DI THIERRY MEYSSAN
Réseau Voltaire
L’insuccesso del rimodellamento Medio-Orientale, ha lasciato il campo libero ad una nuova alleanza, quella del triangolo Tehran-Damasco-Ankara. La Natura ha orrore del vuoto, e Mosca colma lo spazio lasciato vacante da Washington. Il vento ha girato e soffia forte. In alcuni mesi, è tutto l’equilibro regionale che è stato sconvolto. L’equilibrio del Vicino-Oriente è stato modificato interamente durante gli ultimi mesi. Innanzitutto sono cambiate le capacità e le posizioni di parecchi degli attori.
Nella foto: il triangolo Turchia, Iran e Siria, da sinistra a destra Gül, Ahmadinejad e Assad.
– Le forze armate israeliane che avevano inanellato vittoria su vittoria nei decenni passati, non sono più capaci di dominare il terreno. Durante la loro offensiva contro il Libano (2006), e poi contro Gaza (2008), hanno mostrato di aver aumentato il proprio potere distruttivo, senza però riuscire più a raggiungere gli obiettivi prefissati, all’occorrenza nel distruggere l’Hezbollah e Hamas.
Inoltre, il loro arsenale, alimentato a richiesta, dagli Stati Uniti, non garantisce più loro il dominio. I loro carri sono diventati vulnerabili ai RPG russi, mentre formavano la spina dorsale dei loro blitzkrieg. La loro marina è minacciata dai missili suolo-mare consegnata dalla Cina a Hezbollah dotati oramai del sistema anti-interferenza che mancava loro nel 2006. Infine, il loro dominio aereo non resisterà molto tempo alla proliferazione dei S-300 russi, in corso di consegna nella regione.
– La quasi-indipendenza del Kurdistan iracheno organizzata dagli Stati Uniti, lo sviluppo economico di questo quasi-stato, posto sotto tutela israeliana, ed il sostegno troppo visibile degli USA ai separatisti curdi del PKK, ha costretto i militari turchi ad un capovolgimento completo. L’alleanza atlantica non appare più come il garante dell’integrità territoriale turca, ed Israele diventa un nemico. Se Ankara sta attenta a gestire diplomaticamente Washington, i toni con Tal Aviv non hanno cessato di montare, dalla sfuriata che oppose Recip Erdogan a Shimon Peres a Davos, all’incidente diplomatico relativo alla serie teletrasmessa “La Valle dei lupi”.
– Il caos iracheno e la creazione del quasi-stato del Kurdistan hanno costretto gli Stati rivieraschi a concertarsi per proteggersi dalla contaminazione; perché Washington ha tentato di destabilizzarli tutti quanti, al fine di tenerli lontani dal teatro iracheno. Così gli Stati Uniti ed Israele hanno sostenuto segretamente i separatisti curdi della Turchia (PKK), quelli dell’Iran (Pejak) e quelli della Siria. Di conseguenza, l’asse Iran-Siria ha fatto posto ad una triangolo Iran-Siria-Turchia, che dispone di una legittimità storica senza equivalenti. Dalla Rivoluzione islamica, l’Iran è il capofila degli sciiti. Dopo la distruzione del Baas iracheno da parte di Paul Bremmer, la Siria è diventata il leader incontestato del campo laico. Infine, la Turchia, ereditiera del Califfato, è la culla del movimento sunnita. Da soli, questi tre Stati coprono la quasi totalità del campo politico vicino-orientale. Questa alleanza chiude il capitolo del Divide ed Impera, che i poteri coloniali avevano saputo applicare per dominare questa vastissima regione. In particolare mette la parola fine al Fitna, cioè alla guerra civile musulmana tra sunniti e sciiti. Già il re Abdallah dell’Arabia Saudita aveva invitato il presidente iraniano Ahmadinejad a fare con lui il pellegrinaggio alla Mecca, di cui è il custode. Ma la Turchia è l’ereditiera degli ottomani, ed a questo titolo incarna il sunnismo storico. In più, per Ankara, questo nuovo triangolo allarga infine un orizzonte oscurato dagli interminabili indugi dell’Unione Europea.
