DI

GILLES BONAFI
Mondialisation.ca

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L’8 novembre 2010 ha avuto luogo un evento d’importanza capitale, che è stato trattato in due righe dalla maggior parte dei quotidiani più importanti. Ovvero, lunedì 8 novembre Ambac Financial, l’assicuratore delle obbligazioni americano, si è posto sotto la tutela del paragrafo 11 della legge sui fallimenti degli Stati Uniti. La dichiarazione di fallimento del gruppo di fronte alla U.S. Bankruptcy Court di Manhattan è il segno precursore di una prossima catastrofe economica senza precedenti, poiché Ambac è un valorizzatore di crediti (monoline in inglese) che si trova proprio nel cuore del processo di cartolarizzazione basato su una logica assicurativa. Di fatto, tramite questa scappatoia, i debiti vengono trasformati in titoli finanziari, una enorme piramide di Ponzi!
Gli assicuratori, inoltre, forniscono la propria garanzia per il pagamento in caso di default o di fallimento dell’emittente di questi titoli. È dunque il nostro intero sistema finanziario che sta crollando sotto i nostri occhi, e la posta in gioco è così colossale che nessuno stato potrà accollarsi queste perdite, di cui dovrà farsi carico piuttosto una struttura sopranazionale (FMI, BCE).
Per esempio, Ambac garantirebbe per 700 miliardi di dollari dei suddetti strumenti di debito (CDS), che vanno paragonati ai 400 miliardi di dollari (secondo gli analisi di IFR, International Financing Review, un servizio di Thomson Reuters) di Lehman Brothers, il cui fallimento, il15 settembre 2008, ha dato il colpo d’avvio alla crisi attuale. I prodotti derivati
Bisogna sapere che la parte essenziale di quei prodotti finanziari chiamati prodotti derivati è costituita da CDS (Credit Default Swaps). Ad esempio, il 97,14% dei derivati dei crediti statunitensi sono CDS, come indicato a pagina 8/35 del rapporto OCC1 (Office of the Comptroller of the Currency, l’autorità governativa statunitense che tutela le banche), pubblicato il 27 settembre 2010. I prodotti derivati ammontano ad una somma di 223.376 miliardi di dollari negli U.S.A., ovvero 3,7 volte il PIL mondiale!
I CDS sono contratti di assicurazione immessi sul mercato e soprattutto fuori bilancio, ovvero essi non appaiono nei libri contabili di una società, insomma, degli attivi fantasma.
Di fatto, mettendo questi prodotti fuori bilancio, gli organismi finanziari evitano di costituire delle riserve, garantendo dei prodotti assicurativi. La parte fondamentale di questi prodotti derivati è addossata a dei debiti e soprattutto all’assicurazione per il mancato rimborso di questi ultimi, ed è qui che si pone il problema, perché, in caso di fallimento di uno degli elementi coinvolti, tutti questi prodotti devono apparire sui conti degli istituti finanziari. Inoltre, la maggior parte di questi CDS sono addossati a dei crediti immobiliari (privati e commerciali), e sappiamo che negli USA vengono attuati ogni giorno 12.966 procedimenti di sequestro immobiliare2 , un crollo, questo, senza precedenti.
Anche il settore immobiliare sta attraversando una crisi senza precedenti. Potete così capire meglio la mia ossessione nell’analizzare la situazione del mercato immobiliare negli USA. È in vista un crac gigantesco. Gli stress-tests non hanno tenuto conto di questo, perché questi prodotti sono fuori bilancio, con una posta in gioco che va oltre ogni immaginazione.
Si cerca così di rendere complicata la comprensione dei CDS, quando essi, riassumendo, non sono che dei debiti trasformati in prodotti finanziari e, infine, in soldi, un vero gioco di prestigio. Il dibattito fra gli economisti sulla definizione del denaro ha recentemente trovato una definizione sconvolgente: esso non sarebbe che un’informazione, e le vecchie teorie sulle relazioni lavoro/capitale sono morte e sepolte.
