Prima Conferenza Internazionale METALLI E CERVELLO: Dalla Neurochimica alla Neurodegenerazione (Università di Padova: 20-23 Settembre 2000)

L’alluminio è un elemento presente in quantità considerevoli nella biosfera dove tutti gli esseri viventi sono esposti a potenziali effetti tossici. La neurotossicità di questo metallo è nota da più di un secolo. Recentemente l’alluminio è stato implicato come fattore eziologico di alcune manifestazioni patologiche (tra cui encefalopatia, osteopatia e anemia) associate al trattamento dialitico. Inoltre è stato ipotizzato che l’alluminio possa essere un cofattore nell’eziopatogenesi di alcune malattie neurodegenerative, tra cui la malattia di Alzheimer, sebbene una prova diretta in questo senso sia ancora controversa. Tuttavia, la neurotossicità da alluminio è accertata negli animali da esperimento e nei pazienti con insufficienza renale (conseguente all’età o alla presenza di malattie renali) – e ci sono i presupposti per un legame tra esposizione all’alluminio e patologie neurodegenerative. Inoltre sono state evidenziate associazioni tra elevati livelli di alluminio in alcune preparazioni alimentari per neonati e nelle soluzioni per la nutrizione parenterale domiciliare con possibili complicanze neurologiche e ossee, caratterizzate da una riduzione della velocità di sintesi ossea.

Per tutte queste ragioni e sulla base della nostra pluriennale esperienza scientifica in questo campo, proponiamo le seguenti raccomandazioni come linee guida per evitare, per quanto possibile, i rischi dovuti all’accumulo e alla potenziale intossicazione da alluminio. Queste raccomandazioni non sono rigide e verranno aggiornate quando saranno disponibili nuovi dati scientifici.

RACCOMANDAZIONI DI ORDINE GENERALE

  1. Sarebbe estremamente utile definire il più accuratamente possibile quali gruppi di pazienti sono a rischio di un sovraccarico iatrogeno di alluminio e in quali condizioni l’alluminio rappresenta un rischio per la salute. Maggiori sono le nostre conoscenze nell’ambito clinico, iatrogenico e migliore sarà la base sulla quale giudicare se I diversi tipi di esposizione all’alluminio siano pericolosi per la popolazione generale o per sottogruppi con particolare predisposizione

  2. Una lista provvisoria di gruppi di pazienti a rischio di sovraccarico iatrogeno di alluminio dovrebbe come minimo comprendere i pazienti con insufficienza renale, i neonati e bambini, gli anziani e i pazienti in nutrizione parenterale totale domiciliare. Quando si verifica un’esposizione all’alluminio in queste popolazioni la concentrazione di alluminio nel siero dovrebbe essere inferiore a 30 µg/L e possibilmente ancora più bassa. Sono comunque necessari ulteriori studi di approfondimento in questo versante.

  3. La concentrazione urinaria di alluminio è un altro indicatore dell’assorbimento di alluminio; il rapporto Al escreto / Al ritenuto dipende dall’integrità della funzione renale.

  4. L’alluminio può entrare nell’organismo per via orale, per infusione endovenosa e per esposizione ambientale. È necessario adottare controlli specifici per ridurre il rischio di esposizione attraverso ognuna di queste modalità.

    Esposizione per via orale:

  5. La concentrazione di alluminio nell’acqua potabile dovrebbe essere inferiore a 50 µg L-1. Il silicio é un elemento importante che potrebbe in qualche modo contrastare la tossicità da alluminio e di conseguenza le concentrazioni di silicio nell’acqua potabile andrebbero monitorate in parallelo.

  6. Il contenuto in alluminio dovrebbe essere specificato su tutte le preparazioni alimentari e nei prodotti farmaceutici per prevenire effetti indesiderati soprattutto in soggetti particolari come esposto sopra.

  7. I composti contenenti acido citrico sembrano aumentare la biodisponibilità dell’alluminio ingerito. Di conseguenza andrebbe posta particolare attenzione nell’evitare l’ associare di questi composti a farmaci contenenti alluminio. Quando la funzione renale è nella norma, con l’acido citrico l’aumento dell’assorbimento intestinale dell’alluminio può essere compensato da un aumento parallelo dell’escrezione urinaria. D’altra parte recenti studi di simulazione fanno ipotizzare che anche altri acidi contenuti nella dieta (ad es. gli acidi succinico e tartarico) aumentino la biodisponibilità dell’alluminio ma non determinino alcun aumento compensatorio dell’escrezione urinaria. Anche l’ascorbato ed il lattato aumentano significativamente l’assorbimento di alluminio, come dimostrato recentemente in studi su animali da laboratorio.