– La de-basizzazione dell’Iraq, cioè la caccia aperta contro gli esponenti della vecchia amministrazione del paese, ha provocato un esodo massiccio. In sei anni, più di un milione di iracheni sono stati accolti in Siria. Questa ospitalità araba include l’accesso gratuito, privo di contropartita, agli edifici scolastici ed universitari, come all’insieme del Sistema Sanitario nazionale. In un primo tempo, l’ampiezza dell’ondata migratoria ha provocato una grave crisi economica nel paese, ma una volta digerita, ha portato quadri molto qualificati ed un nuovo dinamismo.
– Le agitazioni organizzate dagli Stati Uniti in Yemen hanno costretto la famiglia reale saudita a sostenere la politica di pacificazione con la Siria e l’Iran del re Abdhallah. Di conseguenza, il clan libano-saudita Hariri è stato pregato di riconciliarsi col presidente Bachar el-Assad e di riconoscere legittimità alle armi della Resistenza libanese. Di colpo, l’ambiguo risultato delle elezioni legislative truccate, – vinte verbalmente dalla coalizione condotta dal generale Aoun e da Hezbollah, ma ai seggi dalla coalizione pro-USA formatasi intorno al clan Hariri e all’estrema destra cristiana -, ha cambiato significato ed aperto la via ad un governo di unione nazionale. Mentre dei capi di guerra come il socialista Walid Jumblatt operavano una svolta a 180° per allinearsi alla direzione del vento.
Tuttavia, questa evoluzione è fragile, Washington, ha forse la possibilità di destabilizzare la nuova troika. Comunque sia, parecchi tentativi di rovesciamento di Bashar el-Assad da parte di generali corrotti, sono stati sventati prima che gli stessi potessero passare all’atto. I molteplici attentati orchestrati dalla CIA nelle province non-persiane dell’Iran, non sono riusciti a dare un segnale per rivolte separatiste. Mentre la rivoluzione colorata, organizzata da CIA ed MI6 in occasione dell’elezione presidenziale, è stata annegata da una marea umana. Alle decine di migliaia di contestatari dei quartieri nord di Tehran, ha risposto un’enorme manifestazione di 5 milioni di persone. Infine, Washington sembra nell’incapacità d’utilizzare nuovamente Gladio al fine di instaurare una dittatura militare in Turchia. Da una parte perché la nuova generazione dei generali turchi non è votata al kémalismo, e d’altra parte perché il governo democratico-musulmano dell’AKP si è applicato allo smantellamento di Ergenekon (la Gladio turca).
Washington e Tel-Aviv possono anche costruire dei dossier menzogneri per giustificare le azioni militari. Così ci hanno dato ad intendere dal 2007, che Israele avrebbe scoperto e bombardato un centro di ricerca militare nucleare in Siria e che l’Iran condurrebbe parimenti un vasto programma della stessa natura. Più recentemente, gli stessi poteri hanno accusato la Siria di avere fatto entrare degli Scud in Libano. Queste imputazioni tuttavia non resistono all’analisi, come quelle rilasciate dal Segretario di Stato Colin Powell al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a proposito della pretesa esistenza di armi di distruzione di massa irachene. Le diverse ispezioni dell’AIEA non hanno messo in evidenza che attività civili, e la forza di pace delle nazioni Unite in Libano ha smentito la presenza di Scud nel paese.
[Il 23 Febbraio 2010, Bachar el-Assad riceve Hassan Nasrallah e Mahmoud Ahmadinejad.]
L’entrata in scena della Russia
La perdita di influenza degli Stati Uniti è tanto palpabile che il generale Davide Petraeus, comandante in capo del Central Command, ha suonato l’allarme a Washington. Ai suoi occhi, il gioco giocato non solo dagli israeliani in Palestina, ma soprattutto in Iraq, ha bloccato i progetti statunitensi nella regione. Inoltre, l’impantanamento dei GI’s in Iraq ed in Afghanistan fa di loro degli ostaggi della Turchia, della Siria e dell’Iran, solo a patto d’acquietare le popolazioni in rivolta. In una completa inversione dei ruoli, l’alleato strategico del Pentagono è diventato un proiettile, mentre i suoi nemici regionali sono divenuti i suoi scudi.
