La "riforma" universitaria che porta il nome del ministro Gelmini si è avvalsa di una copertura mediatica con rari precedenti, a cominciare dai commenti entusiastici de "Il Sole-24 ore", organo della Confindustria. Sebbene Maria Stella Gelmini sia un personaggio impresentabile, assolutamente privo di una storia personale che possa accreditarne gli intenti riformatori, le poche critiche che i media ufficiali le hanno riservato hanno riguardato la questione dei "tagli", come se l’impianto del DDL potesse vantare davvero la sua motivazione in un progetto di razionalizzazione del sistema universitario. In un’intervista a "Repubblica-Radio TV", il dirigente del Partito Democratico Paolo Gentiloni non ha esitato a dichiarare spudoratamente che la "riforma" Gelmini sarebbe risultata in grado di spiazzare le sinistre grazie ai suoi criteri di "concorrenzialità" tra gli atenei. Anche giornalisti della "destra antagonista", come Massimo Fini, hanno mostrato, ancora di recente, di credere ai presunti intenti anti-baronali del DDL Gelmini, concentrando perciò le critiche solo sull’aspetto dei "tagli".
In realtà la sedicente riforma Gelmini costituisce un guscio vuoto, un mero elenco di tagli, in cui i veri contenuti avrebbero dovuto essere inseriti in modo subdolo ed accessorio. In molti hanno notato che la "riforma" condanna la gran parte dei ricercatori universitari a cercare scampo nell’emigrazione intellettuale; ma questo risultato, sebbene conseguente all’attuale status servile dell’Italia ed allo sfruttamento coloniale delle sue risorse, poteva essere raggiunto con i consueti tagli imposti dalle Leggi Finanziarie, senza la messinscena trionfale di una pseudo-riforma.
Lo show mediatico della "riforma" doveva in realtà servire a coprire il passaggio di beni demaniali dello Stato alle Università, un passaggio che era stato già prospettato nell’articolo 16 comma 2 del Decreto Tremonti, divenuto la Legge 133/2008, la stessa Legge che poneva le condizioni per la privatizzazione dell’acqua e dei patrimoni immobiliari delle aziende idriche.
http://www.camera.it/parlam/leggi/08133l.htm
In una lettera a Micromega-online del 26 novembre, un ricercatore dell’Università di Roma Tor Vergata poneva il problema con molta incisività, rilevando che il trasferimento alle Università dei beni demaniali attualmente in loro uso, comporterebbe anche il passaggio di proprietà di vasti terreni edificabili, con tutte le relative opportunità di speculazione edilizia, che costituiscono un obiettivo che unifica le aspirazioni sia dei gruppi affaristici legati al governo che di quelli legati all’opposizione, il che spiegherebbe il silenzio-assenso tenuto sinora dal PD sulla questione. Nel momento in cui le Università diventassero a tutti gli effetti Fondazioni a diritto privato, come prevede la Legge 133/2008 voluta da Tremonti, di questi terreni edificabili i Rettori ed i loro soci privati potrebbero fare quello che più gli aggrada, senza dover rispondere alla Corte dei Conti; perciò si spiega anche il caloroso sostegno dei Rettori e della Confindustria alla Gelmini. Si tratterebbe in definitiva di privatizzazioni mascherate, ottenute, come sempre, dai confindustriali senza sborsare un soldo di loro. Il saccheggio dei patrimoni immobiliari pubblici costituisce il denominatore comune alla base di quasi tutte le attuali "riforme", nelle quali il più gretto latrocinio viene camuffato con slogan idealistici ed "epocali", in conformità alle tecniche di pubbliche relazioni messe a punto trenta anni fa dai Neocon statunitensi.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/facolta-di-costruire-cosi-la-riforma-gelmini-regala-i-beni-demaniali-dello-stato/
In effetti però, qualche giorno prima, l’emendamento che aveva inserito surrettiziamente questo trasferimento, era stato a sua volta emendato. In una lettera/piagnisteo del deputato PD Walter Tocci, circolata su Internet, si lamentavano i "peggioramenti" al DDL Gelmini, tra cui "la soppressione del trasferimento dei beni demaniali in uso agli atenei". Le tesi di Tocci sono state riprese anche in un comunicato della FLC-CGIL. La lettera di Tocci poneva in evidenza anche la condizione di commissariamento in cui gli emendamenti del 20 novembre alla Camera avevano posto il ministero dell’Istruzione e dell’Università, che avrebbe dovuto rispondere in tutto e per tutto al Ministero dell’Economia, cioè a Tremonti.
http://sciencebackstage.blogosfere.it/2010/11/universita-ddl-gelmini-e-gli-ultimi-aggiustamenti.html
Si può quindi dire che, come Dio, Tremonti ha dato e Tremonti ha tolto. Perché Tremonti si è rimangiato – almeno per ora – il ghiotto trasferimento dei beni demaniali dello Stato agli atenei, soprattutto visto che ciò costituiva un "obiettivo trasversale", che faceva gola sia al governo che all’opposizione?
Il motivo appare evidente: Tremonti sta usando il trasferimento dei beni demaniali come strumento di pressione, per contrattare o la sopravvivenza del governo, oppure una propria candidatura alla Presidenza del Consiglio contro gli altri candidati in lizza, cioè Fini, Draghi e l’outsider Maroni. Tremonti in questo momento non si fida neppure degli zombi da lui stesso creati, come la Gelmini, perciò non aveva esitato a farla commissariare per evitare che cambiasse padrone; ma questo commissariamento è caduto per un ulteriore emendamento del FLI nella seduta del 30 novembre.
http://www.corriere.it/politica/10_novembre_30/universita-emendamenti_d5db1e9c-fc74-11df-8fb3-00144f02aabc.shtml
Il provvedimento del trasferimento (chiamiamolo pure furto o saccheggio) dei beni demaniali potrebbe essere stato scorporato per inserirlo in qualche altro Decreto, magari la Legge di Stabilità Finanziaria; sempre che Tremonti ottenga ciò che vuole. Sembra andare in questo senso un ordine del giorno della Camera approvato nella seduta del 24 novembre, che impegna il governo a ripristinare i "finanziamenti" alle Università in provvedimenti successivi, ivi compreso il trasferimento dei beni demaniali.
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:uPltdU20FrsJ:www.camera.it/_dati/leg16/lavori/odg/cam/fascicoli/20101124/20101124o3687.htm+trasferimento+beni+demaniali+agli+atenei&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it
In questo caso il DDL Gelmini appena approvato alla Camera potrebbe anche essere abbandonato al suo destino al ritorno in Senato. Potrebbe anche accadere che le opposizioni presentino l’eventuale reintroduzione del trasferimento dei beni demaniali in qualche altro provvedimento come una loro vittoria contro i "tagli". Su questo punto non sarebbe difficile ingannare un’opinione pubblica ignara delle incombenti privatizzazioni, che potrebbe essere indotta a credere che i beni demaniali acquisiti dagli atenei, verrebbero davvero usati per sostenerne finanziariamente l’attività.

Fonte: www.comidad.org
Link http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=389