E adesso chi lo dice a Beppe Grillo, che tempo fa sentenziava: “Noi vogliamo fare come Obama che ha detto che non costruirà nuove centrali nucleari”? E mo’ chi lo spiega ad Antonio Di Pietro che in un’intervista a Rainews 24 si era dichiarato non orgoglioso, ma addirittura “molto orgoglioso di stare con Obama” sempre contro l’odiato nucleare? E alle teste d’uovo del nostrano Partito Democratico che – sedotte dal l’entusiasmo ecologista del presidente degli Stati Uniti – avevano bocciato i sogni atomici del governo Berlusconi, e si erano messe di buzzo buono a compilare un programma di “green economy” in salsa tricolore capace di creare un milione di posti di lavoro? Ai piddini del fu segretario Veltroni ora Bersani, a loro, chi li avvisa? Non per altro. E’ che il “buon” Barack Obama ha deciso di fare (un po’) come il Cavaliere “nero” di Arcore. E di puntare tempo, energie e quattrini proprio sulla costruzione di nuove centrali nucleari.
La notizia, che per altro era nell’aria da tempo, è arrivata ieri. Obama ha annunciato che aiuterà la compagnia elettrica Southern company a costruire due nuovi reattori in Georgia. Costo per la collettività: circa 8 miliardi di dollari. E ancora non basta. Perché il presidente Usa avrebbe intenzione di fare di più e di meglio: l’idea sarebbe quella di triplicare addirittura i fondi a disposizione dei produttori di energia atomica (da 18 a circa 54 miliardi di dollari). Piani ambiziosi che – se andassero in porto – consegnerebbero Obama alla Storia. Il presidente ecologista, infatti, abbracciando l’atomo, sbloccherebbe una lunghissima empasse: erano ben 30 anni, come ricordava ieri il “New York Times”, che negli Stati Uniti non si costruivano nuove centrali nucleari.
Una scelta contraddittoria, quella di Mr “Green economy”? Beh, fino a un certo punto. Perché è vero che Obama, anche nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, aveva promesso solennemente che d’ora in poi gli Usa avrebbero imparato a “imbrigliare sole, vento e terra per fare il pieno alle macchine e fare andare le fabbriche”. Ma è anche vero che durante tutta la sua campagna elettorale – come scriveva qualche mese fa anche il settimanale “Newsweek” – il futuro presidente aveva spiegato di voler puntare su metano, carbone pulito, e non meglio definite “nuove vie ad un nucleare sicuro”. Un dettaglio che deve essere sfuggito ai sostenitori della nuova economia verde de’ noantri.
Nuove vie che non sembrano ancora essersi del tutto dischiuse. Come giustamente ha osservato il sito della Cnn: ogni anno le 104 centrali atomiche attive negli Stati Uniti producono circa 2 tonnellate di scorie radioattive che si aggiungono alle 70mila già accumulate finora in 100 siti provvisori; e nessuno ha ancora trovato un sistema per stoccare in modo definitivo e sicuro del materiale che rimarrà comunque radioattivo per migliaia di anni. Un bel busillis. Che però non ha dissuaso il presidente “verde” dal riaprire la stagione del nucleare. E dallo spandere ottimismo: saranno impianti sicurissimi, ha assicurato Obama. Che poi ha sottolineato che grazie alla nuove centrali si creeranno nuovi posti di lavoro e si ridurranno le emissioni di gas serra. E combattere la disoccupazione galoppante (dall’inizio della crisi, gli Stati Uniti hanno bruciato 8,4 milioni di posti di lavoro), e ridurre i gas serra e quindi il riscaldamento globale – per il presidente Usa – sono le vere priorità.
E il solare e l’eolico? Per ora Obama ha combinato poco. Ma il presidente degli Stati Uniti non dispera. Dare via libera oggi a nuove centrali nucleari vuole anche dire andare incontro a volontà ed esigenze dell’opposizione, cioè ai Repubblicani, che di nuove centrali nucleari, ne vorrebbero addirittura 100. Repubblicani che – questo è il ragionamento di Obama, secondo il “New York Times“ – potrebbero un domani decidersi ad aiutare la sua maggioranza a compiere una vera rivoluzione: approvare un pacchetto di incentivi per tutte le energie pulite. Unico neo: le due nuove centrali sono sicure. L’appoggio repubblicano per il futuro, un po’ meno.
Insomma: un colpo al cerchio e uno alla botte. E una buona dose di pragmatismo che però fa un tantino a pugni con sogni e ideali della campagna elettorale che fu. Un po’ come in Afghanistan, dove Obama ha ceduto alle pressioni delle alte sfere dell’esercito e inviato nuovi soldati; ma solo, parole sue, per far finire al guerra prima. Una strategia che sa un po’ di antico, per un presidente che aveva fatto della parola change – “cambiamento” – addirittura uno slogan. Per la disgrazia della nostra sinistrata sinistra senza leader che lo aveva preso per novello messia. E per la gioia del nostro sempiterno primo ministro. Che ora sul nucleare potrà dire: se lo fa anche Obama; yes, we can.