Prendendo atto dell’insuccesso del rimodellamento USA del Medio Oriente, Mosca si è riposizionata sulla scena regionale in occasione del viaggio del presidente Dmitry Medvedev a Damasco ed Ankara.
Per quanto riguarda i conflitti con Israele, la Russia ha riaffermato che le soluzioni politiche dovevano essere fondate sulle risoluzioni pertinenti dell’ONU (che includono l’inalienabile diritto al ritorno dei palestinesi), ed i principi della conferenza di Madrid (restituzione dei territori occupati di cui Gerusalemme e il Golan siriano, in cambio di un Trattato di pace).
Inoltre, Dmitry Medvedev ha confermato la preferenza russa per una soluzione a due Stati. Tenuto conto della presenza di un milione di ex-sovietici in Israele, Mosca vuole prevenire un prevedibile esodo in caso di caduta del regime sionista. In questa prospettiva, ha espresso voti per una riconciliazione tra Fatah ed Hamas, e ha incontrato Khaled Mechaal, il leader politico della Resistenza palestinese, proprio quando questo stesso viene qualificato come "terrorista" dagli Stati Uniti. Si tratta veramente di un passo decisivo della Russia: il presidente Medvedev aveva rifiutato per tre volte di ricevere M. Mechaal di passaggio a Mosca, questa volta ha avuto un incontro con lui, e a Damasco. In questa occasione, il presidente russo ha sottolineato l’emergenza crescente della situazione umanitaria a Gaza e ha deplorato il disinteresse di Washington a risolvere questo dramma. Infine, facendo allusione alle minacce israeliane di bombardare i convogli di armi che passano dalla Siria in Libano, ha messo in guardia Tel-Aviv contro una escalation della tensione.
La Russia sostiene l’avvicinamento politico ed economico in corso tra l’Iran, la Siria e la Turchia. I tre stati leader del Vicino-Oriente sono entrati in una fase di intensa cooperazione. In alcuni mesi, hanno aperto le loro frontiere e hanno liberalizzato i loro scambi a tappe forzate. Le loro economie bloccate da anni di guerra hanno conosciuto una ventata d’aria fresca subitanea. La Russia non intende restare lontano da questa nuova zona di prosperità. Immediatamente, Ankara e Mosca hanno abrogato la necessità di visti per i loro cittadini residenti all’estero. Così un turco può entrare senza formalità in Russia mentre non ne è sempre autorizzato né negli USA, né nell’Unione Europea, sebbene la Turchia sia membro della NATO e candidato all’UE.
[Nell’ottobre 2008 Turchia e Armenia ristabiliscono relazioni diplomatiche.]
Mosca ha creato istanze permanenti di concertazione ad alto livello, sia con Damasco che con Ankara, che sul piano diplomatico ed economico contrastano la politica degli Stati Uniti. All’inizio dell’anno, la segretaria di stato USA, Hillary Clinton, aveva ingiunto alla Siria di prendere le distanze dalla Resistenza. Per tutta risposta il presidente Bashar el-Assad si era mostrato immediatamente ai lati del suo omologo iraniano Mahmoud Ahmadinejad e del segretario generale del Hezbollah Hassan Nasrallah ed aveva firmato ironicamente un documento qualificato come "Trattato di distanza ridotta". L’incontro era stato improvvisato così che Khaled Mechaal non aveva avuto il tempo di recarsi sul posto, ma Hamas si era associato al passo. Mettendo le sue minacce ad esecuzione, il presidente Barack Obama ha replicato riconducendo per due anni delle sanzioni economiche contro la Siria.
Rosatom ed Atomstroyexport che stanno terminando la costruzione di una centrale nucleare civile in Iran (Bushehr), e sono in trattativa per delle nuove, ne costruiranno un’altra in Turchia per 20 miliardi di dollari. Dovrebbe essere inaugurata fra sette anni. Un progetto similare è sotto esame in Siria. La mancanza di elettricità, in una regione che ha sofferto dei bombardamenti israeliani, è il principale handicap allo sviluppo economico. Del punto di vista mediorientale la sollecitudine russa a costruire queste centrali non è tanto imputabile ad interessi commerciali quanto ad una volontà di dare ai popoli interessati il mezzo di accelerare uno sviluppo economico che gli Occidentali gli hanno precluso da così tanto tempo. Inoltre Stroitransgaz e Gazprom assicureranno il transito del gas siriano verso il Libano, essendo impedito a Beirut dal suo vicino israeliano di sfruttare le proprie importanti riserve offshore.
Sul piano militare, la Russia ha preso consegna della sua nuova base navale in Siria. Questa gli permetterà di ristabilire l’equilibrio nel Mediterraneo da cui è più o meno assente dallo scioglimento dell’URSS. Ha confermato anche la prossima consegna di missili S-300 a Tehran per proteggere l’Iran delle minacce di bombardamento statunitense ed israeliano.
[Il presidente russo Dmitry Medvedev con l’omologo turco Abdullah Gul]
Pur stigmatizzando le provocazioni iraniane, i diplomatici russo hanno ripetuto che non credono alle accuse occidentali a proposito di pretesi programmi nucleari militari iraniani o siriani. Mentre il protocollo degli Stati rivieraschi del Caspio prevede solamente una fornitura di armi all’Iran in caso d’attacco, il presidente Medvedev ha rievocato un possibile intervento diretto della Russia e ha messo in guardia gli Stati Uniti contro una guerra in Iran, che degenererebbe in Terza Guerra mondiale. Su questo fondamento ha portato il suo sostegno al progetto di denuclearizzazione della regione, cioè allo smantellamento dell’arsenale nucleare israeliano. L’affare è appena stato portato davanti all’AIEA.
Mosca attribuisce un’importanza particolare all’aiuto alla Turchia per risolvere i propri contenziosi secolari con la Grecia e l’Armenia, includendo i conflitti di Cipro e dell’Alto-Karabagh. In tale maniera, Ankara potrebbe allontanarsi definitivamente da Tal-Aviv e da Washington, e riprendere la propria completa indipendenza.
Passi importanti, ma insufficienti, sono stati compiuti dal presidente Abdullah Gül nei confronti di Erevan. Passando sopra a 95 anni di odio, la Turchia e l’Armenia hanno stabilito delle relazioni diplomatiche. Altri progressi dovrebbero seguire nei confronti di Atene, con la benedizione del patriarca ortodosso Cyril Imo di Mosca. Da questo punto di vista, la visita di Recip Erdogan in Grecia è un avvenimento storico che rilancia il processo di riconciliazione sul Mare Egeo, iniziato negli anni ’30 ed interrotto dalla Seconda Guerra mondiale.
Sconvolgendo la strategia USA nel Mar Nero e nel Caspio, Ankara ha accettato un gigantesco investimento russo per la costruzione di un oleodotto collegante Samsun a Ceyhan, che dovrebbe permettere di istradare il petrolio russo del Mar Nero verso il Mediterraneo senza dover utilizzare lo stretto, non adatto al transito di materie inquinanti. Allo stesso modo, Ankara studia la possibile partecipazione al progetto di gasdotto russo South Stream, che se dovesse essere confermato, renderebbe inutile il progetto concorrente degli Stati Uniti e dell’unione europea, Nabucco.
In definitiva, il sostegno russo garantisce la perennità al triangolo Tehran-Damasco-Ankara, in opposizione all’ostilità degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. L’equilibrio strategico del Vicino-Oriente si sta alterando. L’onda d’urto potrebbe propagarsi al Caucaso.
Titolo originale: "Basculement stratégique au Proche-Orien"
Fonte: http://www.voltairenet.org
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILIPPO