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Nessuno si è mai domandato come è possibile che metà di un’isola stia relativamente bene, dal punto di vista economico, mentre l’altra metà sia semplicemente il paese più povero di tutto l’emisfero occidentale?
Teoricamente un’isola dovrebbe disporre di risorse naturali divise abbastanza equamente, e non si conoscono isole in cui ci siano fragole, ruscelli dorati e fior di loto da una parte, mentre dall’altra vi siano cave di tufo, zanzare e topi morti.
Perchè allora Haiti è il paese più povero dell’Occidente, mentre a Santo Domingo – l’altra metà dell’isola – la popolazione se la passa relativamente bene, o comunque vive in maniera dignitosa?
Perchè Haiti ha commesso, oltre duecento anni fa, il più grave peccato mortale che si conosca sulla faccia della terra: ha osato ribellarsi all’uomo bianco.
Pochi sanno che insieme alle due grandi rivoluzioni di fine-settecento, …
… quella americana e quella francese, ci fu anche la rivoluzione popolare di Haiti, che allora era una ricca colonia che produceva riso, tabacco, e quasi la metà di tutto lo zucchero che veniva consumato in Occidente.
Guidati da Toussaint L’Ouverture, l’eroe nazionale degli haitiani, gli schiavi si ribellarono e conquistarono l’indipendenza dai francesi. Ma curiosamente fu proprio l’America delle nuove libertà, reduce dalla propria rivoluzione, ad imporre subito un pesantissimo blocco navale intorno ad Haiti, che durò oltre 60 anni.
Nel frattempo gli haitiani, soffocati dall’embargo e isolati dal mondo, venivano costretti a ripagare ai francesi 100 milioni di franchi in oro per le “perdite di proprietà” subite (circa 20 miliardi di dollari di oggi), e si ritrovarono quindi in ginocchio sin dal primo giorno della loro indipendenza.
Della serie “non provateci mai più”.
Gli haitiani ci hanno messo oltre un secolo a pagare il debito, estinto soltanto nel 1947.
Nel frattempo gli americani avevano invaso l’isola, nel 1915, con la scusa di mettere sotto controllo i “banditi haitiani” che praticavano “pericolose cerimonie voodoo” che “mettevano a rischio le proprietà americane sull’isola”.
Ieri era il rullare del woodoo, oggi è il canto del muezzin: cambia la scusa, ma la “vera” musica non cambia mai. Si chiama colonialismo.
Per essere sicuri che gli haitiani smettessero di praticare il voodoo, l’esercito americano pensò bene di restare sull’isola per altri 19 anni, durante i quali naturalmente riusciva anche ad imporre presidenti che risultassero simpatici a Washington.
La democrazia serve a poco, se intervieni sempre per far eleggere chi vuoi tu.
Dal dopoguerra in poi la punizione per essersi ribellati al padrone bianco è proseguita in mille forme diverse. Dal giorno della loro indipendenza ad oggi ci sono stati ad Haiti 32 colpi di stato, alimentati di volta in volta dalle elite occidentali, che non accettavano la volontà popolare e non volevano saperne di rinunciare al colonialismo.
Dagli anni 60 in poi, nel tentativo di indebolire la fiorente economia agricola dell’isola, gli occidentali promossero una politica che tendeva ad acquistare le terre dei contadini per obbligarli a spostarsi verso le città, constringendoli a vivere negli “slums”, dove sarebbe stato molto più facile sfruttarli come lavoratori dell’industria.
Ma i contadini stavano bene dov’erano, e per convincerli fu necessaria l’imposizione di una delle più brutali dittature mai conosciute sulla faccia della terra: quella di “Papa Doc” Duvalier, durata dal 1957 al 1971, poi proseguita da quella del figlio, “Baby Doc”, che durò fino al 1986.
Con le squadracce dei tonton-macoutes che seminavano sangue e rastrellavano l’isola metro per metro, lentamente le terre vennero tolte ai contadini, obbligando così la popolazione a spostarsi verso le città, in cerca di lavoro.
Finalmente trasformata in gigantesco sweat shop dagli americani, da circa 30 anni Haiti offre al mondo manodopera per l’industria tessile a costo praticamente nullo.
Se proprio non vogliono raccogliere il cotone – avranno pensato gli americani – vuol dire che gli faremo cucire le nostre magliette colorate.
Nel 1990 un nuovo guizzo di orgoglio nazionale ha portato all’elezione di un presidente scelto dal popolo, Bertrand Aristide, che vinse le elezioni con circa tre quarti dei voti disponibili. Ma lo sfortunato Aristide incappava presto in gravi complicazioni, e fu rapidamente rovesciato da un golpe militare. Tornato al potere nel 2000, una nuova serie di sommosse lo ha obbligato definitivamente all’esilio, nel 2004, mentre le Nazioni Unite mandavano i militari “per ristabilire l’ordine”.
Il nuovo ordine mondiale, ovviamente. Quello che si impone con il mitra fra le braccia, mascherato a volte da “intervento difensivo” della NATO, a volte dai caschi blu dell’ “intervento umanitario”.
In tutto questo tempo, l’unica cosa che non è mai cambiata ad Haiti è l’estremo stato di povertà in cui sono stati tenuti da sempre i suoi abitanti.
E’ curioso aver portato a termine la prima rivoluzione in assoluto fra i popoli neri – di cui stranamente non sentiamo mai parlare – per non aver goduto nemmeno di un giorno di reale libertà.
Arriviamo così alla recente dichiarazione di Pat Roberson, il glorioso “tele-evangelista” dei fondamentalisti biblici, che dopo il terremoto ha dichiarato: “Si sono messi insieme, e hanno stretto un patto con il diavolo. Ci metteremo al tuo servizio – gli dissero – se ci aiuti a liberarci dai francesi. E’ una storia vera. E il diavolo disse: “Affare fatto”. E così gli haitiani insorsero e divennero liberi. Ma da allora hanno subito una maledizione dietro l’altra. Disperatamente poveri …”
Ovviamente sfuggiva a Robertson l’ironia secondo cui gli haitiani avrebbero offerto di diventare servi di qualcuno, purchè li aiutasse a liberarsi da una servitù verso altri. (O forse gli haitiani preferivano addirittura il diavolo al dominio dei bianchi?)
In ogni caso, la “tesi” di Robertson non è che la versione esasperata di un razzismo centenario, becero e bigotto, coperto oggi dalla ”filosofia del pietismo” che i media di tutto il mondo hanno provveduto a replicare con nausante insistenza nei giorni del terremoto, secondo la quale i “poveracci“ di Haiti non meritavano davvero questa ennesima sfortuna.
Come se le altre gliele avesse mandate Dio. (*)
Massimo Mazzucco
* Ammesso e non concesso che quest’ultima sia stata davvero "una sfortuna". Vedi anche: Lo spettro di Katrina.
NOTA: Naturalmente la storia di Haiti è molto più complessa e articolata di quella descritta. Qui abbiamo ricostruito solo i passaggi fondamentali, per cercare di mostrare una linea di continuità nel tentativo di tenere sotto controllo una popolazione “ribelle” da parte dei paesi occidentali. Schiavismo e razzismo assumono forme diverse nel tempo, ma sembrano ancora ben lontani dall’essere estinti.