DI
PAOLO BARNARD
paolobarnard.info
C’era una volta un Pifferaio magico…
E’ tutta una questione di proporzioni. Combattere le Mafie è giusto, a patto che le si combatta in ordine di pericolo. Combattere i conflitti d’interesse è giusto, a patto che si combattano per primi quelli che ci danneggiano di più. Ma se accade l’inverso, se cioè si combatte il nemico minore e si ignora quello maggiore, che succede? Risposta: succede l’Italia, purtroppo. Si ottiene cioè quel Paese miserabile e miserabilmente smarrito in cui viviamo, e si ottengono i Pifferai magici che ci fanno danzare come topi istupiditi ai loro comandi, dall’altra parte del Sistema.
Lotta alla Mafia? Sì, ma la peggiore per prima.
Date un’occhiata qui: c’è 1 miliardo di euro da una parte, e ci sono 118 miliardi di euro dall’altra.
1 miliardo di euro. Secondo un autorevole studio sull’impatto della Mafia sull’economia produttiva della Sicilia, e cioè il volume ‘I costi dell’illegalità’ di Antonio La Spina (ed. Il Mulino 2008), le cosche hanno sottratto a quella regione un miliardo di euro nel 2007 (12 mesi) col ricatto del pizzo.
118 miliardi di euro. E’ la somma di denaro che noi cittadini italiani abbiamo dovuto rendere disponibile – e una cui parte abbiamo già del tutto perduto – nel 2008-2009 (12 mesi) per far fronte a un altro ricatto, quello inflittoci dalla Mafia degli speculatori e degli investitori internazionali, i responsabili della crisi finanziaria e della fuga di capitali dall’Italia.
Preciso che in questa trattazione non si tiene conto dell’ulteriore danno sistemico che le due Mafie causano a noi cittadini (cioè le ripercussioni indirette). Mi sono attenuto unicamente all’impatto sull’economia pulita dei ricatti delle due organizzazioni criminose, in 12 mesi. Ma anche includendo il danno sistemico, le proporzioni rimangono identiche, cioè Mafia della finanza batte Mafia regionale con un ampissimo margine. Ultimo appunto: sappia il lettore che dei 118 miliardi di euro che cito, 96 miliardi è denaro che la comunità ha dovuto rendere disponibile al ricatto, ma che non è chiaro se sia stato del tutto speso o quando verrà del tutto speso; il resto è già perduto. In ogni caso, si tratta di una ricchezza che sbuca dal cilindro solo per compiacere alla Mafia finanziaria, e che non sarebbe mai stata impiegata per spese di utilità sociale.
E se nel ricatto delle cosche ci sono i morti da lupara, i commercianti strozzati e l’infiltrazione nella politica, in quello della Mafia degli speculatori e investitori internazionali ci sono migliaia di aziende decapitate, masse immensamente superiori di italiani licenziati, sottimpiegati, cassintegrati, di famiglie senza futuro, di destini troncati sul nascere, di drammi personali, e un intero sistema politico nazionale ricattato senza eccezioni, e non solo in alcuni casi come accade con le cosche.
