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Il telegiornale di ieri ha diffuso una notizia quasi incredibile: la regione libica della Cirenaica si sarebbe "liberata" (dal giogo di Gheddafi) e sarebbe al momento "autogestita dal popolo con la collaborazione di uomini dell’esercito e della polizia che in gran numero hanno appoggiato la rivolta".

Ovviamente, per chi sa leggere un poco al di là della propaganda governativa, ci si trova di fronte ad una sorta di ossimoro: libertà ed autogestione con la collaborazione delle stesse forze che fino a pochi giorni prima rappresentavano il duro braccio della legge, la forza repressiva utilizzata dal quello stesso dittatore che adesso vogliono spodestare.

Se davvero tutti questi poliziotti fossero stati contrari alla cosiddetta tirannide di Gheddafi (intendiamoci, non voglio qui difendere quest’uomo, che non mi piace affatto, ma definirlo tiranno forse è un poco eccessivo viste le persone che governano Italia, Stati Uniti, Russia ed altri paesi "democratici") avrebbero potuto benissimo pensarci prima e cambiare mestiere.

Ma a quanto pare ci vuole un input dall’alto, da parte di chi manovra occultamente, per scatenare l’ennesima rivolta a dir poco ambigua, che si manifesta adesso in Libia come se ci fosse un contagio, un contagio molto particolare che a quanto pare segue sempre la stessa regia e usa (guarda caso) sempre gli stessi simboli. A tal proposito è opportuna la lettura dell’articolo la prova le rivolte in medio oriente sono innescate dagli USA

Altrettanto strana e repentina è la notizia del voltafaccia, appena un giorno o due dopo l’inizio della "rivolta" degli ambasciatori libici all’ONU; gli ambasciatori, soprattutto in una dittatura (quale ci viene descritta la reggenza di Gheddafi)  di norma sono scelti tra la gente più fidata del regime, e sembra decisamente strano vederli cambiare bandiera così rapidamente. Di certo potrebbero aver capito subito che aria tirava ed quindi potrebbero aver pensato di andare dove spirava il vento, però per essere così sicuri sin dall’inizio che il regime di Gheddafi sarebbe crollato avrebbero dovuto avere un po’ troppa lungimiranza, oppure troppa conoscenza dei piani occulti delle élite. In ogni caso è facile pensare che siano stati cooptati da tempo e/o corrotti da chi sta costruendo questa enorme manovra di riassetto politico del Nord-Africa; e non ditemi per favore che il popolo ha fatto una mega colletta per corrompere gli ambasciatori e portarli dalla propria parte.

Del resto l’assoluta disonestà delle notizie diffuse dai media mostra chiaramente come tutto sia artificiosamente costruita, ovvero quelle relative ai supposti raid aerei contro i manifestanti che avrebbero mietuto migliaia di vittime, sepolte poi nelle fosse comuni.

FOSSE COMUNI? Ma fatemi il piacere!

Come giustamente osserva un lettore di Debora Billi, il video che sta facendo il giro del mondo e che viene riproposto da tutti i media di regime ( http://www.youtube.com/watch?v=dveZvW1lrGE ) non riprende una distesa di fosse comuni ma di un cimitero già esistente a Tripoli. Si chiama Sidi Hamed Cemetery*, e si trova vicino al mare (qui la verifica col satellite Google Maps). Nel video, si vedono aggiungere due file per le vittime di questi ultimi giorni; ma tutte le tombe che si vedono intorno sono tombe che esistevano già. Insomma, niente fosse comuni d’emergenza.

E come correttamente fa notare G. Freda (di cui però non condivido l’analisi politica che vuole ricondurre tutto agli USA ed al sionismo, dimenticando le manovre della cabala cui tutti i governi mondiali sono succubi, come mostra il fenomeno ubiquitario delle scie chimiche) nel suo articolo Fessi comuni:

Il crudele regime di Gheddafi avrebbe nascosto in fretta e furia i cadaveri dei manifestanti uccisi durante le fantomatiche repressioni, probabilmente non sono altro che l’ennesima bufala dei media. Una bufala, peraltro, stravecchia, già utilizzata diverse volte in passato – ad esempio in occasione della “rivoluzione” fasulla in Romania e delle finte stragi di kosovari ad opera dei serbi – per criminalizzare altri governi che gli Stati Uniti intendevano rovesciare con la complicità dei media da essi controllati. I servizi segreti USA avranno anche un’ottima organizzazione, ma sono del tutto privi di fantasia, quando si tratta di raccontare fregnacce con cui suscitare l’indignazione dell’opinione pubblica occidentale.

Ciò che si vede con chiarezza dalle immagini di queste “fosse comuni” farlocche, è che esse tutto sono tranne che “comuni”. Si tratta infatti di buche singole, scavate con calma e perfino con una certa cura. I siti dei principali quotidiani parlano di “cimitero improvvisato” sulla spiaggia. Cimitero senz’altro, improvvisato no di certo. Si tratta infatti del noto cimitero di Sidi Hamed, che si trova in prossimità della spiaggia vicino al quartiere residenziale di Gargaresh, a Tripoli.

Le immagini provengono dal sito OneDayOnEarth.org, aperto nell’ottobre 2010 da due studenti di Los Angeles di nome Kyle Ruddick e Brandon Litman. E’ una sorta di “social network” delle immagini video, finanziato da una sessantina di ONG, nonché dal Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite. Una provenienza a dir poco sospetta, come sospetto è il tempismo con cui il sito è stato messo online poco prima dell’inizio delle rivolte nordafricane.

Inoltre, i giornali e la TV hanno accettato a scatola chiusa che si trattasse di immagini girate nei giorni scorsi, senza citare la minima prova a sostegno. In mancanza di fonti e di notizie attendibili, è perfino lecito sospettare che non si tratti affatto di immagini riprese di recente, bensì della documentazione di una delle numerose “sepolture collettive” dei migranti africani le cui imbarcazioni si capovolgono di frequente in prossimità delle coste libiche e i cui corpi vengono poi sospinti sulla spiaggia dalla marea. In particolare, proprio il cimitero di Sidi Hamed ha dovuto spesso occuparsi di questi incresciosi compiti, vista la frequenza di tali incidenti. Il fatto che nel filmato l’atmosfera appaia rilassata, che non si vedano manifestanti furenti o esagitati, né donne, né parenti piangenti o urlanti, fa pensare che si tratti appunto dei lavori di sepoltura di queste vittime sconosciute.

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