DI

GLEN FORD
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“L’Occidente desidera tanto prendersi una parte della “Rivolta Araba”, così da bombardare uno spietato “dittatore” per conto suo.”
Giovedì, il Consiglio di Sicurezza ONU ha votato l’attuazione di una “no-fly zone” sulla Libia – una sorpresa per l’autore, il quale martedì, in questa rubrica, aveva previsto che Cina e Russia avrebbero posto il loro veto sulla decisione. Il provvedimento autorizza “tutte le misure necessarie" per proteggere i civili dagli attacchi delle forze armate di Muammar Gheddafi – parole che gli Stati Uniti ed i suoi alleati considereranno come un mandato a ricorrere a tanta forza quanto desiderino. Alla luce della disastrosa azione dell’ONU, il titolo di questo articolo è addirittura più appropriato rispetto alla prima pubblicazione.
“R2P” [Responsibility to Protect] – Responsabilità di proteggere – è la linea di governo preferita da Obama per versare fango nelle altrimenti pulite acque del diritto internazionale.
La filosofia – in realtà, una posizione politica in cerca di riconoscimento legale – equivale ad una specie deroga giuridica di una super-potenza espressa nel linguaggio della nobles oblige, il dovere dei forti di difendere i deboli. Nel mondo reale, i forti aiutano solo se stessi – in questo caso, per le riserve petrolifere della Libia, le maggiori in Africa.
L’Ambasciatore ONU di Obama, Susan Rice, un cane [junkyard è una razza] di gran lunga più cattivo di Condoleeza Rice, la segretaria di stato di George Bush, è, all’interno dell’amministrazione la più vivace e la più bellicosa sostenitrice del cosiddetto intervento umanitario. Addirittura prima che i democratici si insediassero alla Casa Bianca, Susan Rice propose un blocco aereo e marino ed una “no-fly zone” sul Sudan. Essendo finalmente riusciti a dividere il Sudan, dopo decenni di fomentata guerra civile, l’Occidente sta chiaramente considerando la possibilità di spartirsi la Libia, dove la maggior parte del petrolio è convenientemente situata nella parte orientale del paese, vicino Bengasi.
I meccanismi della mente imperiale sono perfettamente visibili nel lavoro della stampa aziendale, che agisce come fosse un ventriloquo che imita il potere. Improvvisamente i media si sono sottoposti ad un corso accelerato sull’inflessibile natura della politica libica tribale – una materia fin ora sconosciuta alla stampa occidentale. Dopo una breve formazione al Dipartimento di Stato, e un cosiddetto gruppo di esperti, i media aziendali preparano a dovere il pubblico per poter tracciare "una linea americana sulla sabbia" alle porte di Bengasi [l’espressione “draw a line in the sand” pare significare impuntarsi, insistere su qualcosa], una città che verrebbe poi soprannominata una “città eroe” – al contrario di Fallujah, la città demone, rasa al suolo dagli Stati Uniti nel 2004 al prezzo di decine di migliaia di vite irachene per i “grazie” dei media aziendali americani.
“L’Occidente sta chiaramente considerando la possibilità di dividere [spartirsi] la Libia”
I reporter occidentali, che imparano così facilmente quando si tratta di tribalismo ed altre patologie dell’esotico, genti non-occidentali, ancora non hanno capito chi sono i ribelli, politicamente. Ciò è abbastanza strano, dato che i corrispondenti aziendali, per settimane hanno passato le loro ore di veglia tra i ribelli, tracciando profili, e catapultandosi al fronte di battaglia. Ad ora, non possono fornire – o non forniranno – un panorama coerente della politica ribelle, al di là di un incandescente odio di Gheddafi, l’uomo. Il racconto del conflitto secondo Gheddafi, che i ribelli sono perlopiù elementi del genere di Al-Qaeda, è considerato assurdo. Ma nessuno discute di come negli anni ‘90 Bengasi fosse il centro di una rivolta islamica, ed i risentimenti di quel periodo si inaspriscono. Oggi la presenza di militanti islamici tra i ribelli è ampiamente risaputa, sebbene i corrispondenti aziendali non riescano a trovarne molti in carne ed ossa di cui tracciarne il profilo.
I media occidentali, ed i governi che servono si trovano tra i fuochi delle contraddizioni. Gli Stati Uniti vogliono disperatamente porsi al lato “giusto” di alcuni aspetti del fiorente risveglio arabo.“L’Ovest desidera tanto legare a sè una parte della “Rivolta Araba”, così da bombardare un malefico “dittatore” per conto loro.”
Il compito dei media occidentali è quello di “pubbliche relazioni”, presentando questi combattenti “pro-western” nella veste più affascinante. In ogni caso, pare che i media abbiano difficoltà a dare un’immagine dei ribelli libici come “guerrieri della libertà” sufficientemente virtuosi – si sospetta perchè, dopo curate ispezioni, molti si rivelano essere fondamentalisti o tribali.
“Per quale motivo la ribellione è visibilmente incapace di trarre vantaggio della diserzione di massa dalle forze armate?”
Ironicamente, la più mera presenza di combattenti fondamentalisti islamici, sarebbe stata, in tempi passati, motivo per un attacco e un’invasione statunitense – contro chi proteggesse elementi del genere.
E cosa è accaduto alle ex truppe del regime, stimate sulle 6000 unità, che hanno disertato all’inizio della ribellione? Alcuni ex funzionari di Gheddafi occupano posizioni di alto profilo nelle file ribelli, ma il valore di parecchie brigate di disertori non è provato. Ciò, nuovamente, solleva la questione di chi siano realmente i leader ribelli; per quale motivo sono visibilmente incapaci di trarre vantaggio della diserzione di massa delle forza armate? È sospetta la presenza di elementi corrotti attorno ai quali ex soldati ed altri non possono coalizzarsi efficacemente.
Gli elementi più corrotti, di certo, sono gli imperialisti europei ed americani, il cui intervento rappresenta la minaccia regina alla nazione libica ed araba. Molto è dovuto alla richiesta della Lega Araba di una no-fly zone sulla Libia. Ma l’abbastanza ambigua proposta della Lega – che tutela contro un attacco alla Libia, come se una no-fly zone possa essere imposta senza attaccare nessuno – non ha maggior forza di legge di una decisione NATO di non volo, o una decisione dell’Unione Africana di attaccare L’Europa.
Gli Stati Uniti non hanno posto alcuna attenzione alle innumerevoli risoluzioni della Lega Araba riguardanti i sei decenni di anarchia nella regione di Israele, o alle costanti violazioni delle risoluzioni ONU da parte dello stato ebraico. Nessuno nel mondo arabo crede che l’Occidente abbia improvvisamente sviluppato un nuovo sentimento di rispetto per gli arabi o per lo stato di diritto. Quel che è nuovo è il timore occidentale che, finalmente, l’impero stia infine sfaldandosi.

Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23786
Traduzione a cura di FRANCESCO NACCHIA per Comedonchisciotte.org