DI
CHRIS MARSDEN
WSWS.org
Il voto della Lega Araba per sospendere la Siria fa avvicinare la possibilità di un intervento militare esterno in quella che è di fatto una guerra civile.
La riunione tenuta al Cairo lo scorso sabato ha sancito che la Siria verrà sospesa dalla Lega Araba e che dovrà affrontare sanzioni se non dovesse porre fine alla repressine sui manifestanti anti-governativi.<
Diciotto nazioni si sono dette a favore della sospensione, che parte da mercoledì. Solo Siria, Libano e Yemen hanno votato contro, con l’Iraq che si è astenuto.
Decine di migliaia di persone hanno contestato questa decisione nelle piazze siriane di Damasco, Aleppo, Raqqa, Lattakia, Tartous, Hasaka e Sweida, e ci sono stati attacchi agli edifici consolari dell’Arabia Saudita, del Qatar e della Turchia.
In gran parte il sostegno popolare per il regime baathista di Bashir Assad a Damasco e in altre città, malgrado il suo carattere repressivo, è dovuto alla paura per l’alternativa, l’installazione di un regime islamista sunnita che perseguiterà gli alawiti, i cristiani e altre minoranze, e dal pericolo sempre più incombente di un intervento militare straniero.
La ragione principale per la sospensione della Siria dalla Lega Araba – una conta dei morti che ha superato i 3.500 – non ha alcuna credibilità. Non solo molti dei regimi dispotici che hanno approvato la risoluzione stanno al momento esercitando una brutale soppressione dei propri popoli, l’ospitante Egitto compreso, ma sono anche direttamente coinvolte nell’armare e nell’organizzare il movimento di opposizione.
La sospensione richiama la decisione del 23 febbraio di sospendere la Libia dalla Lega Araba che ha facilitato l’appoggio della NATO per un’insurrezione focalizzata sul cambio di regime. L’unica differenza apparente a questo punto è nel capire se Stati Uniti, Francia, Regno Unito e le altre grandi potenze lavoreranno più in disparte in questa occasione grazie a una procura data ai regimi regionali, come Turchia, Arabia Saudita ed Egitto.
In modo eloquente, l’Assistente del Segretario di Stato Jeffry Feltman ha partecipato alla riunione. Il primo ministro del Qatar e il ministro degli affari esteri, Hamad bin Jassem bin Jabr al Thani, è stato costretto a parlare dell’ovvio parallelismo tra Libia e Siria, affermando che “nessuno sta parlando di una no-fly zone. Ci sono persone che cercano di fare confusione.”
I portavoce siriani, Assad compreso, hanno ripetutamente insistito che il movimento di opposizione è fortemente sponsorizzato e armato da potenze straniere e lo ha fatto anche dopo il voto. Il viceministro degli esteri siriano, Faisal al-Mikdad, ha affermato che i gruppi terroristi all’interno della Siria “vengono finanziati in modo non ufficiale da Turchia, Arabia Saudita, Libano e Giordania”. In risposta a quella che era una rivolta armata, ha detto, “la Siria ha perso più di 1.150 martiri dell’esercito e delle forze di sicurezza”.
Un numero di commentatori ha parlato apertamente di quello che stava avvenendo negli ultimi mesi dietro le scene, e che ha guidato e ispirato la decisione del Cairo. Ben Wedeman della CNN ha respinto l’ipotesi pretestuosa che i dirigenti arabi in riunione erano “dei convertiti al potere dei popoli. […] Se tanti anziani autocrati arabi temono la loro gente, temono anche l’Iran.”
Wedeman ha fatto una lista di una serie di iniziative di Washington che hanno rafforzato l’influenza di Iran nel Medio Oriente. Tra queste, l’allontanamento dei talebani in Afghanistan, che fanno parte di un movimento sunnita che si oppone duramente all’Iran sciita; la deposizione di Saddam Hussein in Iraq, l’ex potenza alternativa della regione, e la sua sostituzione con un governo pro-iraniano; e la disastrosa guerra di Israele contro Hezbollah in Libano.
“Contro questo scenario, c’è la diminuzione indiscriminata del potere americano nel Medio Oriente”, ha avvisato. “Ben oltre gli aspetti regionali, l’economia statunitense, e quindi il suo peso politico, è in declino. [..] In sintesi, un grosso vuoto incombe sulla regione, e l’Iran potrebbe essere il principale beneficiario.”
Questo è il motivo per cui gli stati arabi possono essere a favore di un cambio di regime in Siria, il massimo alleato dell’Iran.
È anche importante per loro concorrere con la crescente influenza turca nel Medio Oriente. Il Consiglio Nazionale Siriano è stato istituito con gli auspici della Turchia, e il Libero Esercito Siriano, un gruppo esclusivamente sunnita che dice di avere tra i 10 e i 15mila membri, ha la sua base operativa in Turchia.
