di
Felice Capretta
Terza parte del GEAB 39, con un focus geopolitico sulla Turchia e raccomandazioni economiche.
Grazie a Markozu per la traduzione.
GEAB 39 – Crisi sistemica globale – Parte IIIIl risveglio della Turchia: La sua uscita graduale dal blocco occidentale
Approfittando della crisi sistemica, e dell’indebolimento degli Stati Uniti e della sovrastruttura occidentale su cui si basa la potenza di quest’ultimo, la Turchia ha avviato un processo di ridefinizione fondamentale dei suoi più importanti interessi geopolitici.
Le nuove priorità, pronte ad essere delineate entro il 2012, rappresenteranno il più profondo ripensamento di Ankara, da quando il paese ha aderito alla NATO nel 1952.
Questo processo evidenzia un ritorno alla visione kemalista degli interessi vitali della Turchia (NOTA Kemal Ataturk – fondatore della Turchia moderna, ha infatti immaginato e voluto per il suo paese un allontanamento, sia dal suo passato ottomano sia dalle decisioni prese dalle grandi potenze agli inizi del 20-mo secolo (Regno Unito e Francia in particolare)) diversi cioe’ da quelli dell’ordine del giorno fissato per il paese da parte delle grandi potenze. È abbastanza ironico che questa evoluzione sia avviata dai leader del partito di orientazione religiosa, l’AKP.
Ci saranno sostanziali
conseguenze geopolitiche, economiche e commerciali dovute a questo
cambiamento strategico, che contesta la visione tradizionale filo-occidentale della Turchia in attesa di entrare nell’UE.
Nella regione del Mediterraneo orientale, il rapporto con Israele è spesso un indicatore affidabile del rapporto di un paese con il blocco occidentale nel suo complesso. Infatti, per più di un decennio, l’Occidente si è definito seguendo la linea guida Washington / Tel Aviv.
Ma, a questo proposito, nei mesi scorsi, la Turchia sembra aver iniziato ad allontanarsi da questa linea che, per molti anni, ha seguito il più possibile. L’attacco a Gaza da parte dell’esercito israeliano nel dicembre 2008 è l’evento di marcatura di questo cambiamento di tono prima, di orientamento dopo.
Da allora, Ankara si è gradualmente impegnata a ripercorrere il cammino a ritroso lungo la strada nella sua cooperazione diplomatica e militare con Tel Aviv.
Due esempi recenti:
- La decisione di Ankara di non permettere le esercitazioni delle forze aeree israeliane in Turchia
- e il suo blocco di Israele nella partecipazione a una esercitazione NATO nell’ottobre 2009, presto seguita da l’annuncio che la Turchia avrebbe svolto delle esercitazioni militari con la Siria. (NOTA Ricordiamo la scena del primo ministro turco Recep Erdogan a Davos nel gennaio 2009 quando ha improvvisamente lasciato la scena perché non riusciva a parlare per lo stesso tempo quanto il presidente israeliano Shimon Peres.) Siamo lontani dal comportamento militare e strategico atteso da un fedele alleato degli Stati Uniti e un importante membro della NATO.
Tuttavia, cambiamenti nelle priorità strategiche della regione erano in fermento fin dal collasso dell’Urss, trasformando la decennale posizione Turca senza uscita, legata alla guerra fredda, in un ampio spazio aperto con enormi potenzialità culturali, economiche e commerciali.
Da allora, nella Turchia disposta a conformarsi, è stato possibile catturare scorci di un paese sempre più riluttante a indossare l’uniforme prestata da un mondo occidentale, con obiettivi regionali sempre più estranei agli interessi turchi (NOTA Come già suggerito dalle difficoltà incontrate da Washington nel convincere Ankara a permettegli di usare le loro basi per attaccare l’Iraq nel 2002/2003).
Finché la guerra fredda era in atto e la minaccia sovietica era ai confini, la Turchia ha accettato di essere la “torre occidentale” sulla scacchiera del Medio-Oriente.
Ma dal 1989, gli interessi tra la torre e il re o la regina sono diventati sempre più divergenti, di cattivo auspicio per il resto della partita su due aspetti:
- da un lato, la Turchia sarà sempre più riluttante a conformarsi alle esortazioni di Washington, come già suggerito da una serie di reazioni negative che ha provocato un’ondata di ostilità nei confronti della Turchia in seno alla NATO. Qualcosa di nuovo sta accadendo: la legittimità di appartenenza della Turchia alla NATO è messa in discussione da parte dei leader di altri Stati membri della NATO.
