Tirana, Italia. Ma anche Bucarest, Italia. Istanbul, Italia. E Buenos Aires, Italia. Il quotidiano “La Repubblica” – oggi – racconta l’ennesimo caso di “fuga” delle imprese italiane all’estero. Anzi, e più precisamente, a Est e a Sud. Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro: Telecom avrebbe trasferito parte dei suoi call center – quelli, per esser chiari, che rispondono alle chiamate dei clienti italiani – in Albania, Romania, Turchia e Argentina; e la stessa cosa avrebbero fatto o starebbero per fare Wind (Romania e Albania); la compagnia telefonica “3″ (Argentina); Fastweb (Romania e Albania); e le televisioni tricolori di Rupert Murdoch, ovvero quelle della piattaforma Sky (di nuovo Albania).

Fin qui, nomi e fatti. Ora i numeri: secondo i sindacalisti della Cgil – solo nel settore telecomunicazioni e dintorni – sarebbero ben 1.500 i posti da telefonista di call center “delocalizzati” all’estero. E non sarebbe neppure finita qui: “Il numero raddoppierà tra fine anno e il 2010 – ha spiegato il sindacalista della Cgil, Alessandro Genovesi a “Repubblica” – C’è la crisi e le nostre aziende creano posti di lavoro dove costano la metà“.

Giusto qualche anno fa, sui giornali italiani debuttavano le storie dei call center delle grandi corporations americane spostati in India o ovunque si parlasse inglese e i lavoratori costassero poco. Parevano fanatascienza. Facevano folklore di un mondo – quello del turbocapitalismo Usa – che appariva lontano. Adesso quegli stessi giornali cominciano a raccontare quelle stesse storie in salsa tricolore. E’ il tempo che passa. E un certo progresso che avanza. Senza che nessuno – o quasi – se ne accorga. O voglia accorgersene.

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