I protagonisti di questa crisi sono, d’altra parte, dei grandi pedagoghi, seguendo così l’esempio di Alan Greenspan, ex presidente della FED, che, sull’edizione di “Le Monde” del 9 luglio 1998, dichiarava: “Se qualcuno ha capito qualcosa di quello che ho appena detto, significa che mi sono espresso male”.
I prodotti derivati (delle metastasi) sono quindi al cuore del problema finanziario attuale e, tuttavia, il loro ammontare a livello mondiale non smette di diminuire, passando dai 690.000 miliardi di dollari, all’inizio del 2008, ai 444.000 nel quarto trimestre del 2009, secondo la BRI 3 (Banca delle Relazioni Internazionali).
Nonostante questo, è bene notare come il 30 giugno 2008 l’OCC dichiarasse che gli USA possedevano 182.100 miliardi di dollari di prodotti derivati (vedi tabella del rapporto dell’OCC1, pagina 11/35), poi 200.000 miliardi ad inizio 2010; questi ammontano ormai a 223.376 miliardi di dollari, ovvero 3,7 volte il PIL mondiale, di cui 211.850 miliardi in possesso di quattro banche: JP Morgan Chase, Bank of America, Citibank e Goldman Sachs.
Si è avuta dunque una crescita progressiva di 20.000 miliardi di dollari di prodotti derivati ogni sei mesi, tutti concentrati nelle mani di quattro protagonisti dell’economia, una gigantesca corsa in avanti di una finanza senza controllo.
Per la cronaca, JP Morgan detiene da sola 75.253 miliardi di dollari di prodotti derivati, vale a dire più di 1,2 volte il PIL mondiale!!! (Vedi tabella a pagina 27/35 del rapporto dell’OCC1).
Le conseguenze di questo sperpero finanziario sono colossali, ed il peggio deve ancora venire. D’altra parte, il PIL mondiale è diminuito nel 2009 del 2,2%, come dichiara l’osservatorio dell’ONU4.
I ricercatori Jed Friedman e Norbert Schady hanno altresì dimostrato che da 30.000 a 50.000 bambini sarebbero morti di malnutrizione per conseguenza diretta della crisi economica. Quest’ultima ha provocato, ad ogni modo, un boom di estrema povertà, coinvolgendo 64 milioni di persone in più.
Le pensioni, come il sistema sociale, scompariranno anch’essi in questo buco nero finanziario.
La crisi sistemica attuale non è che la messa in evidenza del fallimento strutturale del capitalismo: la concentrazione di capitali nelle mani di pochi agenti (la legge di Pareto).
Non mi stancherò mai di ripetere che questo sistema, che funziona su un lavoro basato sul consumo a partire dei debiti, e sull’appropriazione, da parte di qualcun altro, della stragrande maggioranza degli interessi, impone, nel corso degli anni, un allargamento della base dei crediti. E, una volta che si inizia a prestare a persone che non sono in grado di rimborsare (i poveri), il sistema crolla su se stesso.
Le perdite finanziarie a venire saranno colossali, e simili alla botte delle Danaidi, condannate a riempire negli Inferi, appunto, una botte senza fondo: tali perdite finiranno per rovinare gli stati, visto che tutti gli organismi finanziari del pianeta sono correlati, ed il famoso effetto domino entrerà in azione.
Il debito dell’Irlanda (che illustra al meglio la situazione) passerà dal 28 al 93% dal 2007 al 2011, secondo l’FMI, quello della Spagna dal 42 al 74% nello stesso periodo, si assiste così ad una Discesa agli Inferi degli Stati-Nazione 5. Così, i 90 miliardi di aiuti all’Irlanda, ben presto inghiottiti dalla sua finanza, non saranno niente in confronto con i prossimi 500 miliardi per la Spagna6.