  8. Si raccomanda di non cucinare o conservare cibi acidi (ad esempio cavolo acido, pomodoro, ecc.) in contenitori di alluminio. A questo proposito è stato dimostrato che la cottura in alluminio del cavolo acido determina elevate concentrazioni di alluminio sierico fino a 20 mg/L.

  9. Nella letteratura scientifica è stato segnalato che esiste una suscettibilità individuale all’alluminio. Pertanto è importante adottare particolari precauzioni per prevenire la contaminazione degli alimenti e delle bevande con l’ alluminio sia direttamente che durante la loro preparazione, con particolare riguardo per i bambini, gli anziani e i soggetti con funzione renale inadeguata.

  10. La deplezione di magnesio favorisce l’accumulo di alluminio. Tale fatto va seriamente considerato soprattutto durante la gravidanza e nel neonato per evitare potenziali conseguenze negative sullo sviluppo e sulla crescita. La deplezione di magnesio è di frequente riscontro anche nel soggetto anziano.

  11. La carenza di ferro è considerata un fattore di rischio elevato per l’accumulo di alluminio, dal momento che il ferro e l’alluminio condividono gli stessi sistemi di trasporto (es. Transferrina).


    Esposizione per via parenterale:

  12. Tutte le preparazioni da infondere per via endovenosa (e.v.) dovrebbero essere controllate monitorando il contenuto di alluminio, che andrebbe etichettato. C’è accordo sul fatto che il contenuto di alluminio nei fluidi da somministrare per via e.v. ai bambini e agli adulti con insufficienza renale o sottoposti a dialisi debba essere il più basso possibile ed in ogni caso inferiore a 10 µg/L.

  13. L’uso di fluidi per la nutrizione parenterale con elevato contenuto di alluminio dovrebbe essere evitato o ridotto in modo significativo.


    Esposizione ambientale:

  14. Uno studio Canadese del 1993 segnala: "non ci sono prove che sostengano l’ipotesi di un effetto carcinogenico dell’alluminio o un aumento della mortalità legato all’esposizione all’alluminio nell’ambiente di lavoro. Complessivamente, gli studi analizzati danno credito all’ipotesi che l’esposizione all’alluminio porti a deficit neuropsicologici, ma non sono state escluse esposizioni ad altri elementi che possono confondere il quadro clinico." Di conseguenza è fondamentale condurre studi più dettagliati di assorbimento, metabolismo e neurotossicità dell’alluminio nell’ambiente di lavoro. Sarebbe utile controllare il contenuto totale di alluminio nel siero e nelle urine dei lavoratori esposti. Inoltre dovrebbero essere condotti studi autoptici accurati di neuropatologia nei lavoratori particolarmente esposti all’alluminio, paragonandoli a studi simili condotti nei pazienti dializzati cronici e nella popolazione generale.


    RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE PER I GRUPPI A RISCHIO:

  15. I neonati pre-termine sono particolarmente vulnerabili agli effetti tossici dell’alluminio per la loro funzione renale immatura. Deve quindi essere posta particolare attenzione al latte artificiale (a base di soia) che può contenere grandi quantità di alluminio.

  16. È necessario intraprendere studi prospettici accurati sui possibili effetti (cognitivi, comportamentali, motori, di calcificazioni ritardate, ecc.) dell’esposizione a notevoli quantità di alluminio nei bambini sani e nei bambini con insufficienza renale di vario grado, come pure in altri gruppi di pazienti pediatrici.

  17. È essenziale eseguire un controllo periodico dei livelli di alluminio nel plasma come pure nelle soluzioni per dialisi nei soggetti uremici trattati con farmaci leganti del fosforo contenenti alluminio.

  18. A questo proposito una risoluzione della Comunità Europea (C184, 23 luglio 1986) ha stabilito che: (i) le concentrazioni di alluminio nei fluidi di dialisi dovrebbero essere < 10 µg/L nell’emofiltrazione, 15 µg/L nella dialisi peritoneale e < 30 µg/L nella bicarbonato dialisi; (ii) le concentrazioni di alluminio nel siero andrebbero controllate regolarmente (tre volte all’anno); (iii) un livello di alluminio nel siero intono a > 60 µg/L andrebbe considerato come un segno di sovraccarico di alluminio. In seguito al miglioramento nelle conoscenze e nella tecnologia, tali proposte sono state modificate da una Consensus Conference (Parigi, 27 giugno 1992) e nelle linee guida della Società Italiana di Nefrologia, che consigliano livelli inferiori di alluminio nelle soluzioni per dialisi (< 5 µg/L) e nel siero (< 30 µg/L) ma anche controlli meno frequenti (almeno una volta all’anno).

