DI

KEITH FITZ-GERALD
CommodityOnline

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando si parla di produzione industriale globale, il Messico sta emergendo in fretta come la “nuova” Cina. Secondo i consulenti aziendali AlixPartners, il Messico ha superato la Cina diventando la nazione più economica al mondo per le società che vogliono produrre per il mercato USA. L’India è ora al secondo posto, seguita da Cina e Brasile. In effetti, i costi del Messico sono diventati così bassi che perfino le società cinesi vi si spostano per sfruttare i vantaggi commerciali derivanti dalla vicinanza geografica. L’afflusso di produttori cinesi è cominciato all’inizio del decennio, quando le società dei settori della telefonia mobile, della televisione, del tessile e dell’automobile con sede in Cina stabilirono i primi impianti industriali in Messico. Nel 2005 c’erano circa 20-25 produttori cinesi operanti negli stati messicani di Chihuahua, Tamaulipas e Baja.
“Gli investimenti sono stati generalmente bassi, ma le operazioni sono riuscite a creare quasi 4000 posti di lavoro”, ha detto Enrique Castro Septien, presidente del Consiglio Nazionale dell’Industria d’Esportazione (CNIME), al portale di news SourceMex in un’intervista del 2005. La pressione cinese sul Messico è divenuta più concentrata con le aziende automobilistiche cinesi Zhongxing Automobile Co., First Automotive Works (in partnership con il gigante dei media e delle vendite Grupo Salinas), Geely Automobile Holdings (PINK: GELYF) e ChangAn Automobile Group Co. Ltd. (il partner cinese di Ford Motor Co. (NYSE: F) e Suzuki Motor Corp.) che hanno tutte annunciato piani per stabilire impianti di produzione in Messico.
Non tutti i progetti saranno realizzati. Ma il piano di Geely richiede un progetto a tre fasi che coinvolgerebbe un investimento complessivo di 270 milioni di dollari e raggiungerebbe una capacità annuale di produzione di 300 mila veicoli. ChangAn vuole produrre 50 mila veicoli l’anno. Entrambe le società stanno intraprendendo questi passi con il fine ultimo di vendere le auto ai consumatori americani.
L’attrattività del Messico come sito di produzione per servire il mercato USA non si limita ai pretendenti cinesi. Le società americane stanno capendo sempre più che il Messico è un’opzione migliore della Cina. Gli analisti lo chiamano “nearshoring” o “globalizzazione alla rovescia”. Ma la realtà è questa: con salari in aumento in Cina, paure continue sui prezzi fluttuanti dell’energia e delle materie prime, e un rapporto dollaro-yuan destinato a peggiorare prima che abbia la possibilità di migliorare, le industrie con un occhio al mercato americano stanno realizzando che il Messico batte la Cina praticamente in ogni fattore che stia a cuore ai produttori.
“La Cina era come un neolaureato, che entra nel mercato del lavoro per la prima volta e disposto a lavorare per quasi niente”, ha detto il consulente industriale German Dominguez in un’intervista a Christian Science Monitor l’anno scorso. Ma adesso la Cina sta sperimentando “la tempesta perfetta… che sta facendo sembrare il Messico – un paese che era sempre stato il brutto anatroccolo in fatto di costi – parecchio migliore”.
La vera rivelazione in tal senso fu la frenesia speculativa del 2008 che spedì i prezzi del petrolio greggio al livello record di oltre 147 dollari al barile – un’escalation che fece schizzare in alto i costi di spedizione. Immediatamente, il vantaggio sui costi di lavoro di cui godeva la Cina non era sufficiente a coprire i costi di spedizione di beni finiti per migliaia di chilometri dall’Asia al Nord America. E propri ciò fece diede avvio al concetto di “nearshoring”, come ha concluso un rapporto di ricerca sugli investimenti della banca canadese CIBC World Markets Inc. (NYSE: CM).
“In un mondo di prezzi del petrolio a tre cifre, le distanze costano”, scrive l’analista di CIBC. “E se la liberalizzazione del commercio e la tecnologia hanno reso il mondo piatto, i crescenti costi dei trasporti lo renderanno ancora una volta tondo”.
In realtà, qui sono in gioco quattro fattori.
I “Fab Four” del Messico