E allora, perché veniamo incessantemente dirottati dai Pifferai magici sugli uomini con la coppola di Palermo e Roma e mai su quelli col doppiopetto blu di New York e di Milano? Perché siamo topi che marciano sulle loro note mentre alle nostre spalle il Vero Potere ci distrugge la vita? Sarò esplicito: perché la carogna nazionale è sempre chiamata il Cavaliere e mai il Governatore? Berlusconi proviene dalle fila degli uomini d’onore? proviene cioè da quelli del miliardo di euro? Mario Draghi stringe la mano ai mafiosi che ce ne hanno sottratti 118 di miliardi. Ecco da dove viene il Governatore: è stato uomo di punta del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, della Banca Mondiale (le cause di ‘solo’ qualche centinaio di milioni di morti di fame e stenti, ma non contano, sono negri), e poi vice presidente di Goldman Sachs, la banca più devastante del XX e XXI secolo, la banca che mentre i lavoratori, le loro vite e le aziende venivano fottuti dai crimini di Wall Street (lei complice), scommetteva sulla loro rovina e vinceva miliardi di dollari (si chiama swap betting e hedging – i crimini sono spiegati qui http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=122). Infatti nel giugno scorso, mentre qui in Italia la cassa integrazione divampava peggio dell’influenza suina, Goldman Sachs incassava i suoi profitti di quadrimestre più ricchi da 140 anni: 3,4 miliardi di dollari. E vanno capite le drammatiche differenze fra le due Mafie: gli uomini dei pizzini possono essere arrestati, e talvolta lo sono, ma quelli di AIG, Citigroup, Goldman Sachs, Banca Italease (Banco Popolare) o di via Nazionale no, nessuno li tocca, meno che meno i Pifferai magici che tanto inveiscono contro i poteri minori. Infine, l’illegalità che permea entrambe le organizzazioni è di sicuro spaventosa, ma il Vero Potere è riuscito nell’impresa di vestire il re nudo, cioè di convincere l’opinione pubblica che la Mafia di gran lunga più micidiale, quella intoccabile dell’alta finanza, quella che può rovinare una nazione come l’Italia in pochi mesi, è del tutto legale. Berlusconi e picciotti 1, Draghi & partners 118, queste sono le proporzioni, e queste proporzioni dovrebbero dettare a qualsiasi cittadino attivo delle priorità nella lotta alle Mafie. Ma entriamo nei fatti.
Conflitto di interessi? Vediamo le proporzioni.
Parliamo di conflitto d’interessi. Il Presidente del Consiglio certamente si affanna per oliare la sua azienda, ma di nuovo, stiamo sulle proporzioni. Tenete a mente che la Fininvest è un interesse da 6 miliardi di euro. Torno a Draghi. Nell’ottobre del 2008 il Governatore ha emesso 40 miliardi di euro in titoli di Stato di alta qualità che ha scambiato con titoli scadenti delle nostre banche, per permettergli di tornare a funzionare (Il Sole 24 Ore, 14/10/2008). Sono soldi nostri. Cioè Draghi ha usato 40 miliardi di euro di debito pubblico (sono 4 finanziarie) per salvare le banche danneggiate dai suoi compagni di ‘cosca’ a Wall Street. Fra l’altro ha oliato con i nostri soldi le stesse banche che dal 2008, grazie ai “finanziamenti illimitati e cambiali in bianco” del decreto salva-banche n. 155 (ne parlo sotto), possono poi “promuovere i loro prodotti finanziari assicurando i clienti di godere delle garanzie illimitate dello Stato” (Sangalli e Lannutti, Senato, 22/12/2008). E attenzione, perché quando parliamo del ‘salva-banche’ stiamo parlando di qualcosa come 12 o 18 miliardi di euro, nostri soldi, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale del 2008. * (nota: il Ministero dell’Economia interpellato sulle cifre non ha risposto) La capite la giostra come gira qui? Riassumo: la Mafia degli investitori internazionali delinque impunemente, scoppia la crisi finanziaria, le nostre banche vanno in sofferenza; il delegato in Italia di quella Mafia (Draghi), che teoricamente dovrebbe fare i nostri interessi, prende i nostri soldi e salva il deretano dei suoi amici banchieri, i quali poi si fanno belli con quei soldi (più quelli del decreto salva-banche) per venderci i loro giocattoli. Le banche così incassano due volte. Oltre all’ignobile beffa, il conflitto d’interessi sta nel fatto che un uomo teoricamente pubblico come il Governatore (proposto dalla Presidenza del Consiglio, con decreto del Presidente della Repubblica) usi il denaro dei cittadini per rimediare a un crack del tutto privato della sua ‘cosca’ dei banchieri internazionali e nazionali, e di cui nessuna azienda o lavoratore italiano hanno alcuna colpa. Le cifre coinvolte sono di almeno 52 miliardi di euro prelevati dalle casse nazionali. La Fininvest ne vale 6. Di nuovo, queste proporzioni dovrebbero dettare a qualsiasi cittadino attivo delle priorità. E qui ricordo anche ai forsennati dei V- e No-B days che l’intero affare del Ponte di Messina è un interesse di 6 o 7 miliardi di euro, e che l’intero affare dei costi della Casta dei politici è di 4 miliardi. Chiare le proporzioni?
Il resto della storia.
