Fonte: Bamboccioniallariscossa

La giunta del novello sindaco di Napoli, Luigi de Magistris? Uno “squadrone”. Anzi, esageriamo, un “dream team”. Parole e musica di Marco Lillo, cronista de “Il Fatto quotidiano”. Che sulle pagine del suo blog ha composto una lunga sviolinata in onore della pattuglia di assessori scelti dall’ex pubblico ministero, famoso per l’inchiesta Why not. Ha sentenziato Lillo: “De Magistris ha presentato la sua Giunta (…) e non c’è dubbio che si tratti di uno squadrone. (…) Luigi de Magistris ha dimostrato che è possibile scegliere le persone migliori”. Basta così? No. Di più, di più: in una giunta, a Napoli, “non si era mai vista una simile concentrazione di serietà e competenza”.

Ah, però.

In effetti, sulla competenza, non c’è dubbio che tenga. E basta fare un paio di esempi per rendersene conto. Sergio D’Angelo, per cominciare. D’Angelo sarà – o meglio è – il nuovo assessore alle politiche sociali. Nella sua vita precedente, però, faceva altro: tra l’altro era membro della direzione nazionale di Legacoop (le cosiddette cooperative rosse) ed era pure presidente di Gesco, un consorzio di coop sociali attivissime a Napoli. Anzi e per la precisione: Michele Saggesi, l’ex assessore al bilancio della vecchia giunta Iervolino, ha spiegato al Corriere del Mezzogiorno (le pagine del Sud del Corriere della Sera) che Gesco era niente-po-po-di-meno-che il principale fornitore di servizi sociali del Comune di Napoli. Lina Lucci, il segretario della Cisl in Campania, ha chiesto, sempre attraverso le pagine del Corriere del Mezzogiorno, spiegazioni su questa nomina che solleva dubbi di possibili conflitti di interessi. In effetti, da assessore alle politiche sociali, D’Angelo non si dovrà occupare anche dei rapporti con le coop sociali e quindi anche con la sua azienda? Dubbi che – però – a tutt’oggi, rimangono. Così come rimane una certezza: per certo D’Angelo conosce il suo settore, quello delle politiche sociali. Forse, pure troppo.

Dal canto suo, il neo-assessore, si sta già adoperando per fugare ogni sospetto. In una delle sue prime uscite pubbliche, ha pure partecipato alla presentazione di una iniziativa per dare sostegno finanziario. A chi? Alle coop sociali campane. Promossa da chi? Ma da Unipol e quella Legacoop di cui lui era dirigente nazionale.

D’Angelo, però, non è l’unico uomo giusto al posto giusto. Competente, anzi competentissimo pare anche il neo-assessore alla Legalità (ha deleghe, cioè poteri per gare e appalti, polizia urbana e eccetera), Giuseppe Narducci. Pure lui, infatti, nella sua vita precedente non faceva il politico, faceva il pubblico ministero. Dove? Ma a Napoli. Anzi: fino al momento in cui ha lasciato la toga, Narducci ha lavorato su una inchiesta che nel capoluogo campano sta facendo decisamente rumore. Quello contro l’uomo forte del Popolo delle Libertà in Campania, Nicola Cosentino, sospettato di collusioni con la Camorra.

Ma può un magistrato che ha indagato su uno dei massimi esponenti del centrodestra a Napoli diventare assessore del sindaco di centrosinistra di Napoli? La cosa non rischia di suscitare perplessità e sospetti a non finire? In effetti, il presidente della associazione nazionale magistrati, Luca Palamara ha bollato questa scelta come “inopportuna”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha dichiarato diplomaticamente che pure il Consiglio superiore della magistratura “ha sollevato la questione”. E qualcuno ha perfino cominciato ad elaborare teoremi dal sapore vagamente complottistico. Chi? Forse qualche “servo berlusconiano”, giusto per usare una espressione tanto cara a un altro celebre giornalista de “Il Fatto”, Marco Travaglio? No. Gioacchino Genchi, il poliziotto che aiutò il De Magistris magistrato in tante inchieste scottanti e che ha pure scritto un libro con prefazione di Marco Travaglio. Genchi – in un’intervista a Klaus Davi – ha infatti disegnato ombre e sospetti da fare impallidire la fantasia di un Ken Follet: “Cosentino dichiara di non aver appoggiato il candidato sindaco Lettieri. Sarei curioso di sapere chi ha appoggiato perché a questo punto mi pongo dei problemi. Il mio amico De Magistris, peraltro difeso dallo stesso avvocato di Cosentino, si è portato in giunta il pubblico ministero che ha indagato proprio su Cosentino, il quale non vorrei che avesse troppi vantaggi dall’elezione di De Magistris a sindaco di Napoli“.

Si dirà che questi son dettagli. E infatti: per Marco Lillo e Il Fatto, la giunta di de Magistris rimane un “dream team”. E come potrebbe essere altrimenti? Il direttore de “Il Fatto”, Antonio Padellaro aveva invitato i suoi lettori ad andare tutti a votare Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli (per sconfiggere, va da sè, il principe del male, Berlusconi). Proprio De Magistris con alcuni degli editori de Il Fatto – le case editrici Aliberti e Chiarelettere – ha pure pubblicato, pro domo sua, un paio di libri dedicati alle sue inchieste. E sempre De Magistris era uno degli opinionisti de Il Fatto: l’ex magistrato, infatti, aveva e ha pure un blog su l’edizione on line del giornale. Così come ce l’ha anche il suo vicesindaco, Tommaso Sodano (ex senatore di Rifondazione comunista). E come ce l’ha pure Raphael Rossi.  Che è sempre vicino a Rifondazione comunista. E che è stata nominato da de Magistris presidente di Asia, la società che raccoglie i rifiuti a Napoli. per risolvere l’annosa questione munnezza.

E insomma: mica si può (subito) distruggere personaggi che si è contribuito a creare, lanciare o rilanciare.

Sì perché “Il Fatto” era nato per raccontare i fatti che gli altri non dicono (come recitava lo slogan che aveva accompagnato il lancio del quotidiano di Padellaro, Travaglio&co). Ma ha dato tanto spazio anche alle opinioni. Nella colonna di destra de “il Fatto” on line c’è una lunga lista di blog firmati da di tutto un po’: esperti di arte varia, giornalisti, ma anche magistrati e soprattutto politici che se ne servono, talvolta con successo, per aumentare la loro popolarità e fare carriera. Un crogiuolo di blog messi tutti – pericolosamente – sullo stesso piano. Come se l’opinione di un de Magistris dovesse avere le stesse qualità di quella di Marco Lillo che, da giornalista, di de Magistris deve scrivere.

Un crogiuolo che ricorda quella confusione di ruoli – che, a volte, si trasforma in veri e propri conflitti di interessi – e che è il vero marchio di fabbrica della sgangherata Italia di oggi. Dove, certo, taluni imprenditori di Arcore si possono, da un giorno all’altro buttare in politica, legiferando anche nei campi che interessano alle loro aziende. Ma anche dove certi magistrati, a volte, lanciano le toghe alle ortiche con troppa nonchalance per lanciarsi in altre mirabolanti imprese; e dove è talvolta difficile distinguere, soprattutto nelle cosiddette regioni rosse, i confini tra certe coop e certe amministrazioni. E per finire: dove certi giornali invece di fare chiarezza, certa confusione la alimentano.

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