.
Mentre alcuni si preoccupano per un’inflazione guidata dalla liquidità, Justin Lin, il responsabile economico della Banca Mondiale, ha affermato che il pericolo maggiore è che i livelli record di stabilimenti fermi quasi ovunque possa portare ad una spirale verso il basso di tagli di posti lavoro e di fallimenti aziendali. “Sono più preoccupato per una deflazione”, ha detto.
Tenendo lo yuan a 6,83 sul dollaro per spingere le esportazioni, Pechino sta riversando la sua disoccupazione all’estero – “rubando i posti di lavoro americani”, dice il premio Nobel Paul Krugman. Finché la Cina continua a farlo, anche le altre tigri devono fare altrettanto.
I capitalisti occidentali sono ovviamente complici. Affittano manodopera a basso costo e impianti a buon mercato nel Guangdong, poi fanno pressioni su Capitol Hill per impedire al Congresso di prendere provvedimenti. Questo è arbitraggio sulla manodopera.
Ad un certo punto i lavoratatori americani si ribelleranno. La disoccupazione negli Stati Uniti è già al 17,5% secondo l’indice allargato “U6” che viene seguito da Barack Obama. Realty Track sostiene che solamente in ottobre sono stati pignorati 332,000 immobili. Hanno perso la perso la casa più americani quest’anno che durante l’intero decennio della Grande Depressione. Ed è probabile che ci sia un arretrato di 7 milioni di abitazioni in attesa di esproprio da parte dei creditori. Se non state prestando attenzione a questa bomba politica ad orologeria, forse fareste meglio a farlo.
Il Presidente Obama ha dichiarato prima di partire questa settimana per la Cina che l’Asia non può più vivere inviando merci agli americani che sono già indebitati fino al collo. “Abbiamo raggiunto uno di quei rari punti di flesso nella storia in cui si ha la possibilità di intraprendere un cammino diverso”, ha detto. Se non dovessimo intraprendere quel cammino “creerebbe delle tensioni enormi” sui rapporti americani verso la Cina. Si tratta di una minaccia?
Va di moda parlare dell’America come se si trattasse di un mendicante. Tutto questo dà un’idea sbagliata dell’equilibrio strategico. Washington può mettere la Cina in ginocchio in qualunque momento chiudendo i mercati. Non esiste alcuna simmetria. Qualunque mossa di Pechino per liquidare i propri pacchetti di Buoni del Tesoro americani potrebbe essere neutralizzata – in extremis – dai controlli sui capitali. Gli stati sovrani ben armati possono fare quello che vogliono.
Se venissero provocati, gli Stati Uniti hanno l’accortezza economica di ritirarsi in una quasi autarchia (con il NAFTA) e riorganizzare le proprie industrie dietro a delle barriere doganali, come fece la Gran Bretagna negli anni Trenta sotto l’Imperial Preference. In simili circostanze, la Cina crollerebbe. Le statue di Mao verrebbero rovesciate dalle sommosse nelle strade.
La scorsa settimana Hu è sembrato conciliatorio. La Cina sta intraprendendo azioni “decise” per ridurre il proprio affidamento sulle esportazioni, che è ancora al 39% del PIL. “Vogliamo aumentare la possibilità di spesa della popolazione”, ha sostenuto.
Pechino sta in realtà spingendo sulle pensioni e sull’estensione dell’assicurazione sanitaria nelle campagne in modo che la gente senta meno il bisogno di risparmiare, ma le rivoluzioni culturali richiedono tempo. Finora tutto quello che abbiamo visto sono stati dei “piccoli passi”, dice Stephen Roach di Morgan Stanley.
La realtà è che buona parte dell’incentivo di Pechino da 600 miliardi di dollari è stato speso nella costruzione di altri stabilimenti e infrastrutture in modo che la Cina possa spedire altre merci, oppure si è infiltrato nel mercato immobiliare e nel mercato azionario.
Il credito è esploso. Stanziato dai capoccia maoisti per scopi politici, è diventato assurdo. La Cina sta muovendo una quantità di acciaio pari agli altri otto produttori messi insieme. Sta sfornando più cemento di tutto il resto del mondo. Gli investimenti fissi hanno raggiunto quest’anno il 53%. Non appena venite a sapere che le autorità di Hunan hanno demolito un tratto di tre chilometri di una moderna autostrada sopraelevata per poter assorbire gli incentivi e ricostruirla di nuovo, o che la città appena costruita di Ordos giace deserta nella regione della Mongolia Interna, sapete cosa dovrà arrivare in seguito.
Pivot Asset Management ha detto che i prestiti hanno toccato il 140% del PIL, “ben oltre” i livelli che hanno portato a delle crisi in passato. Con il sessantesimo anniversario della rivoluzione ormai lontano, la banca centrale ha iniziato a stringere. I nuovi prestiti in yuan si sono dimezzati in ottobre. Quindi fate attenzione. Pivot ha detto che, per i mercati mondiali, un atterraggio violento in Cina potrebbe rivelarsi traumatizzante tanto quanto il crollo dei subprime americani.
L’economia mondiale sta ancora pattinando su una lastra di ghiaccio molto sottile. L’Occidente è traboccante di debito, l’Oriente di stabilimenti. La crisi è stata contenuta (o mascherata) dagli interessi a tasso zero e dall’aumento della tassazione, saccheggiando i bilanci sovrani. Ma il problema principale rimane. L’anglosfera e il Club Med stanno stringendo la cinghia ma l’Asia non sta compensando aggiungendo ulteriore domanda. Sta aggiungendo offerta.
La mia opinione è che i mercati stiano ancora negando il naufragio strutturale della bolla del credito. Ci sono ancora due foruncoli da schiacciare: la bolla degli investimenti cinesi e l’insabbiamento bancario europeo. Temo che solo allora potremo ripulire le macerie e, molto lentamente, iniziare un nuovo ciclo.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/6575883/China-has-now-become-the-biggest-risk-to-the-world-economy.html
15.11.2009
Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org