Sempre a causa dei misfatti della Mafia degli speculatori e degli investitori internazionali, l’Italia ha visto morire una media di 30 aziende al giorno nella prima metà del 2009 (dati Camera di Commercio), con la prevedibile voragine di disperazione che si è aperta sotto i piedi di migliaia di famiglie e centinaia di migliaia di lavoratori. Il 20 agosto del 2009, Bloomberg News scrive un’analisi intitolata “La pacchia del salvataggio finanziario italiano”, dove ci informa che “le banche italiane sono all’avanguardia nel salvataggio delle aziende in crisi, buttandovi almeno il 40% dei loro capitali, cioè il doppio di ciò che ha fatto la media del resto d’Europa”. Bloomberg cita poi l’ABI, che parla di una concessione alle aziende italiane di almeno 40 miliardi di euro. Si tratta di esborsi che le banche non offrono in beneficienza, e la domanda che segue è: chi paga alla fine? Indovinate la risposta. E la seconda domanda è: chi ci ha ficcati in questo disastro? Vi do una mano: non è Berlusconi, non è Dell’Utri, e non sono i corleonesi. E disastro è, senza ombra di dubbio. Arnaldo Borghesi, direttore dell’azienda di consulenze finanziarie Borghesi Colombo e Associati di Milano, confessa a Bloomberg quello che difficilmente vi dicono i Tg nostrani: “In teoria, una massa enorme di aziende italiane sono già fallite… non hanno più un soldo per tirare avanti”. E Francesco Faldi, socio della Linklaters LLP sempre a Milano, spiega alla medesima agenzia di business news il resto del marasma: “Le banche sono costrette a sborsare quei fondi perché devono a tutti i costi evitare che le aziende finiscano in amministrazione straordinaria… i loro crediti con quelle aziende perderebbero ogni possibilità di essere rimborsati”. Avete compreso? Riassumo: la Mafia degli speculatori e degli investitori internazionali delinque, scoppia la crisi finanziaria, le aziende italiane vanno al macero; e le banche pur di non perdere le speranza di recuperare i crediti devono anticipare 40 miliardi di euro alle aziende asfissiate. Ma è chiaro anche a un bambino che non saranno le banche a rimetterci, perché alle loro casse ci pensano Draghi e Tremonti coi nostri soldi, e poi anche noi correntisti, ovviamente. Altro che pizzo.
Il lettore deve comprendere una cosa: c’è una rappresentazione mediatica del pericolo Mafia regionale che grazie anche all’apporto delle fiction Tv ci fa percepire la criminalità organizzata come un mostro tentacolato (la Piovra infatti) che strangola l’intera nazione. I Pifferai magici soffiano incessantemente su questo falò, che ai nostri occhi diviene un Inferno. Ma nella realtà, la Mafia regionale è solo un fuoco, e l’Inferno sta ai piani alti di Wall Street, della City di Londra, o della cittadella finanziaria di Milano. Le bombe che possono fare a pezzi milioni di esistenze faticosamente costruite sono le loro, ed è accaduto pochi mesi fa. Le pianificazioni criminali in grado di rovinare due generazioni di italiani non avvengono a Casal di Principe o a Corleone, ma in uffici con l’aria condizionata perfettamente legali. La Mafia regionale è ovviamente un pericolo da combattere, ma se volete tremare di paura fatelo quando passate di fronte a scritte come Banca d’Italia e Citigroup, o se leggete il termine Hedge Fund. La vostra vita – e cioè l’economia che deciderà se vostro figlio sarà insegnante o telefonista alla TIM, che deciderà se potrete avere abbastanza mezzi per partorire un bambino, se avrete una Sanità decente o il Far West del privato – viene decisa o rovinata da poche persone libere di circolare, non indagate, non latitanti e persino rispettate. Cosa vi minaccia di più? Le cosche o il fatto che l’intero sistema bancario italiano sia indebitato per 718 miliardi di euro? E’ indebitato per il triplo di ciò che vale, cioè 277 miliardi di euro. E anche se i nostri istituti di credito si erano esposti ai prodotti derivati ‘tossici’ americani per soli 4,9 miliardi di euro (cioè a quei prodotti finanziari fraudolenti alla fonte della crisi globale), risulta però che le banche italiane siano titolari di altri derivati (rischiosissimi per definizione) per un valore lordo di 367 miliardi di euro. Cosa significa tutto ciò? Significa che coloro che hanno in mano sia i vostri risparmi che il destino di aziende e lavoratori italiani, cioè vite reali, vagano in un campo minato di indebitamento e di finanza speculativa selvaggia che può farli/farci saltare per aria da un giorno all’altro, rovinandoci tutti. E non si sta parlando di perdere la villa al mare, ma di lavoro, di stipendi, del futuro e soprattutto di Diritti fondamentali. Di seguito il perché. (i dati sopraccitati sono di: Banca d’Italia, Senato, Legislatura 16, Atto Ispettivo n. 4-00961, 22/12/08; Capital Economics, Italian Banks weathering storm better than most, 2/7/09; Lamberto Cardia, Consob, 13/7/09)