Il Fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), prima tappa di un futuro FME (Fondo monetario europeo) operativo a partire dal 4 agosto 2010, ed attualmente dotato di 750 miliardi di euro, vedrà sicuramente raddoppiare il proprio capitale per salvare la Spagna (dal quotidiano tedesco “Die Welt”), come prevede Axel Weber, uno dei membri del direttorio della Banca Centrale Europea (BCE).
Negli USA vengono prodotti dalla FED ogni mese 110 miliardi di dollari7, soldi che non alimentano l’economia e che, non appena prodotti, sono già spariti nella famosa botte delle Danaidi della finanza. Il problema è di fatto mondiale. Certo, si troverà una soluzione, magari una soluzione sopranazionale con un FMI, una BCE (o FESF), che diverranno i prestatori in ultimo grado di questo sistema economico, basato sul consumo a partire dai debiti.
Il dollaro sarà quindi sostituito, arriverà la moneta mondiale: il DSP.
La soluzione: una moneta mondiale
I diritti speciali di prelievo (SDR in inglese, per Special Drawing Rights) sono un insieme di valute che comprende il dollaro, la sterlina, lo yen e l’euro.
Il G20, che deve ridisegnare il sistema monetario in vista del fallimento degli stati, dovrà quindi modificare il funzionamento di questa moneta, destinata a sostituire il dollaro negli scambi mondiali e, soprattutto, a permettere al sistema di sopravvivere (prestatori in ultimo grado).
Una prima riforma consisterebbe nell’includere altre monete per poi equipararle ad un paniere di materie prime (forse con l’oro?); magari sarebbe l’unica soluzione plausibile contro il crollo attuale del dollaro. I DSP diverrebbero dunque facilmente convertibili in valute nazionali e resisterebbero all’inflazione, sarebbero insomma il Graal dei monetaristi. Il famoso “Bancor” starebbe insomma nascendo, il solo interrogativo concerne la questione del controllo democratico di una tale valuta.
Zhou Xiaochuan, il governatore della Banca Centrale Cinese, lo aveva già annunciato nel marzo 2009. Il Fondo Monetario Internazionale ha moltiplicato per venti il proprio capitale basato sui DSP, passando da 21,4 miliardi a 204 miliardi (300 miliardi di dollari circa), nel settembre 2009, raddoppiando poi il proprio capitale il 5 novembre 20108. C’è da scommettere decisamente che quest’ultimo raddoppierà ancora ed ancora, poiché per risolvere la crisi del debito servono dei nuovi debiti, un sistema alla Ponzi.
La vera questione è dunque solo sapere se il governo mondiale, nelle mani dell’alta finanza, sarà di tipo democratico o oligarchico.
Economia di guerra negli USA
Ridisegnare il sistema monetario mondiale significherà anche sostituire il dollaro negli scambi globali con i DSP. Nonostante questo, la caduta degli USA, l’Impero romano contemporaneo, ci espone a dei gravi pericoli. In effetti, gli USA si trovano da ormai molto tempo in un’economia di guerra.
Le delocalizzazioni hanno di fatto provocato un ribasso degli effettivi industriali fra la popolazione attiva americana, passati dal 32,6% del 1974 al 18% circa odierno. La finanza statunitense non ha fatto che mascherare questo tracollo. Su di un PIL di 14.600 miliardi di dollari, l’industria statunitense non rappresenta più di 2993 miliardi, di cui la maggior parte dipende dall’industria degli armamenti.
D’altra parte, Barack Obama ha presentato per l’anno fiscale 2011 un budget per la difesa di 768 miliardi di dollari, da confrontare con i 512 miliardi del 20099. Un incremento del 50%!!!
Il 30% degli armamenti al mondo viene venduto dagli USA, ciò rappresenta 75 miliardi di dollari, una cifra in costante aumento, alla quale bisogna aggiungere i 768 miliardi di dollari del budget 2011.