- d’altro canto, Washington e/o la politica dell’Alleanza nella regione saranno ostacolati in modo crescente da una riluttante Turchia, che sviluppa il proprio approccio strategico regionale specifico, possibilmente contrario alla NATO.
Le buone relazioni di Ankara con Teheran, distanti dalle idee di sanzione o di embargo vigorosamente sostenute da Washington, forniscono un altro segnale luminoso di avvertimento.
In breve, il rapporto tra la Turchia e la NATO sta per raggiungere un punto di non ritorno. Il caso della Turchia è un altro esempio lampante del generale processo di disgregazione che attualmente colpisce l’Alleanza (un tema già sviluppato nei precedenti GEAB) il cui leader non ha più né la visione né i mezzi necessari per controllare tutti i suoi membri.
Per ironia della sorte, a LEAP/E2020, sembra che l’altra componente di ancoraggio della Turchia all’Occidente, cioè la promessa di adesione all’Unione europea, sarà il fattore decisivo per l’uscita della Turchia dal blocco occidentale.
Infatti, questa promessa non mantenibile, risultato della mancanza nei leader dell’UE di coraggio e di immaginazione che ha portato ai colloqui d’ingresso ufficiali nel 2005, creerà due condizioni importanti nel nuovo orientamento della politica estera turca:
– in primo luogo, i requisiti democratici legati all’adesione alla UE hanno progressivamente costretto i militari turchi a tornare nelle loro baracche e a rimanerci. Per decenni, sono stati abituati a governare il paese nell’ombra di burattini politici, licenziandoli, se necessario, quando alcuni dei risultati elettorali non erano di loro gradimento. Considerandosi protettori dell’eredità di Ataturk, in realtà essi erano per lo più occupati a controllare il paese e a sfruttare la NATO, l’UE e gli Stati Uniti che premiavano la loro fedeltà al blocco occidentale.
– in secondo luogo, l’evidente riluttanza dell’UE (in particolare tra il pubblico) alla prospettiva di adesione della Turchia, anche in un futuro lontano, è diventata chiara per i cittadini turchi negli ultimi quattro anni.
Nel frattempo, la scoperta che i cosiddetti “negoziati” non sono affatto negoziati, ma, al contrario, un obbligo per la Turchia di rispettare le 90.000 pagine di diritto dell’Unione europea, corpus morale, culturale e commerciale (i tempi della “acquis communautaire” sono l’unica cosa negoziabile), ha innescato un sentimento di rifiuto tra la popolazione turca di ciò che è apparso all’improvviso come un colonialismo “per legge”.
A poco a poco, le generazioni turche, al di sotto dei quarant’anni, hanno cominciato a pensare che gli europei non li vogliano e che il loro paese sia quindi entrato in un vicolo cieco. Questo processo di sensibilizzazione è un fenomeno fondamentale, perché mette fine a quarant’anni di una posizione ufficiale incontrastata, secondo la quale l’adesione all’UE sarebbe il solo futuro auspicabile per il paese.
Contemporaneamente, il partito islamico al potere (che ha sostenuto il progetto di adesione all’Unione europea, sebbene sotto costrizione) ha ottenuto il supporto di un flusso di opinioni non-religiose di parere contrario (o almeno riluttante) all’ingresso nell’UE.
Dalla Russia (i cui cittadini assalgono le spiagge turche) fino all’Asia centrale (in cui Ankara sta conducendo un commercio attivo e una politica culturale nei confronti dei paesi di lingua turca), l’Iran e la Siria, la Turchia è veloce nel formare una nuova diplomazia intesa come una sintesi tra i territori politici e storici dell’eredità ottomana, prossimità religiose musulmane e i propri interessi specifici come potenza regionale e crocevia.
La combinazione si svolge per mezzo dell’effetto pendolo in cui la NATO e l’Unione europea stanno diventando semplici componenti del gioco diplomatico di Ankara, e non più un fondamento (che la NATO ha rappresentato) o un obiettivo principale (che l’UE ha rappresentato).
Gli americani e gli europei non commettano errori!
Secondo LEAP/E2020, non c’è più possiblità di tornare indietro.
Dato che la NATO è in un processo di disintegrazione, non vi è alcun motivo per cui Ankara debba fermarsi per prendere da sola questa posizione intermedia, al centro di un equilibrio geopolitico che coinvolge la Russia, l’UE, l’Iran e qualsiasi potere influente tra la sua frontiera meridionale e l’Egitto (Washington , per il momento).