Uno degli aspetti più osceni di queste deflagrazioni finanziarie internazionali, oltre ai prezzi evidenti per tutti noi, è che esse servono agli oligopoli di destra economica per erodere sempre più i Diritti dei lavoratori acquisiti in oltre 200 anni di lotte dal basso. Il meccanismo è semplice: queste crisi mandano a morte migliaia di piccole medie aziende; ciò significa che il mercato dell’offerta di manodopera aumenta enormemente (tanti lavoratori in cerca di lavoro); le grandi aziende licenziano con la scusa della crisi, e dunque altri lavoratori a spasso; quando sul mercato c’è grande offerta di qualcosa (lavoratori), questa cosa crolla in valore; e così, sfruttando la disperazione di milioni di disoccupati (in Italia oggi sono 2 milioni) e con la scusa della crisi, le aziende erodono i salari, precarizzano il lavoro e ricattano i sindacati. Ecco che il Diritto al lavoro e a una sopravvivenza degna prende un altro colpo micidiale. Ma c’è di peggio: le grandi aziende che hanno licenziato con il pretesto della crisi, si ripresentano agli investitori come slimmed down (gergo finanziario, cioè ‘dimagrite’, cioè con meno lavoratori a carico). Essere slimmed down è una delle condizioni essenziali per attrarre gli investimenti; così ‘ringiovanite’, esse si riquotano in borsa apprezzandosi, e i dirigenti incassano bonus milionari. Tutto legale, ma disgustoso, poiché sono lacrime e sangue per masse enormi di persone comuni e per le loro vite future, mentre i Diritti evaporano sempre più. La Mafia regionale può fare una cosa del genere all’intero Paese?
Tremonti bonds. Stato stuoino della Mafia, quella maggiore.
Nell’ottobre del 2008, come si è detto, la Mafia finanziaria si era vista porgere dal governo un salvataggio delle proprie voragini (decreto salva-banche) che è potenzialmente la seconda truffa grottesca dopo quella della Banca d’Italia di cui sopra, e sempre sulla nostra pelle. La cifra impegnata, lo ricordo, è secondo il Fondo Monetario Internazionle di 12 o 18 miliardi di euro. Scrisse Massimo Mucchetti sul Corriere finanza del 12/10/08: “Il Tesoro sottoscriverà azioni privilegiate, che hanno diritti di voto limitati. Ma, se una banca salvata dal Tesoro poi si rilancia, il plusvalore si concentrerà soprattutto sulle azioni ordinarie. I contribuenti sarebbero meglio protetti se il Tesoro ottenesse azioni ordinarie, più facili, tra l’ altro, da rivendere. Certo, da azionista ordinario, il Tesoro nominerebbe gli amministratori. Può non piacere. Ma dovrebbe piacere ancor meno che chi paga non comandi”. Traduzione: lo Stato dava i nostri soldi per salvare le banche, ne diveniva così co-proprietario con in mano però delle quote di serie B; ma se la banca salvata tornava a far soldi, sarebbe stata lei a incassare le quote di serie A. Lo Stato diventava così partner delle banche buttandovi una montagna di denaro nostro, ma non poteva comandare su nulla, e alla fine chi scremava i profitti erano i banchieri. Erano i soliti miliardi di euro regalati alla Mafia delle banche mentre a noi raccontano che non ci sono gli spiccioli per i vigili del fuoco o per le scuole. Questo vi dà ancora un’idea di chi comanda obbedienza nel Potere, altro che Piovra. Il marchingegno sopra descritto era la fotocopia replicata in Italia di ciò che ha fatto Obama con le banche americane, attraverso lo stratagemma dei non-recourse loans, di cui ho parlato in altri interventi. L’esempio del Banco Popolare è lampante: ha aderito in ottobre all’offerta di salvataggio incassando 1,5 miliardi di euro, per i quali noi, lo Stato, abbiamo ricevuto in cambio azioni con diritto di voto limitato, come volevasi dimostrare. E poiché la crisi delle banche è ancora tutta in pieno sviluppo, “il Banco Popolare non sarà l’ultima banca italiana ad aderire”, ha scritto nell’ottobre 2009 Market Scan sotto suggerimento del super analista italiano Marcello Zanardo.
