“Il darwinismo è una teoria di processi cumulativi così lenti da richiedere, per completarsi, da migliaia a milioni di decenni”
“La selezione naturale, il processo cieco, inconscio, automatico che fu scoperto da Darwin e che, come noi oggi sappiamo, è la spiegazione dell’esistenza e della forma apparentemente finalistica di ogni essere vivente, non ha in vista alcun fine.”
Queste due affermazioni tratte dal libro “Orologiaio cieco” di Richard Dawkins contengono i principi fondamentali della teoria sintetica dell’evoluzione o neodarwinismo: l’assoluta casualità delle mutazioni e i tempi molto lunghi affinché le stesse possano produrre cambiamenti positivi.
Ma cosa s’intende per tempi lunghi?
È lo stesso Dawkins a fornirci un caso specifico su cui effettuare un calcolo, si tratta di quello che venne definito da Isaac Asimov il “numero dell’emoglobina”. L’emoglobina è la proteina, presente nei globuli rossi, quella che veicola l’ossigeno nel sangue conferendo allo stesso tempo il caratteristico colore rosso. Una proteina è una catena i cui anelli sono costituiti da elementi chiamati aminoacidi, nel caso dell’emoglobina la sua lunghezza è di 146 aminoacidi. Come tutto ciò che riguarda la biologia, secondo la teoria neodarwiniana, anche l’emoglobina è il risultato casuale di un lento processo cumulativo del quale lo stesso Asimov indicava la probabilità che si verificasse. Il calcolo delle probabilità è espresso da una potenza che ha come base il numero di differenti aminoacidi utilizzabili e come esponente il numero di anelli della catena da costruire.
Per fare un esempio, il numero di possibili parole di 4 lettere che si possono comporre con i 21 segni dell’alfabeto italiano è dato da: 214 = 194.481
La probabilità di comporre casualmente la parola “caso” spingendo 4 volte su 21 tasti è dunque una su 194.481.
Nel caso proposto da Asimov il numero di combinazioni possibili per costruire l’emoglobina è espresso da: 20, cioè il numero degli aminoacidi a disposizione, elevato alla 146, il numero degli “anelli” che costituiscono la catena = 20146.
Espresso in base dieci tale numero corrisponde a circa 10190. Al riguardo Dawkins afferma: “La fortuna che si richiederebbe per ottenere questo risultato è inimmaginabile.” e non si può che essere d’accordo con questa considerazione.
Per renderci conto della “fortuna” che bisognerebbe avere, possiamo fare il seguente calcolo: quanti secondi sono passati dall’inizio dell’universo e, nell’assolutamente ipotetico caso in cui potessimo tentare una combinazione al secondo (ammettendo l’ipotesi che nessuna combinazione sia uscita casualmente due volte), quante combinazioni avremmo potuto provare sinora ?
Moltiplicando: i 3600 secondi contenuti in un’ora per le 24 ore del giorno, per i 366 giorni circa di un anno (per eccesso), per i 14 miliardi di anni passati dal Big Bang, risultano trascorsi, (arrotondando ancora per eccesso), 1018 secondi dall’inizio dell’universo.
Nell’ipotesi che dalla nascita dell’universo si fosse potuta provare una combinazione al secondo (questa ottimistica supposizione propone una velocità talmente elevata da essere del tutto irreale, incompatibile con l’assunto della prima frase “Il darwinismo è una teoria di processi cumulativi così lenti da richiedere, per completarsi, da migliaia a milioni di decenni”), per sapere quante combinazioni dovremmo ancora tentare prima di esaurirle tutte dovremmo sottrarre dalle combinazioni totali 10190 la quantità di quelle provate 1018.
Il risultato visibile sulla calcolatrice sarebbe ancora 10190 in quanto la sottrazione avrebbe solo intaccato in modo impercettibile la quantità iniziale e il display non riuscirebbe visualizzare la differenza. Il numero resterebbero quindi ancora 10190 combinazioni da provare, il che, sempre ad una combinazione al secondo, richiederebbe un tempo pari a poco più di 10172 volte l’età dell’universo.
Anche ipotizzando che esistano diverse combinazioni di 146 aminoacidi, equivalenti dal punto di vista funzionale, la questione non cambia di molto, infatti ammettendo che ad esempio esistano 1000 tipi varianti di emoglobina, e tutti ugualmente funzionanti, la probabilità di trovarne uno “migliora” di 103 portando le combinazioni da provare a “solo” 10187.
Come suggerisce Dawkins di superare questa difficoltà ? Dawkins ricorre al concetto di selezione cumulativa, il suo ragionamento è il seguente: “Nella selezione cumulativa, invece, esse (le entità selezionate) «si riproducono» , o in qualche altro modo i risultati di un processo di cernita vengono sottoposti ad un altro processo di cernita…”
Il concetto di selezione cumulativa, che poi sarebbe realizzata dalla selezione naturale, viene chiarito con il seguente esempio:
Se una scimmia dovesse battere casualmente a macchina la frase di Shakespeare “Methinks it is like a weasel” (“O forse somiglia a una donnola”), essendo la frase composta da 28 caratteri, ed essendo l’alfabeto inglese composto da 27 lettere, le possibili combinazioni di 27 lettere in una frase di 28 lettere (compresi gli spazi) sarebbero espresse da: 2728.
A questo punto Dawkins inserisce un computer che “seleziona” frasi mutanti che più si avvicinino alla frase originale: “Il computer esamina le frasi mutanti nonsense, la “progenie” della frase originaria, e sceglie quella che, per quanto poco, assomiglia di più alla frase bersaglio…”
Per poter completare la frase in un numero ragionevole di tentativi lo scienziato inglese introduce quella che definisce una “frase bersaglio” e un computer che conosce in anticipo la frase che deve essere composta, il che inserisce il finalismo nella teoria. L’unico modo per evitare il finalismo è quello di ammettere che le frasi debbano essere scelte mediante la selezione naturale, ma il fatto che le frasi intermedie siano dallo stesso Dawkins definite “nonsense” esclude che esse possano essere premiate dalla selezione naturale.
Ecco la contraddizione di Dawkins: si parte da un “il processo cieco, inconscio, automatico” e per renderlo possibile nei dodici miliardi di anni dall’origine dell’universo si finisce per postulare un “computer” e una “frase bersaglio” che negano il processo cieco da cui si era partiti.
Se invece si volesse mantenere un processo cieco, si dovrebbe ipotizzare un’età dell’universo del tutto incompatibile con quella stimata dalla comunità scientifica.
In matematica quando si parte da un assunto e questo conduce ad una contraddizione, si giunge alla conclusione che l’assunto iniziale era errato. Questo procedimento viene detto “dimostrazione per assurdo”.
La vita dell’universo è troppo breve per poter ammettere che abbia potuto verificarsi una dinamica neodarwiniana per la quale i circa 14 miliardi di anni stimati dagli astronomi sono insufficienti, esattamente come lo sono i 12.000 dei fondamentalisti creazionisti: credere che le circa centomila proteine del corpo umano siano state prodotte e assemblate casualmente in un ecosistema complesso nel corso della vita dell’universo richiede un atto di fede superiore a quello dei creazionisti stessi.
La scienza dovrebbe compiere un gesto di umiltà e riconoscere che riguardo all’origine della vita e delle specie sfugge ancora qualcosa di fondamentale.