di

Felice Capretta

Il grande intreccio di Dubai (e nessuno ne parla)
Per una fortunata serie di coincidenze (?), le più succose ed ignorate notizie di ieri e di oggi passano quasi tutte da Dubai.
Gli affezionati lettori ricorderanno il quasi default di Dubai, che qualche mese fa informo’ i mercati, a poche ore dalla loro chiusura per un ponte di festività religiose, che avrebbe congelato il pagamento del bond Nakheel.
In pratica, quel giorno Dubai issava sulla propria testa un grosso cartello arancione con scritto “siamo nei guai e non riusciamo a pagare”.
L’intreccio economico
Oggi alcuni media accennano vagamente al nuovo aggiornamento sulla cosa, a partire da swissinfo, che ci racconta con soddisfazione che

L’emirato di Dubai ha stanziato altri 9,5 miliardi di dollari a sostegno di Dubai World, raddoppiando i fondi d’emergenza per la holding che a novembre era andata in default.
In un comunicato, il presidente della massima autorità in materia fiscale, lo sceicco Ahmed Bin Saeed Al Maktoum, ha spiegato che "il nostro sostegno finanziario mostra il nostro impegno per trovare una soluzione equa e giusta per tutti i portatori di interessi".

E fin qui sembra anche una buona notizia.

Nakheel, la divisione immobiliare di Dubai World al centro della crisi, riceverà otto miliardi e i suoi bond sono in netto rialzo sui mercati dopo che Dubai World ha promesso di ripagare per intero gli obbligazionisti se il suo piano di ristrutturazione da 23,5 miliardi sarà accettato dalle banche.

Non fosse che in realtà i debiti di Dubai ammontano, appunto, a più di 20 miliardi di dollari.
Secondo AGI sono 26, ma al di là delle cifre, miliardo più miliardo meno (raccontatelo a chi campa con 1200 euro al mese), la cosa interessante è che questo lancio di agenzia ci spiega con che soldi pensano di riuscire a pagare i debiti:

(AGI) – Dubai, 25 mar. – Dubai World ha chiesto fino a 8 anni ai suoi creditori per il rimborso dei suoi 26 miliardi di dollari di debiti. Il gruppo ha proposto l’emissione di due tranche di nuovi debiti con maturazione tra i 5 e gli 8 anni.

Con altro debito.
Già.

L’intreccio del terrorismo mediorientale
Dubai è stato l’epicentro di un altro grosso e spinoso e complicato intreccio che coinvolge Israele ed il rapporto tra Israele e Palestinesi.
Gli affezionatissimi scorrettamente informati ricorderanno il losco caso dell’assassinio di un combattente palestinese messo in atto dal Mossad sul territorio di uno stato indipendente e sovrano, Dubai appunto.
In pratica, il 20 gennaio 2010, 26 agenti segreti israeliani sono entrati a Dubai con passaporti falsi, hanno preso alloggio nell’hotel dove risiedeva un alto papavero di Hamas e lo hanno assassinato, per poi dileguarsi come se niente fosse.
Qui la storia completa, da luogocomune .
Fatto sta che tra telecamere ed incroci di dati ed assenza di coperture e collusioni ad alto livello nello stato ospitante, stavolta il pentolone è scoppiato e l’operazione sporca del Mossad è saltata fuori.
Proteste immediate di Dubai che ha indicato subito, con dovizia di dettagli, la responsabilità israeliana dell’operazione coperta venuta male.
L’intreccio europeo
Le ripercussioni si sono fatte sentire fino a Londra e Parigi e sembra che stia incrinando la ferrea alleanza angloisrealiana.
Già, perchè una buona parte dei passaporti falsificati appartenevano ad ignari cittadini britannici.
Una specialità israeliana, come ci ricorda questo link sulla losca vicenda del maldestro tentativo di agenti del Mossad di procurarsi passaporti neozelandesi nel 2004.
Londra ha dimostrato un minimo di senso di responsabilità ed ha reagito come si conviene.
I media inglesi riportano infatti la notizia dell’espulsione di un diplomatico israeliano dall’Inghilterra. L’identità è sconosciuta, ma secondo i giornali si tratterebbe del “responsabile del Mossad a Londra”. Nientemeno.
Ci informa sempre AGI :

Il ministro degli Esteri britannico, David Miliband, ha spiegato che vi sono "ragioni fondate" per credere che Israele sia responsabile per l’utilizzo dei documenti e ha annunciato di aver chiesto al governo dello Stato ebraico che non si ripetano piu’ episodi analoghi.
Il capo del Foreign Office e’ stato chiaro: "I documenti sono stati copiati da un passaporto britannico con una operazione altamente sofisticata", e questo indica "che dietro c’e’ un governo".

Chissà quale… e da Virgilio

il Soca, Serious Organised Crime, agenzia britannica contro il grave crimine organizzato, in un recente rapporto citato dal quotidiano Guardian, punta il dito contro le autorità israeliane.
Secondo l’agenzia, che ha condotto un’indagine di quattro settimane, i passaporti potrebbero essere stati clonati al momento del controllo al varco d’ingresso dell’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv o negli uffici esteri della compagnia aerea israeliana El Al.
"Non possiamo esserne certi, ma le prove mostrano che i momenti in cui i passaporti possono essere stati clonati sono durante il controllo della polizia doganale israeliana o all’estero, quando sono stati consegnati nelle mani di funzionari israeliani", afferma il rapporto.
Tanto che il Foreign Office ha emesso un avvertimento ai viaggiatori diretti in Israele:
"I dati del vostro passaporto potrebbero essere captati per usi impropri mentre il documento è fuori del vostro controllo. Il rischio c’è soprattutto per passaporti senza dati biometrici", si legge nell’avviso online.
"Raccomandiamo che diate il vostro passaporto a terzi inclusi i funzionari israeliani soltanto quando ciò è assolutamente necessario".
Ieri, il ministro degli Esteri britannico, David Miliband, intervenuto in Parlamento, ha detto che dall’indagine è emerso che ci sono "decisive ragioni per ritenere che Israele sia responsabile" della falsificazione dei passaporti.