Poi nel febbraio del 2009 il ministro Tremonti annuncia i suoi bonds. Dice cioè: care banche, lo Stato vi dà i miliardi per le cure a patto che voi ci ricambiate con impegni scritti a ripagarci con gli interessi (cioè i bonds o obbligazioni). In apparenza nulla di che. Parte una zuffa fra politici, banchieri e giornalisti dove su questi bonds se ne dicono di tutti i colori. Ma vediamoli con calma, anche perché sono ancora in gioco oggi.
Menzogna numero 1): Ci dicono che quei soldi pubblici dati alle banche “hanno l’obiettivo di rafforzare il capitale di vigilanza Core Tier 1 e, di conseguenza, favorire l’erogazione del credito a famiglie e imprese”. Traduzione: il Core Tier 1 è l’indicatore di quanto sana sia una banca in termini di beni, e, ci dicono, rafforzando quei beni con denaro pubblico si permette alle banche di ricominciare a prestare soldi ai cittadini e alle aziende. Balle. Il reale motivo per cui lo Stato dona alle banche i nostri soldi lo spiega il Financial Times del 5/02/09: “Quando gli investitori internazionali (la Mafia, nda) hanno dato un’occhiata alle banche italiane, si sono resi conto che erano messe male… Siccome le loro azioni continuavano a languire, l’opzione di raccogliere fondi dagli azionisti era scomparsa. L’unica sorgente di fondi rimaneva lo Stato”. Traduzione: la Mafia della finanza gli ha detto: siete con le pezze al sedere, valete poco, andate a succhiare capitali da Roma, se no chi investe più in voi? Ma chi è ancora sano di mente ed è cittadino, ribatte: un momento, perché devo essere io a pagare i guai dei banchieri causati proprio dai loro compagni di ‘cosca’ americani e inglesi? Ma non vige la legge del Libero Mercato? E allora che si vadano a trovare i soldi sul loro mercato, e che i soldi pubblici vadano direttamente ai cittadini/aziende in difficoltà.
Menzogna n. 2): Lo Stato non ci rimette, anzi, ci guadagna. Badate bene, e semplifico: con i Tremonti bonds se le banche non hanno di che ripagare lo Stato, questo deve mettersi da parte e aspettare che prima le banche ripaghino tutti gli altri debiti che hanno coi privati. Cioè noi cittadini/Stato creditori ci attacchiamo al tram. E inoltre, gli interessi sono pagati allo Stato solo se la banca ha i conti in attivo, se no, di nuovo, ci attacchiamo al tram. Poi, sempre secondo i Tremonti bonds, se la banca debitrice allo Stato perde di valore sul mercato, anche i soldi che ci deve perdono di valore. Cioè: ti ho prestato 100 quando eri ricco, ma se diventi povero mi ridai 10. A un pensionato indigente non lo permetterebbero mai, ma ai banchieri sì. Infine, c’è il tasso di rischio di questo finanziamento alle banche con denaro pubblico: il Sole 24 Ore del 2/02/09 già ci informava che i Tremonti bonds “sono prodotti d’investimento particolarmente rischiosi e solo l’investitore più sofisticato può valutarne correttamente il rapporto rischio/rendimento”. Traduzione di tutto quanto sopra: non solo noi cittadini diamo soldi a privati banchieri a condizioni di grande favore, ma rischiamo pure il deretano in diversi modi.
