DI
MARCO DELLA LUNA
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Le manovre di “risanamento” sia nazionali (USA, Italia, Grecia, etc.) che sovranazionali (BCE, UE) non hanno più effetto: le borse mondiali continuano a crollare, l’economia reale non riprende o recede, rinforzando le tendenze alle vendite di azioni e obbligazioni, quindi ulteriormente spingendo le borse al ribasso, i rendimenti e i cds al rialzo, e i flussi di denaro verso impieghi improduttivi e difensivi. E siccome i mercati finanziari, quando ribassano a lungo e molto, distruggono risparmi, fiducia, investimento, capitalizzazioni aziendali, etc., la spirale si autoalimenta deprimendo l’economia reale.
A seguito "Cosa Accadrà All’Italia, All’euro e alle Banche" (Ambrose Evans-Pritchard, http://blogs.telegraph.co.uk);
La pesante manovra risanatoria di Tremonti è stata bruciata in pochi giorni dall’aumento dei tassi pagati dal btp (oggi 6,25%). La manovra BCE-UE per salvare la Grecia e l’Euro è stata bocciata dai mercati. Il 3 Agosto, ore 15, il governatore della BCE, Trichet, ha fatto intendere che la BCE avrebbe comperato btp italiani, e ha assicurato che il giorno stesso si sarebbe visto qualche miglioramento.
Questo annuncio ha suscitato aspettative positive, lo spread sul Bund si è ridotto di 20 punti base, poi, quando si è visto che la BCE non comperava titoli di stato italiani, ma solo irlandesi e portoghesi, si è di nuovo impennato. E’ insipienza, quella dimostrata da Trichet, o c’è qualcos’altro?
L’EFSF, il c.d. Fondo Salvastati, dovrebbe ricevere 2.000 miliardi finanziare il buy-back dei propri titoli e per comperare titoli pubblici dei PIIGS a condizioni più onerose di quelle di mercato – e ciò farà guadagnare la finanza speculatrice e salverà il sedere delle banche soprattutto tedesche e francesi esposte verso la Grecia e altri sovrani debitori. Ciò porterà a grossi vantaggi per i banchieri a spese dei contribuenti dell’Eurozona. Il che pone un problema di cui nessuno osa ancora parlare: quello del conflitto di interesse tra cittadini dell’Eurozona e direttori e azionisti della BCE.
Infatti la BCE è posseduta per quote dalle banche centrali dei paesi dell’Euro e di tre monarchie coloniali (Regno Unito, Svezia e Danimarca), e queste banche centrali sono a loro volta possedute per quote, o comunque controllate, da banchieri e finanziari privati, i quali sono/nominano il direttorio della BCE, e dall’altro sono beneficiari degli “errori” e dell’”insipienza” della BCE. Se guardiamo alla storia monetaria europea, anche prima dell’Euro, questo sospetto si rafforza molto. L’esperienza dello SME, ossia di un sistema di parità stabili (entro bande di oscillazione) poi saltato nel 1992, osservata retroattivamente, ha dell’incredibile, ed è insieme illuminante per l’odierna agonia dell’Euro.
Lo SME sembra proprio un errore intenzionale. E’ nozione economica basilare, oltre ad essere intuitivo, il fatto che paesi con forti differenziali di inflazione (rectius, svalutazione monetaria), non possono, non riescono, a mantenere una parità stabile tra le rispettive valute. Così, nel 1992, quando il differenziale di inflazione tra Italia e paesi forti-virtuosi ebbe raggiunto circa il 30%, la parità fissa, lo SME, saltò e la Lira si svalutò del 30%. Ma in tutta questa vicenda, e soprattutto nel gran finale, i grandi operatori finanziari specularono sugli sforzi (sulle spese di denaro pubblico) del governo italiano per sostenere la propria moneta contro le forze riequilibrative del mercato, che tendevano a svalutarla. L’operazione SME fruttò quindi enormi profitti a chi approfittava di questo sforzo, di questa continua spesa del governo italiano; ma anche alla Germania, perché questo sforzo, in termini di tasse e di tassi alti, minò l’industria italiana avviandola a perdere quote di mercato in favore di quella tedesca.
E allora è legittimo chiedere: lo SME, o l’entrata dell’Italia nello SME, fu un errore, un errore marchiano, ma pur sempre un errore, oppure fu una politica di banchieri finalizzata a creare una situazione di squilibrio su cui avrebbero speculato realizzando enormi profitti, come di fatto avvenne? La risposta viene dai fatti: nelle ultime due settimane prima del crollo, l’Italia bruciò, per differire il crollo stesso, oramai certo e inevitabile, 70.000 miliardi di Lire per comperare propri titoli e pagandoli in valuta pregiata al tasso SME, ossia al 30% in più del prezzo di mercato. Quei 70.000 miliardi furono dunque il profitto della speculazione finanziaria preordinata, o frutto accidentale di un errore economico?