  19. Non dovrebbe essere mai assunto citrato assieme a chelanti del fosforo contenenti alluminio. Inoltre andrebbe consigliato ai pazienti con insufficienza renale di non bere tè (che contiene elevate quantità di alluminio) con succo di limone o con altre bevande contenenti acido citrico, malico, ossalico e altri composti carbossilici.

  20. I pazienti in nutrizione parenterale totale domiciliare andrebbero controllati periodicamente con determinazioni delle concentrazioni di alluminio nel sangue e nelle urine; andrebbe anche monitorato il contenuto di alluminio delle soluzioni per infusione endovenosa .


    RACCOMANDAZIONI TECNICHE:

  21. La determinazione dell’alluminio deve essere eseguita con estrema cura: sono essenziali protocolli analitici (v. es. Istituto Superiore di Sanità) che garantiscano l’assenza di contaminazione e l’utilizzo di strumenti di laboratorio adeguatamente puliti; anche l’ambiente di lavoro del laboratorio deve essere controllato. Oltre che durante le procedure analitiche, può esserci contaminazione dagli strumenti utilizzati durante il trattamento dialitico.

  22. Oltre al contenuto totale di alluminio nei campioni biologici, soprattutto serici, dovrebbe essere determinata e presa in considerazione la sua distribuzione tra leganti a basso ed ad alto peso molecolare.

  23. Per I leganto dell’alluminio sono necessari calcoli basati su costanti di solubilità e di formazione affidabili, per indicare se esista un rischio di un aumento della biodisponibilità dell’alluminio per (i) un aumento della solubilità dell’alluminio e dell’assorbimento passivo paracellulare e (ii) attraverso la formazione di specie neutre da un punto di vista elettrochimico che possono penetrare nell’organismo con un assorbimento passivo transcellulare.

COMPONENTI DEL COMITATO DI STESURA DELLE RACCOMADAZIONI

  • P. Zatta, CNR – Istituto Tecnologie Biomediche, Unità Metalloproteine, Padova.
    Coordinatore del progetto: Interdisciplinary Approach to The Study of Aluminum Toxicity. E.C.COST D8 "Metals in Medicine".

  • C. Canavese, Ospedale Le Molinette, Torino, Italia.

  • S. Costantini, Istituto Superiore di Sanità, Roma, Italia.
  • M. Gallieni, Divisione di Nefrologia, Ospedale "San Paolo", Università di Milano, Italia
  • M. Andriani, + Primario di Nefrologia Ospedale di, Dolo, Venezia (A nome della Società Italiana di Nefrologia).

  • G. Berthon, CNRS FR1744, Université Paul Sabatier, Toulouse, France.
  • D. Boggio – Bertinet, on the behalf of the Italian Society of Parenteral and Enteral Nutrition
  • J. Domingo, Facultad de Medicina y Ciencias de la Salud, Universitat Rovira i Virgili, Reus, Espagne

  • T. Flaten, Dept. of Chemistry, Norwegian University of Science and Technology, Trondheim, Norway.

  • M. Golub, Department of  Internal medicine. University of California, Davis, USA.
  • N. Goto, Laboratory of General Toxicology, Dept. Safety Research on Biologics, National Institute of Infectious Diseases, Tokyo, Japan.

  • M. Kawahara, Metropolitan Institute for Neuroscience, Tokyo, Japan.
  • T. Kiss, Department of Inorganic and Analytical Chemistry, University of Szeged, Hungary.
  • W. Lukiw, LSU Neuroscience Center, New Orleans, LA, USA.
  • W. Markesbery, University of Kentucky Alzheimer’s Disease Research Center, Lexington, KY, USA.
  • R. Milacic, Josef Stefan Institute, Ljubljana, Slovenia.
  • C. Ronco, Director of the Renal Research Laboratory, Beth Israel Med. Ctr, New York, NY, USA.
  • H.H. Sandstead, University of Texas, Med. Branch, Galveston, TX, USA.
  • A. Taylor, Center for Clinical Sciences and Measurement, School of Biological Sciences, University of Surrey, Guilford, U.K

Questo documento verrà pubblicato su riviste scientifiche pertinenti e specializzate, e verrà inviato a tutti i Ministeri della Sanità dell’Unione Europea, come pure ad altre autorità sanitarie pubbliche (Food and Drug Administration, Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.)
Per ulteriori informazioni contattare il Prof. P. Zatta:  zatta@civ.bio.unipd.it

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