di Marco Cedolin
E’ stato un fine settimana fitto di riunioni ai massimi livelli, fra premier e ministri, banchieri ed eminenze grigie, nel corso del quale al “giallo” avente per oggetto il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Scahuble, finito misteriosamente all’ospedale nel bel mezzo del vertice e al prevedibile rifiuto della Gran Bretagna di accollarsi oneri finanziari, hanno fatto da contraltare le telefonate del presidente americano Obama, impegnato come non mai a dirigere i lavori ed impartire le proprie direttive tanto alla Merkel quanto a Sarkozy.
Riunioni ufficiali, incontri informali, telefonate private, consigli sussurrati, che sono culminati nella riunione dell’Ecofin, deputata a tirare le somme e rendere ufficiali le decisioni prese, prima della riapertura delle borse. Una maratona durata (o almeno così si dice) la bellezza di 11 ore e terminata quasi fuori tempo massimo, con la decisione di stanziare una cifra nell’ordine dei 750 miliardi (un paio di centinaia dei quali a carico dell’FMI) per salvare l’euro ed un sistema bancario ormai in fase di avanzata decomposizione.
Alla riapertura le borse di tutto il mondo hanno reagito nella maniera più scontata, …
… simili a tante marionette ubbidienti all’ordine di chi tira i propri fili, proponendo rialzi record generalizzati e bottiglie di champagne stappate con entusiasmo, sull’onda di una stabilità ritrovata nel corso di un weekend “da paura” foriero della promessa di prosperità a tempo indefinito. Da Milano a Madrid, da Parigi a Lisbona, passando perfino attraverso la “disgraziata” Atene, gli incrementi sono stati nell’ordine del 10%, mentre l’apertura di Wall Street ha segnato indici ugualmente positivi, seppur più contenuti. Al contempo l’euro, in caduta libera ormai da lungo tempo, ha ripreso vigore, tornando sopra l’indice dell’1,30 nel cambio con il dollaro.
Tutti felici dunque, champagne che scorre a fiumi, problemi risolti, prati verdi e cieli blu cobalto che si materializzano come per incanto, grazie ad un manipolo di stolidi eroi che hanno saputo “governare” una crisi difficile con grande coraggio e capacità. Manipolo all’interno del quale, in Italia si racconta, abbia avuto modo di distinguersi in modo particolare proprio Silvio Berlusconi, in qualità di elemento chiave nello sbloccare dall’impasse la trattativa, tramite una fantomatica telefonata intercorsa all’una di notte con la cancelliera Merkel.
Tutti felici in un mare di champagne, ma non si può evitare di domandarsi, chi pagherà il conto della “rinascita” dell’euro?
Chi sborserà personalmente gli oltre 500 miliardi (una cifra che spaventa al solo pronunciarla) destinati a rinvigorire la moneta unica, il sistema bancario ed i mercati?
A sostenere l’onere saranno sostanzialmente gli stati europei che hanno firmato l’accordo, attraverso esborsi finanziari, la maggior parte dei quali ottenuti contraendo debiti sul mercato di reperimento dei capitali. In parole povere pagheranno i cittadini contribuenti che vedranno aumentare in maniera esponenziale il debito pubblico gravante sulle proprie spalle e la pressione fiscale, mentre contemporaneamente risentiranno (in termini di licenziamenti e minori servizi) del drastico taglio della spesa pubblica imposto per dirottare altrove i finanziamenti.
Qualcuno ha ancora voglia di brindare, magari con un bicchiere di Tavernello certo più adatto all’occasione?
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