L’Euro è come lo SME, ossia è un insieme di cambi fissi tra le monete partecipanti, ognuna delle quali poggia sui suoi bonds nazionali, i quali pagano ciascuno un proprio tasso di interesse, che è tanto più elevato quanto più i mercati finanziari stimano che sia elevato il rischio che il paese emittente non sarà in grado di pagarli. Dato che, come era notorio, i vari paesi interessati avevano, tra loro, diversissimi livelli di indebitamento, di produttività e di vitalità economica, si sapeva a priori che una moneta unica – rectius, una parità fissa tra le loro monete – alla lunga sarebbe divenuta insostenibile, e che intanto avrebbe generato tensioni richiedenti/giustificanti spese compensative di denaro pubblico, di cui sarebbe stato possibile approfittare.
La realtà, insomma, è che l’Euro (col suo collegato di BCE e Maastricht), così come lo SME, è nato non per unificare l’Europa, ma per creare squilibri e tensioni su cui si poteva guadagnare spremendo soldi dai contribuenti. Tutti i governi e i capi di stato, tutti i parlamenti, sono stati complici, più o meno consapevoli. L’Euro non ha nemmeno stabilizzato i prezzi, che in Italia si sono impennati proprio per effetto di esso, e che ora nell’Eurozona salgono tendenzialmente del 2% annuo. In compenso ha comportato, per molti, recessione e maggiore indebitamento, e una situazione generale pressoché ingovernabile.
Infatti, come si sapeva sin dall’inizio, l’UE e la BCE sono costrette, per proteggere le esposizioni del sistema bancario verso i paesi euro deboli, a interventi di sostegno contro le tendenze di mercato, a spese dei contribuenti europei, sulle quali, di nuovo, la finanza può realizzare forti guadagni speculativi, mentre i paesi deboli, come l’Italia, sono costretti a fare politiche di crescente tassazione, (s)vendita di beni pubblici e tagli (anche) alla spesa produttiva (investimenti, ricerca, istruzione) per cercare di contenere la crescita dei tassi che devono pagare sul loro debito pubblico. Però queste manovre, se anche sono efficaci nell’immediato, riducono il pil (che è misurato sulla spesa), riducono la liquidità quindi la solvibilità, deprimono l’economia, minano lo sviluppo, quindi già a medio termine sono controproducenti. Per giunta, scontentando l’elettorato, diminuiscono la stabilità politica, quindi alzano il rischio-paese e il rendimento dei debito pubblico. In effetti, questo è tanto chiaro, che tali manovra non sortiscono più effetti.
Sembra o si fa sembrare che sia tutta colpa dei politici, delle istituzioni politiche: Obama e i Conservatori negli USA, Zapatero in Spagna, Berlusconi in Italia, Papandreou in Grecia… Fed e BCE appaiono impotenti… le loro ricette non producono più benefici…Euro e Dollaro agonizzano… le borse sprofondano, l’economia e i redditi arretrano, mentre i rendimenti dei debito pubblico salgono… Noi sappiamo che nessuna istituzione politica, nemmeno le banche centrali, hanno a disposizione gli strumenti idonei a trattare sui meccanismi causativi sottostanti alla crisi – non hanno nemmeno la facoltà di nominarli. Continuano a descrivere il problema solo in termini di risparmi e risanamenti. Ma il risanamento è impossibile entro un sistema basato sulla fiat currency creata a debito, priva di copertura ma trattata, anche contabilmente, come merce, perché essa matematicamente e inevitabilmente produce un processo di indebitamento crescente in modo esponenziale, che, quando si impenna, causa i disinvestimenti e la recessione in cui ora si dibatte il mondo. E nessun governo ha il potere di sostituire quella fiat currency a debito con una moneta diversa.
La conclusione, cui è diretta questa lunga emergenza, è educare le nazioni a sperare in altre istituzioni, tecniche, centrali, autocratiche. Allorché la recessione avrà sensibilmente abbassato il tenore di vita del primo mondo, e i fallimenti della politica nel gestire l’emergenza avranno prodotto sfiducia e delegittimazione verso le istituzioni politiche, e l’allarme per il possibile crollo del Dollaro e dell’Euro avrà raggiunto il parossismo, e le prospettive saranno abbastanza terrorizzanti, allora i popoli saranno pronti per accettare un nuovo assetto – probabilmente una banca mondiale spa con un nuovo sistema monetario e fiscale, un vero e proprio nuovo ordine mondiale, con un governo centrale, il cui avvento potrebbe essere sostenuto con massicce campagne militari di “pace”probabilmente in Libia, Siria, Afghanistan. Campagne di cui già si parla in ambienti militari e che dovrebbero iniziare entro il prossimo Ottobre. Un sistema monetario globale potrebbe consentire l’estensione all’intero mondo delle manovre speculative e dei profiteering ora in atto nella sola Eurozona.
Marco Della Luna
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