La risposta dell’ambasciatore israeliano a Londra non si è fatta attendere:

Le relazioni tra Israele e il Regno Unito sono di importanza reciproca ed e’ per questo che siamo delusi dalla decisione del governo britannico".

Non è ben chiaro cosa ci guadagni Londra dalla relazione con Israele, ma questo è un altro discorso.
Anche Australia, Francia, Germania e Irlanda hanno aperto inchieste sui passaporti contraffatti .
Ed oggi anche la Francia ha annunciato di aver aperto una inchiesta sull’uso dei documenti falsi.
L’intreccio Israeloamericano
Gli USA non sono in una bella situazione, si sa.
Sono impantanati in una guerra che sta per compiere 10 anni in un paese ed ha compiuto 7 anni nell’altro. Il costo di finanziare le due missioni è altissimo, e la situazione in casa sul versante economico è drammatica.
Detto in modo molto pratico, se almeno le due guerre avessero portato un vantaggio economico di qualche natura la situazione sarebbe stata meno drammatica.
Invece, niente di fatto.
Il problema è che le forze di occupazione angloamericane non hanno l’appoggio della popolazione civile. Forse se distribuissero pane anzichè pallottole la situazione sarebbe più favorevole, ma si sa: si fa prima a distruggere che a costruire.
L’elemento pivot è dunque l’appoggio della popolazione civile. Che pero’ è araba e musulmana, per lo più, e non vede di buon occhio quello che sta succedendo in Israele.

Ed il sostegno totale, sistematico ed organizzato di Washington alla politica ed alla strategia israeliana, unito al più totale disprezzo della causa palestinese, come è naturale pensare, contribuisce a rafforzare l’odio delle popolazioni locali nei confronti delle forze di occupazione.
Ora a Washington, con un’economia dissestata nazione allo sbando ed in vista del “si salvi chi puo’”, l’influenza della nota lobby potrebbe anche iniziare ad essere messa in discussione.
Proprio ieri, Benjamin Netaniyahu, prima di incontrare Barack Obama, dichiarava

«Gerusalemme è la capitale di Israele »

Da terranews

Questo è quanto ha ribadito ieri da Washington il premier israeliano prima di incontrare il presidente Barack Obama.
Nessuna marcia indietro quindi sul progetto di costruzione di 1.600 nuove abitazioni a Gerusalemme est, la zona araba, ignorando così le richieste della comunità internazionale, Stati Uniti in testa, per riavviare i negoziati di pace.

E da Rinascita.eu

Se gli americani sostengono le richieste irragionevoli presentate dai palestinesi in merito a un congelamento degli insediamenti a Gerusalemme – aveva dichiarato il leader del Likud a margine del colloquio – il processo politico rischia di essere bloccato per un anno”.
Nel corso dell’incontro tra i due, poi, dalla municipalità di Gerusalemme è arrivata l’ennesima provocazione: il via libera definitivo alla costruzione di altre 20 abitazioni ebraiche a Gerusalemme est, in un luogo dove al momento si trovano le rovine di un vecchio hotel palestinese.
Un’iniziativa che oltre tutto fa parte di un progetto ancora più ampio e nel quale è prevista l’edificazione di altri 80 appartamenti e di un parcheggio multilivello.

Oltre a 1.600 case nel quartiere ebraico ortodosso di Ramat Shlomo, oltre alle 20 già autorizzate, Israele ha in progetto altre 80 abitazioni nel quartiere arabo di Sheikh Jarrah, dove ogni settimana si svolgono manifestazioni di protesta per gli sfratti dei palestinesi e le demolizioni delle loro case.
Qui un approfondimento sulle demolizioni delle case a Gerusalemme Est
Fatto sta che l’incontro tra Netanyahu e Barack Obama è durato molto poco, a differenza del solito.
I due si sono visti a porte chiuse e l’incontro si è svolto in due fasi, un’ora e mezza la prima e circa trenta minuti la seconda.
Pare che Netanyahu sia dovuto uscire dall’incontro per parlare con il suo team. Segno che la discussione non andava perfettamente bene.
I due leader non sono mai stati visti insieme, al termine dell’incontro Obama si è ritirato all’interno della Casa Bianca mentre il primo ministro israeliano si è allontanato con la sua auto.
Niente photo opportunity, niente comunicato congiunto.
E’ questo, a nostro avviso, un segno di incrinatura nella ferrea alleanza Israele-USA-UK.
Cosa succederà alla crepa, dipenderà da quanto è potente negli USA la nota lobby.
Ciliegina sula torta, Parigi

La Francia deplora la recente decisione della municipalita’ di Gerusalemme di dare il proprio via libera alla costruzione di una colonia di 20 alloggi nel quartiere Sheikh Jarrah”: sono le parole del portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero. ”La Francia – ha aggiunto – come il resto della comunita’ internazionale, non riconosce l’annessione di Gerusalemme Est e condanna ogni decisione che pregiudica il suo statuto finale

dal Corriere.
Ci sarebbero ancora alcune notizie economiche, ma di sicuro non saranno sfuggite agli affezionati lettori le news sul crollo degli acquisti di case nuove negli USA al minimo storico, che fa il paio con la notizia sulla caduta dell’indice delle case esistenti di cui avevamo dato notizia.

 

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