Menzogna n. 3): Non è un favore fatto alle banche. Leggete cosa scrive sempre il Sole 24 Ore su questo punto: “Queste obbligazioni speciali hanno tutti i vantaggi del capitale, perché aumentano il "Core Tier 1" delle banche che le emettono, ma costano meno di un ricorso diretto sul mercato dei capitali”. Traduzione: lo Stato permette alle banche di farsi il lifting come in clinica, ma senza pagare le tariffe di mercato del chirurgo plastico. Ma perché io e voi dobbiamo fargli questi favori? Provate voi a negoziare favori del genere anche solo con la vostra filiale di quartiere.
Naturalmente i media che leggiamo ci hanno amplificato le poche regoline pro-collettività che questi regali alla Mafia finanziaria comportavano, e cioè la promessa di riprendere a prestare soldi alle aziende, e la sospensione dei pagamenti per mutui da parte dei cassintegrati per un anno.
Con lo Stato prostrato ai piedi della Mafia in doppiopetto blu, quest’ultima ha avuto poi l’ardire di protestare che le condizioni di quei regali coi nostri soldi erano troppo onerose. Non solo non sono finiti in galera per aver giocato con le nostre vite e i nostri posti di lavoro (mentre almeno qualche volta i mafiosi in carcere ci finiscono), ma pretendevano anche il tappeto rosso. E non è una pura coincidenza che le banche italiane che hanno attinto dalle casse dello Stato coi Tremonti bonds abbiano chiesto in prima battuta un totale di oltre 4 miliardi di euro. Perché quella cifra è esattamente l’ammontare delle scommesse finanziarie ‘tossiche’ (toxic assets) che avevano fatto in combutta coi colleghi delinquenziali di Wall Street.
Il fatto più sconcertante che emerge da quanto scritto sopra, è come nella democrazia moderna, Italia inclusa, sia dato per scontato un meccanismo orwelliano, scandaloso e grottesco: la comunità dei cittadini lavoratori viene colpita a sangue da una crisi cucinata per intero da un Mafia internazionale di avidi speculatori privati; il dolo è doppio, perché non solo la comunità dei cittadini ne soffre nella carne viva, ma deve poi intervenire per salvare gli stessi criminali, ricattata dal fatto che se non li salva questi ci rovinano del tutto. E’ come se un alcolizzato ti sfascia l’auto, e non solo non ti paga il danno, ma sei tu che devi pagargli la disintossicazione se no quello ti sfascia pure la casa. E’ esattamente così.
Capitali con le ali (e ricatti di Mafia).
La Mafia degli investitori e degli speculatori internazionali ha poi a sua disposizione un altro strumento di ricatto immane, che non ha paragoni con quello esercitato dalle bombe della mafia regionale. Si chiama Capital Flight (volo di capitali), di cui ho già parlato in ‘Questo è il Potere’, da cui cito direttamente: “L’Italia dipende come qualsiasi altra nazione dagli investitori esteri, per cifre che si aggirano sui 40 miliardi di euro all’anno, cioè più di due finanziarie dello Stato messe assieme. Immaginate se una cifra simile dovesse sparire dalla nostra economia oggi. Nel 2008 è quasi successo, infatti ne sono scomparsi di colpo più della metà (57%) col risultato in termini di perdita di posti di lavoro, precarizzazione, e relativo effetto domino sull’economia di cui ci parla la cronaca. Ripeto: qualcuno che non sta a palazzo Chigi, decide che all’Italia va sottratto il valore di oltre un’intera finanziaria. Così, da un anno all’altro, una cifra superiore a tutto quello che lo Stato riesce a spendere per i cittadini gli viene sottratta dal ‘Tribunale (Mafia, nda) degli Investitori e degli Speculatori Internazionali’, a capriccio. Questa tirannia del vero Potere prende il nome tecnico di Capital Flight (letteralmente capitali che prendono il volo), ed è interessante constatare il candore con cui il ‘Tribunale’ (la Mafia, nda) descrive la pratica: basta leggere Investors.com là dove dice che “Capital Flight è lo spostamento di denaro in cerca di maggiori profitti… cioè flussi enormi di capitali in uscita da un Paese… spesso così enormi da incidere su tutto il sistema finanziario di una nazione”. Peccato che di mezzo ci siano i soliti ingombranti esseri umani a milioni. Oltre al caso italiano, si pensi alla Francia, altro Stato ricco e potente, ma non a sufficienza per sfuggire al Capital Flight, che ha punito l’Eliseo con una fuga di capitali pari a 125 miliardi di dollari per aver legiferato una singola tassa sgradita al business”.
