DI

LORENZO BORRE’

Ariannaedtrice.it

 

 

 

 

 

 

 

 

I libri per ragazzi contengono spesso verità (o “morali”) che non emergono con immediatezza, ma che sono mimetizzate nella letteralità del testo e pertanto talvolta non vengono colte dal giovane lettore.
Cosi è capitato a me con la lettura di un libro che da piccolo avevo trovato noioso, ritenendolo scioccamente un racconto per bambine, e che invece nel nuovo incontro mi ha trovato, come dire…. più sveglio: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, di Lewis Carrol.
Nel seguito di Alice nel Paese delle Meraviglie, la protagonista si imbatte in un personaggio di una vecchia filastrocca inglese: Humpty Dumpty, con cui intavola una discussione apparentemente surreale, ma che invece descrive bene la patologia del rapporto esistente tra verità e potere.
Conversando con l’uovo antropomorfo (o, a seconda dei punti di vista: con l’omino dal corpo ovale), la bambina ad un certo punto gli contesta di utilizzare le parole a vanvera, o meglio di utilizzarle in un’accezione affatto diversa da quella propria della convenzione linguistica.
Ecco il dialogo che segue alla contestazione di Alice:
– "quando io uso una parola -rispose Humpty Dumpty- questa significa esattamente quello che dico io, nè più nè meno"
– "bisogna vedere -disse Alice- se Lei può dare tanti significati diversi alle parole"
– "bisogna vedere -rispose Humpty Dumpty- chi e’ che comanda; è tutto qua".
Questo scambio di battute, ha lasciato del tutto indifferenti i miei figli, a cui stavo leggendo il libro, mentre si è trasformato, nella mia testa, in un vero e proprio tarlo. Lewis Carrol in sei parole evidenzia, meglio di tanti altri, il rapporto che corre tra verità e potere, tra senso comune e conformismo, tra Giustizia e giustizia.
Un rapporto che quando non è conflittuale è, il più delle volte, di asservimento dei primi ai secondi.
Il dialogo di Alice e Humpty Dumpty, trova la sua riflessione ulteriore in due domande che Hanna Arendt poneva, nel 1967, nel saggio Verità e Politica: “E’ forse proprio dell’essenza stessa della verità essere impotente e dell’essenza stessa del potere essere ingannevole? E che genere di realtà possiede la verità se essa è priva di potere nell’ambito pubblico?”.
Rispondendo alle domande della Arendt e facendo propria la filosofia di Humpy Dumpty, il Potere (sotto forma di governi parlamentari) spaccia la locuzione costituzionale dell’art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” come viatico per i bombardamenti dell’Iraq, della Serbia e della Libia (e in quest’ultimo caso la caccia a Gheddafi e l’accerchiamento di Sirte come “difesa della popolazione civile”, giusto il dettato della risoluzione ONU 1973.)
Ed è sempre il Potere (nella sua forma massmediale), che scaldandoci per la guerra prossima ventura, demonizza l’ultimo discorso di Ahmedinejad all’ONU contrabbandando le parole “Il pretesto per la fondazione del regime che occupa la Palestina è talmente mediocre che alle persone non viene nemmeno dato il permesso di parlarne; altrimenti, con il chiarimento della questione, inizierebbe a mancare una filosofia per l’esistenza del regime sionista” come una scellerata negazione della Shoah, che avrebbe provocato lo sdegno dei rappresentanti occidentali e la loro uscita dall’emiclo assembleare (uscita che è più appropriato associare invece all’arrogante imbarazzo causato dal non saper/poter rispondere ai quesiti che il Presidente iraniano poneva all’assise dei potenti del pianeta).
E così il Potere (nella sua estrinsecazione giudiziaria) reclama il diritto assoluto di dare ad una parola il significato che più aggrada al Potere stesso: capita allora che nel medesimo distretto giudiziario, un magistrato -con autorevole e dotto ragionamento- qualifichi la pubblicazione di una lista di nomi di docenti universitari (indicati quali supporter dell’unica democrazia del mediooriente) come diffamazione aggravata, mentre un altro giudice dello stesso distretto -con altrettanto dotta e ragionata argomentazione- connoti come libertà di critica la pubblicazione di un’altra lista di coscritti, accusati di mimetismo politico, e intitolata con l’eloquente richiamo ad un noto insetticida.
Humpty Dumpty avrebbe chiosato: “la legge è uguale per tutti; più o meno”.
Io rimango dalla parte di Alice.

Lorenzo Borrè
Fonte: www.ariannaeditrice.it 5.10.2011