Traduzione (a cura di Giulia) dell’articolo With Magnetic Nanoparticles, Scientists Remotely Control Neurons and Animal Behavior pubblicato sul sito dell’università di Buffalo, Università Statale di New York. Sebbene lo studio in questione venga pubblicizzato come un risultato promettente in un campo di indagini altamente tecnologico con possibili ricadute nel campo delle terapie mediche, è ben chiaro che ci sono ben altre possibili ricadute nel campo del controllo mentale.
La tecnologia militare, del resto, è notoriamente molti anni avanti rispetto a quella civile, che non di rado eredita le scoperte avvenute in ambito militare (anche internet è uno strumento elaborato dagli scienziati che lavoravano per l’esercito statunitense), e la lettura di questi articoli fa capire quanto concreta sia la possibilità che raffinate tecnologie segrete vengano utilizzate al giorno d’oggi per implementare un controllo mentale (o forse dovremmo dire psicofisico) utilizzando come strumenti sinergici le onde elettromagnetiche emanate dal sistema HAARP e dai sistemi consimili (oltre che da chissà quante antenne nascoste) e le scie chimiche.
Per altro occorre molta cautela nello sbandierare anzitempo i possibili benefici nel campo della salute di certe tecnologie, e ben sappiamo come le cure naturali (da sempre nascoste dal sistema di potere) siano molto spesso le migliori (se non le uniche) che possono portare alla vera guarigione e non alla mera rimozione farmacologica dei sintomi.

Con nanoparticelle magnetizzate, gli scienziati sono in grado di controllare a distanza i neuroni ed il comportamento animale.

La ricerca potrebbe condurre alla stimolazione a distanza delle cellule per curare il cancro o il diabete
La ricerca sulle nanoparticelle magnetizzate condotta dal dottorando dell’Università di Buffalo Heng Huang (a destra) e dal professore di fisica della stessa università Arnd Pralle potrebbe portare a terapie basate sulla manipolazione a distanza di proteine o cellule.
Buffalo, NY, 6 luglio 2010 – Agglomerati di nanoparticelle magnetizzate e riscaldate indirizzati verso le membrane cellulari sono in grado di controllare i canali di scambio tra ioni, i neuroni e persino il comportamento animale, secondo uno studio pubblicato dai fisici delle nanotecnologie dell’Università di Buffalo.
La ricerca potrebbe trovare vaste applicazioni, ed avere come potenziale esito terapie innovative per la cura del cancro basate sulla manipolazione a distanza di determinate proteine e cellule in tessuti specifici, o trattamenti più efficaci contro il diabete che stimolino a distanza le cellule pancreatiche a produrre una maggiore quantità di insulina.
Lo studio potrebbe inoltre essere applicato allo sviluppo di nuove terapie per i disturbi neurologici che dipendono da un’insufficiente stimolazione neurale.
"Con lo sviluppo di un metodo che ci consente di usare i campi magnetici per la stimolazione delle cellule sia in vitro che in vivo, questa ricerca ci consentirà di scoprire le ramificazioni di segnali che presiedono al comportamento animale", ha dichiarato il dott. Arnd Pralle, assistente di fisica nel Collegio di Arti e Scienze dell’U.B. e principale referente dello studio scientifico pubblicato.
I ricercatori dell’U.B. hanno dimostrato che il loro metodo potrebbe aprire i canali di scambio tra ioni basati sul calcio, attivare neuroni nelle colture cellulari, e persino manipolare i movimenti del microscopico nematode C. elegans.

 

 

"Abbiamo indirizzato le nanoparticelle verso la zona che corrisponde alla bocca dei vermi, dove sono localizzati gli organi sensoriali detti anfidi", spiega Pralle. "Come si può vedere nel video, i vermi inizialmente strisciano in varie direzioni; non appena riscaldiamo le nanoparticelle a 34° Celsius, la maggior parte dei vermi inverte la sua direzione di movimento. Potremmo usare questo sistema per farli muovere avanti e indietro. Ora non resta che scoprire quali altri comportamenti possono essere controllati allo stesso modo."

I vermi hanno cambiato direzione non appena la loro temperatura ha raggiunto i 34° Celsius, dice Pralle, la stessa soglia che in natura marca una reazione di elusione. Questo prova, secondo lui, che questo approccio potrebbe fondare studi su nuove terapie farmacologiche applicate all’intero organismo.
Il metodo sviluppato dai ricercatori della U.B. consiste nel riscaldare le nanoparticelle in una membrana cellulare esponendole ad un campo magnetico a radiofrequenze; il calore che ne risulta stimola poi la cellula.
"Abbiamo sviluppato uno strumento per riscaldare le nanoparticelle e misurare la loro temperatura", dice Pralle, notando come si sappia ancora molto poco sulla conduzione del calore nei tessuti ad una nanoscala.
"Il nostro metodo è importante perché consente di riscaldare solo la membrana cellulare. Non volevamo uccidere la cellula", ha dichiarato, "mentre la membrana esterna alla cellula si riscalda, non c’è variazione di temperatura nella cellula stessa."
Con una grandezza di soli sei nanometri, le particelle si possono diffondere facilmente tra le cellule. Il campo magnetico è paragonabile a quello usato per la risonanza magnetica. E la capacità del metodo di attivare le cellule uniformemente in una vasta area lascia intuire, secondo quanto riportato dagli scienziati, la possibilità di applicazioni in vivo all’intero corpo.

 

Nella stessa pubblicazione scientifica, gli scienziati riferiscono di avere inventato una sonda a fluorescenza per misurare il riscaldamento delle nanoparticelle a 34° Celsius.
"L’intensità della fluorescenza indica il cambiamento di temperatura", dice Pralle "è una sorta di nanotermometro che potrebbe consentire agli scienziati di misurare più agevolmente le variazioni di temperatura a livello di nanoscala."
Pralle e i suoi collaboratori agiscono nell’ambito della Ricognizione Molecolare nei Sistemi Biologici e della Bioinformatica e Sistemi Integrati di Nanostrutture, come identificati nel documento di programmazione strategica 2020 dell’Università di Buffalo.
Oltre a Pralle, che è ricercatore associato nel Dipartimento di Fisiologia e Biofisica della Scuola di Medicina e di Scienze Biomediche dell’U.B., i coautori sono Heng Huang e Savas Delikanli, entrambi dottorandi nel Dipartimento di Fisica della U.B., il dott. Hao Zeng, professore associato nel Dipartimento di Fisica, e la dott.ssa Denise M.Ferkey, professoressa assistente nel Dipartimento di Scienze Biologiche.
La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Nazionale per la Scienza e dal Fondo di Sviluppo Interdisciplinare 2020 della Buffalo University.
L’Università di Buffalo è un ateneo pubblico dedicato alla ricerca intensiva, il fiore all’occhiello del sistema delle università dello stato di New York, ed il suo maggiore e più articolato campus.
I suoi più di 28.000 studenti perseguono i propri interessi accademici mediante più di 300 programmi universitari, post-universitari e professionali. Fondata nel 1846, l’Università di Buffalo è un membro dell’Associazione delle Università Americane.

 

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