Ritorno qui al rapporto sproporzionato con cui ho esordito. Le cosche siciliane sottraggono in un anno un miliardo di euro alla regione colpita, le ‘cosche’ di Wall Street, della City di Londra o della cittadella finanziaria di Milano ce ne hanno fatti sparire col Capital Flight 22,8 di miliardi in un anno, a capriccio. E perdonate se sono ripetitivo, ma stiamo sempre parlando di stipendi, di lavoro, di famiglie e di destini umani.
Conclusioni.
Mafia significa in ultima analisi una consorteria di pochi individui occulti che tramano per il loro esclusivo lucro con i mezzi dell’illegalità, apportando grave danno alla comunità dei cittadini. Senza dubbio le Mafie regionali fanno ciò e vanno combattute. Ma come si è visto, incombono sulle nostre vite altre Mafie che rispettano tutti i criteri sopraccitati meno uno (sono pochi, occulti alla maggioranza, tramano, lucrano, danneggiano, ma solo legali), e che alla prova dei dati risultano immensamente più pericolose delle cosche siciliane o della Camorra. E sta qui il pericolo micidiale: i criminali con la coppola, essendo riconosciuti come palesemente illegali, si possono combattere, e lo facciamo. Quelli con il doppiopetto blu no, e nessuno dei Pifferai magici e dei topi al loro seguito si sbraccia per farlo. Anzi, tacciono, e, come del caso di Saviano, diventano dei simulacri ipertrofici se invece combattono le Mafie minori, dirottando, guarda caso, immense energie civiche e mediatiche lontano dalle Mafie maggiori. Dove sono in Italia i ‘saviano’, ‘travaglio’ e ‘di pietro’ delle Mafie finanziarie? Dove i No-Draghi day? E se poi a queste ultime si aggiungono quelle dei grandi burocrati non eletti, sovranazionali, e dei loro club privati e lobbisti a servizio (leggi ‘Questo è il Potere), non è azzardato affermare che le proporzioni in termini di pericolo e danno fra Mafie in doppiopetto blu e Mafie regionali è di mille a uno.
Lo ricorderò sempre: il giro d’affari di tutta la criminalità organizzata italiana è dieci volte inferiore a quello di una singola banca ‘mafiosa’ di Wall Street, la già citata Goldman Sachs. Le cifre cantano chiarissimo: criminalità organizzata italiana 91 miliardi di euro all’anno di bottino (dati Confesercenti Sos impresa 10/2008) – Goldman Sachs controlla 1.081 miliardi di dollari ogni anno (dati 2008, Goldman Sachs Group in Forbes’ list of global 2000).
Infine, si pensi che mentre la Mafia della finanza ci ha ricattati con almeno 118 miliardi di euro nel 2008-9, a noi viene detto da Roma che in finanziaria per l’Università ci sono solo 400 milioni, che per le assunzioni in polizia ce ne sono 115, per il mondo del lavoro un misero miliardo, per gli indigenti pochi spiccioli, e l’opposizione crede di far meglio reclamando un ‘suntuoso’ bonus di 200 euro a cranio per i redditi bassi, ma una tantum naturalmente.
Badino il lettore e la lettrice che queste righe non sono la solita denuncia di misfatti per causare inutile indignazione. Sono l’esposizione chiara e indiscutibile di chi sia il vero Potere, la maggiore Mafia, e dunque un’indicazione su chi combattere con maggior forza. Altro che No-B day.
I Pifferai magici erano a Roma il 5 dicembre, i topi al seguito. “Cacciamo l’uomo da 1!” si gridava, mentre quello da 118 dormiva sonni sereni.
E tutti vissero felici e contenti…
Paolo Barnard
Fonte: www.paolobarnard.info
Link: http://www.paolobarnard.info/intervento_stampa.php?id=157