Si capisce così che la maggior parte degli investimenti industriali negli USA dipende direttamente dall’industria degli armamenti, che rappresenta ormai il 30% dell’industria, il solo settore che non conosce crisi e che rischia di gettarci nel caos. Gli avvenimenti in Corea, così come le tensioni in Iran e in Venezuela, devono essere analizzati tenendo conto della situazione economica catastrofica degli USA.
Tuttavia, il problema posto dal crac senza precedenti che attraversiamo oggi è una crisi di civiltà, che va oltre la sfera dell’economia. La crisi sistemica rimette in questione il funzionamento “democratico” del mondo occidentale. Il lavoro (a partire dai debito!), il nostro principale legame sociale, è allo stesso modo in corso di distruzione.
Friedrich Wilhelm Nietzsche, nel suo libro visionario “Al di là del bene e del male” (pubblicato a spese dell’autore nel 1886) ha descritto il mondo e l’uomo per come funzionano realmente. Oggi ci rifiutiamo ancora di osservarci per quello che siamo ed assistiamo alla scomparsa del velo della nostra apparente democrazia.
Nietzsche pensava: “C’è una morale dei padroni ed una morale degli schiavi” (Al di là del bene e del male). Il suo sogno, come quello di molti altri, era l’instaurazione di un governo mondiale dittatoriale. Inoltre, Nietzsche prediceva la fine della democrazia: “La democratizzazione dell’Europa tenderà infine a produrre un tipo di essere umano preparato nel modo più sottile al mondo della schiavitù, ma in alcuni casi isolati ed eccezionali il tipo dell’uomo forte non potrà che divenire più forte, più prospero e più ricco di quanto lo sia mai stato, grazie alla sua educazione libera da pregiudizi, grazie alla prodigiosa diversità delle sue attività, delle sue capacità e delle sue maschere.”
Aldous Leonard Huxley, autore de “Il mondo nuovo”, ci offre una chiave di lettura fondamentale nelle ultime pagine del suo saggio “Ritorno al mondo nuovo” (Brave New World Revisited), pubblicato nell’ultimo periodo della sua vita, nel 1958: “Nell’attesa, resta ancora qualche libertà nel mondo. È vero che molti giovani sembrano non apprezzarle, ma un certo numero di individui fra noi crede ancora che senza di esse gli uomini non possano divenire pienamente uomini e che esse, quindi, abbia un valore insostituibile. Forse le forze che la minacciano sono troppo potenti, perché si possa resistere ancora a lungo. Ma resta ancora nostro dovere fare di tutto il possibile per opporci.”

Gilles Bonafi è professore ed analista economico. È un collaboratore fisso di Mondialisation.ca. Articoli di Gilles Bonafi pubblicati da Mondialisation.ca
Fonte: www.mondialisation.ca
Link: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=22286
Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di DANIEL ABBRUZZESE
Note :
1 : http://www.occ.treas.gov/topics/capital-markets/financial-markets/trading/derivatives/dq210.pdf
2 : http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=19946
3 : http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1003b_fr.pdf , p. 11
4 : http://www.un.org/apps/newsFr/storyF.asp?NewsID=21052&Cr=crise&Cr1
5 : http://www.agoravox.fr/actualites/economie/article/la-descente-aux-enfers-des-etats-71462
6 : http://www.lefigaro.fr/flash-eco/2010/11/24/97002-20101124FILWWW00459-l-espagne-trop-grosse-pour-etre-sauvee.php
7 : http://www.washingtonpost.com/wpdyn/content/article/2010/10/29/AR2010102907404.html
8 : http://www.imf.org/external/np/exr/facts/fre/sdrf.htm
http://www.lefigaro.fr/flash-eco/2010/11/06/97002-20101106FILWWW00381-le-fmi-double-son-capital.php
9 : http://www.lepoint.fr/actualites-monde/2010-02-01/en-2011-les-etats-unis-depenseront-plus-de-800-milliards-de/1648/0/419474