Gli ultimi alleati fedeli della NATO sono i generali dell’esercito turco. Nel giro di dieci anni, intorno al 2020, saranno sostituiti dalle nuove generazioni, che saranno d’accordo nel vedere il loro paese, in futuro, come un ponte “tra Oriente e Occidente”, sapendo che un ponte non appartiene a nessuna delle banchine che collega, altrimenti non è più un ponte, ma un vicolo cieco. (NOTA In realtà la Turchia è un doppio ponte: tra Oriente e Occidente, ma anche tra il Mar Nero e il Mediterraneo. Inoltre, nel 21-esimo secolo, il ponte sarà anche (soprattutto) un condotto (gas o petrolio), un campo in cui la Turchia è anche un attore centrale grazie al progetto Nabucco, la cui chiave è l’Iran.)
Questo vale anche per l’Unione europea.
Anche se ora manca la volontà politica, le burocrazie di Bruxelles e Ankara andranno certamente avanti con i negoziati di adesione. Ma questi non potranno mai essere finalizzati e anno dopo anno, affonderanno nel pantano dell’indifferenza generale. Infatti un allargamento è solo il risultato di una certa volontà politica.
Ma il principale sostenitore di questo allargamento, vale a dire Washington, ha altre gatte da pelare e manca dell’influenza necessaria per superare la forte opposizione del pubblico generale europeo (non riescono nemmeno a convincere i soldati europei a rimanere in Afghanistan).
Per quanto riguarda l’UE, nessun leader politico vuole l’ingresso della Turchia come proprio cavallo di battaglia per paura di perdere le elezioni. Dal punto di vista di Ankara è apparso un futuro alternativo ad una Turchia europea. Se l’UE capirà questa situazione e prossimamente proporrà una partnership state-of-the-art strategica alla Turchia, questo sarà il sogno di una Turchia turca, al crocevia tra i vari poteri che la circondano.
Ma se Bruxelles rimane attaccata al suo progetto di adesione, e non lascia alternative, si corre il rischio di spingere la Turchia nella direzione opposta, quella di una
Turchia musulmana. Ironicamente, si ottiene spesso l’opposto di ciò che si cerca di ottenere, se non si prendono in considerazione i sogni e le aspettative delle persone interessate.
In conclusione, secondo il nostro team, lo spostamento della Turchia fuori dal blocco occidentale, a sua volta in decadenza, lungi dall’essere un problema per l’Europa, è solo un altro aspetto della crisi sistemica globale e della graduale eliminazione di strutture ereditate dal mondo post-1945, grazie alla quale, entro il 2015, gli europei potrebbero avere un partner turco, con un identità conciliante (pacifica), in grado di essere un intermediario utile nel loro rapporto con il Medio-Oriente e l’Asia Centrale.
Raccomandazioni strategiche e operative
– Oro e valute: i trend sono confermati. Il dollaro USA non ha alcuna ragione di iniziare una risalita sostanziale e/o sostenibile nei confronti delle altre valute (salvo la sterlina, che potrebbe cadere in qualsiasi momento). Riguardo l’oro, il nostro team sta preparando anticipazioni dettagliate per le prossime edizioni (GEAB 40 o 41). Ma, anche in questo campo, i trend sono chiari: l’oro è tornato, riserve delle banche centrali incluse. Sembra che qualche “grande affare” è tornato con le riserve globali del metallo prezioso, e questo dovrebbe avere un effetto positivo sul prezzo.
Comunque, in caso di default nazionale, ricordiamo che la Storia ci insegna che gli Stati sono pronti ad organizzare il sequestro dell’oro disponibile sul loro territorio.
Infine, vorremmo insistere sull’idea che, secondo il nostro team, i certificati sull’oro (oro cartaceo) devono essere evitati in tutti i modi perchè esistono rischi concreti che non siano basati su oro reale.
– Azioni e obbligazioni: il momento si avvicina. Manteniamo il nostro suggerimento di vigilanza sui mercati finanziari. Qualunque cosa possano dire i media, i mercati globali sono stati stagnanti negli ultimi mesi, alternando salite e discese senza nessun trend chiaro che potesse prevalere. Negli USA, la crescita del mercato è stata utile per nascondere la perdita di valore del dollaro.
Si conclude qui il GEAB Report n. 39. In particolare ricordiamo che le raccomandazioni economiche, così come il resto del report, sono indicazioni fornite da LEAP / Europe2020, che noi riportiamo senza necessariamente condividerle.
http://informazionescorretta.blogspot.com/2009/12/geab-39-parte-iii.html