* Il legame Messico-USA: Non c’è alcun dubbio che il ruolo della Cina nell’economia mondiale del post-crisi finanziaria continuerà a crescere d’importanza. Ma contrariamente al senso comune, le società americane esportano tre volte di più in Messico che in Cina. Il Messico riceve il 75% dei suoi investimenti diretti all’estero dagli USA, e rispedisce l’85% del suo export attraverso il confine statunitense. Mentre i vantaggi dei costi e della valuta cinese si riducono, il fatto che USA e Messico si trovino uno a fianco all’altro, rende più logico mantenere le fabbriche in questo emisfero – se non altro per accorciare la catena dei rifornimenti e tener bassi i costi di spedizione. Ciò è particolarmente importante per società come Johnson & Johnson (NYSE: JNJ), Whirlpool Corp. (NYSE: WHR) e perfino per il tormentato produttore di parti automobilistiche Delphi Corp. (PINK: DPHIW) che sono coinvolte in una produzione “appena in tempo” che necessita che le parti siano consegnate solo quando richieste.
* Il vantaggio dei costi locali: Un decennio fa o poco più, in qualsiasi discorso sui costi dei prodotti manifatturieri, l’Asia era facilmente il produttore a basso-costo. Questo non è più scontato. Recenti rapporti – inclusa l’analisi di AlixPartners – mostrano come i costi di produzione in Asia siano del 15-20% più alti di appena quattro anni fa. Un rapporto dell’US Bureau of Labor Statistics arriva alla stessa conclusione. I costi di compensazione nell’Est asiatico – un’area che comprende la Cina ma non il Giappone – sono aumentati dal 32% al 43% dei salari americani nel 2007, il dato più recente disponibile. E poiché i salari crescono a un ritmo dell’8-9% annuo e molti tipi di tasse stanno aumentando, i costi complessivi dell’Est asiatico sono senza dubbio cresciuti anche più nei due anni successivi al rapporto del BLS.
* La crisi strisciante della valuta: Negli ultimi anni, i funzionari eletti americani e i dirigenti d’azienda si sono lamentati del fatto che la Cina mantiene la sua moneta volutamente bassa per aumentare le esportazioni, riducendo al tempo stesso le importazioni dagli USA. Il deficit commerciale con gli USA è schizzato alle stelle, crescendo di 20,2 miliardi di dollari soltanto ad agosto fino a raggiungere 143 miliardi di dollari quest’anno. Il problema della moneta sarà oggetto di discussione nella visita del Presidente Barack Obama in Cina che inizierà lunedì. Dal momento che lo yuan si è rafforzato così tanto, le merci prodotte in Cina potrebbero non essere più l’affare che erano prima. Queste correnti monetarie trasversali non sono comunque un problema tra USA e Messico. A lunedì scorso, il dollaro era sceso del 15% rispetto al suo massimo di marzo 2009. Al tempo stesso, però, il peso messicano aveva perso il 20% sul dollaro. Dunque, mentre lo yuan diventava più forte e il dollaro più debole, il peso diveniva ancora più debole rispetto al dollaro.
* Centrale di alleanze commerciali: Tutti conoscono l’Accordo Nordamericano di Libero Scambio (NAFTA). Ma non tutti comprendono l’impatto che il NAFTA ha avuto fin qui. Non è solo fumo negli occhi: il commercio del Messico con USA e Canada è triplicato dall’entrata in vigore del NAFTA nel 1994. Ma c’è di più: il Messico ha 12 accordi di libero scambio che coinvolgono più di 40 paesi – più di ogni altra nazione e abbastanza da coprire il 90% del commercio estero del paese. I suoi prodotti possono essere esportati – duty-free – verso gli USA, il Canada, l’Unione Europea, la maggior parte del Centro e Sud America, e il Giappone.
Nello schema globale delle cose, ciò che vi sto dicendo qui probabilmente non cambierà molto per la Cina. Quel paese è un gigante economico e un mercato che gli investitori americani non possono permettersi di ignorare. Data la sua forza emergente e la posizione finanziaria sempre più dominante, la Cina avrà il proprio mercato di consumo da servire per i prossimi decenni.
Due candidati a spartirsi i profitti
Da un punto di vista regionale, questi sviluppi mostrano che siamo nelle prime fasi di quella che potrebbe essere una relazione ancora più stretta tra Messico e America – intensificando la partnership esistente in modo da beneficiare società su entrambi i lati del confine (perfino le società che provengono da altre parti del mondo).
Nel frattempo, resteremo in attesa di segnali di una resurrezione dell’industria messicana che è in ultimo guidata da società cinesi – perché sappiamo che quelle americane che fanno affari con loro si godranno i frutti del loro lavoro. Dal momento che questa è un’opportunità in fase preliminare particolarmente ghiotta per gli investitori capaci di digerire un po’ di vera volatilità, osserveremo attentamente quelle società messicane che probabilmente beneficeranno del capitale che è stato appena scaricato nel loro cortile.

Titolo originale: "No.1 Mexico, No.2 India, No.3 China"
Fonte: http://www.commodityonline.com
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA PAOLO VIRGILIO