DI TITO PULSINELLI
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Il Venezuela non regala soldi ai banchieri – 40% del settore è dello Stato – I banksters vanno in galera –
La vita dà sorprese e per questo va vissuta sempre con intensità. A volte sono sorprese negative, destano stupore o provocano intense risate. E’ il caso di Andrea Barolini e Matteo Cavallito che -su “Il fatto quotidiano” del tre luglio – si misurano in una impresa più grande di loro: dimostrare che il Venezuela è sul bordo di un precipizio. A un soffio da una storica bancarotta da cui scaturirà l’attesa palingenesi per cui tifano gli “occidentali”. Possono aspettare (seduti) e sperare nella metempsicosi.
Sotto il titolo di “Venezuela, il presidente Chavez verso il controllo statale del sistema bancario” svolgono il compitino d’ordinanza e si lasciano scappare che la “statalizzazione del circuito bancario venezuelano è legato alla necessità di fare cassa da parte del governo” (sic!). Gli estensori della circolare ospitata dal nuovo quotidiano, probabilmente immaginano un Chávez squattrinato che manda i suoi pretoriani nel caveau della Banca Federale messa sotto controllo, ordinando di prelevare tutti i marenghi e i sesterzi, d’oro e di rame (non la cartaccia di Wall street), e trasportarli ipso facto al Palazzo presidenziale. E “farebbe cassa”? E’ la nona banca per importanza -cioè poca sostanza- per di più in questo momento stanno restituendo ai risparmiatori individuali i denari malaccortamente depositati nel Federal.
L’anno scorso, il Venezuela ha riscattato il circuito bancario del Banco Bilbao e la rete finanziaria iberica del Gruppo Santander. Non si è trattato di una espropriazione senza indennizzazione, bensì di una transazione in cui lo Stato venezuelano ha regolarmente comprato queste strutture finanziarie. Oggi controlla il 40% della banca, riuscendo a spezzare con notevole tempismo un monopolio privato che –altrove- ha poi arrecato danni micidiali non solo all’economia, bensì alla convivenza civile in vari Paesi. Non è proprio un “far cassa”, ma un investimento, e molto caro.
Il (mis)Fatto quotidiano, trova lecito ed ineccepibile che gli Stati europei si siano svenati per “salvare” i banchieri, mettendo a loro disposizione i fondi pubblici. Non spendono critiche in tal senso, tantomeno quando per “ripianare” ora tagliano salari, pensioni, o tentano di abolire con un colpo di spugna la giurisprudenza del lavoro. Il Venezuela non è la Spagna, né il Regno Unito e spende i propri denari per rafforzare la sovranità economica e monetaria. Non stacca assegni a fondo perduto ai banksters, preferisce nazionalizzare quelle banche diventate casino del gioco d’azzardo, o centri di malaffare ai danni dei piccoli e medi risparmiatori. Grazie a questa politica, finora non ha perso posti di lavoro e i salari minimi sono sempre stati aumentati con decreto-legge. Rivalutati per reincorporare l’alto indice di inflazione, e conservare potere d’acquisto e domanda.
I due pennivendoli non sono d’accordo e difendono la fallimentare ortodossia liberista (oggi Stato-dipendente), ma avere l’ardire di difendere i proprietari del Banco Federale -il cui fallimento era un segreto pubblico- come due candidi agnellini sacrificati sull’altare della libertà d’espressione, è davvero patetico. Tra le innumerevoli attività -lecite ed illecite- del bankster in questione, vi è anche una partecipazione minoritaria in un televisione privata. Ergo, chi lo tocca, stupra l’unica libertà che importa ai salariati dell’indotto mediatico. E’ come se Berlusconi venisse processato per bancarotta e si difendesse come paladino della libertà d’espressione, o come vittima dell’inquisizione del KGB.
Se le cose stanno così, tutti i malfattori finanziari, i bankster, d’ora in avanti si premuniranno comprando qualche azione nel business del latifondo mediatico, ed otterranno un passaporto all’immunità castale. Più poderoso di quello diplomatico. Tutti i Barolini e i Cavallito li difenderanno, anche gratis.
Tito Pulsinelli
Fonte: http://selvasorg.blogspot.com
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5.07.2010