Il CNS ha due gruppi principali, la Dichiarazione di Damasco – dominata da pupazzi appoggiati dagli Stati Uniti – e la Fratellanza Musulmana. Turchia, Egitto e le altre potenze arabe competono per esercitare un’influenza sugli eventi tramite la Fratellanza, che si oppone al dialogo con il regime di Assad. Non tutte le sue componenti sono a sostegno di un intervento militare straniero, ma molte altre lo sono, sotto forma di una richiesta di una “no-fly zone” sullo stile libico.
Ci sono anche vari gruppi salafiti vicini all’Arabia Saudita e al Qatar.
La decisione di sospendere la Siria è stata accompagnata per la prima volta dalla decisione di riconoscere il Consiglio Nazionale Siriano.
Scrivendo su Ha’aretz, Zvi Bar’el ha commentato: “Così facendo, la Lega Araba sta assumendo il ruolo di ‘produttore di regimi’, che agisce invece di reagire solamente.”
La decisione potrebbe aprire la porta a simili riconoscimenti da parte delle potenze occidentali, della Russia e anche di altre, riecheggiando gli eventi libici nel caso del Consiglio Nazionale di Transizione.
Il Guardian, il 4 di novembre, conteneva un analisi di Alastair Crooke, il diplomatico britannico, agente dell’MI6 e consulente principe dei governi europei e britannico: “Il cambio di regime in Siria è un risultato strategico che sopravanza la Libia.”
Ha parlato di una riunione di quest’estate, in cui un “esperto funzionario saudita” ha “detto a John Hannah, l’ex capo dello staff di Dick Cheney, che, dall’avvio delle sollevazioni in Siria, il re ha cominciato a credere che il cambio di regime sia di gran beneficio per gli interessi sauditi: ‘Il re sa che, oltre al collasso della stessa Repubblica Islamica, niente potrebbe indebolire l’Iran più del perdere la Siria.’
“Questo è il ‘grande gioco’ odierno, il perdere la Siria. E così viene realizzato: formando un frettoloso consiglio di transizione come unico rappresentante del popolo siriano, a prescindere dal fatto che abbia un reale sostegno in Siria; alimentando gli insorti dagli stati vicini; imponendo sanzioni che colpiranno la classe media; montare una campagna dei media per denigrare ogni iniziativa siriana per le riforme; cercando di istigare le divisioni all’interno dell’esercito e dell’élite; alla fine il Presidente Assad cadrà, è la convinzione degli iniziatori.”
L’intenzione, dopo la Libia, è di plasmare “il risveglio arabo verso un paradigma culturale occidentale,” ha affermato. I progetti ipotetici per un cambio di regime “sono diventati azione concreta solo in quest’anno, con il rovesciamento del presidente egiziano Mubarak. Improvvisamente Israele è sembrata vulnerabile, e una Siria indebolita, immersa nei guai, ha assunto un valore strategico. In parallelo, il Qatar è venuto alla ribalta. Azmi Bishara, un pan-arabista che si è dimesso dalla Knesset israeliana e che ha deciso di andare in esilio a Doha, si è detto d’accordo con alcuni report locali che fanno parte di uno schema in cui al-Jazeera non solo darà notizia della rivoluzione, ma la esemplificherà nella regione. […] Il Qatar [era] direttamente coinvolto come il patrocinatore chiave delle operazioni dell’opposizione.”
Crooke, che è nella posizione per poter sapere, afferma che, dopo essersi assicurati l’accordo del presidente Nicolas Sarkozy per il cambio di regime siriano, “Barack Obama ha dato il suo contributo, cercando di persuadere il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan – già in cattivi rapporti con Assad – di fare la parte del consiglio di transizione sul confine siriano, e di dare la propria legittimazione alla ‘resistenza.”
Mentre molti commentatori come Bar’el riconoscono che la decisione della Lega Araba potrebbe “spianare la strada a un’offensiva militare in Siria, simile a quella avvenuta in Libia” e “che potrebbe anche implicare un tentativo di attaccare l’Iran”, molti rigettano la possibilità per i timori per un’eventuale conflitto regionale allargato.
Un tale ragionamento apparentemente “logico” è inconsistente. Nella politica imperialista, se un qualcosa è “troppo orribile per essere contemplato” non significa che non accadrà.
L’amministrazione Obama è preoccupata come Wedeman della CNN della posizione globale in declino degli Stati Uniti, e per questo l’innalzamento della sua interferenza militare e politica in Medio Oriente, sia per contrastare che per modellare la “Primavera Araba”, rientra tra gli interessi prioritari. Il cambio di regime in Libia è stata la mossa iniziale di uno sforzo continuo per assicurarsi il controllo delle ricchezze petrolifere del Medio Oriente e della regione dell’Asia Centrale, una preda che le potenze imperialiste perseguiranno anche a costo di un indicibile bagno di sangue.
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Fonte: Arab League Suspension Of Syria Brings Military Intervention Closer
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE