DI AGNÈS ROUSSEAUX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Basta!

Il 13 dicembre è stato dibattuto un progetto di introduzione di una nuova carta di identità. Sarà biometrica e fornita di chip elettronici che potrebbero consentire di tracciare il comportamento di ogni cittadino. La creazione di un schedario centralizzato, con l’incrocio di tutti i dati che aprono la possibilità al riconoscimento facciale, è sostenuta anche dal Ministro degli Interni, Claude Guéant. Un attentato senza precedenti alla libertà pubblica e un lucroso mercato per le imprese del settore.

Una carta di identità non può essere un mezzo di pagamento! Questa commistione di generi è inammissibile": Jean-Claude Vitran, membro della Lega dei Diritti dell’Uomo (LDH), si è fortemente opposto al progetto di nuova carta di identità biometrica: “Ci batteremo fino alla fine, con un ricorso al Consiglio di Stato e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo."
Il 13 dicembre l’Assemblea Nazionale esaminerà per una seconda volta la proposta di legge che riguarda la creazione di una nuova carta d’identità biometrica, che verrà rilasciata in Francia a partire dal 2012. Ma perché così tanta fretta? Questa carta conterrà un chip “regale”, coi dati di identità e quelli biometrici (stato civile, l’indirizzo, taglia e colore degli occhi, impronte digitali, fotografia). E un chip opzionale, "commerciale", che permetterà di realizzare una firma elettronica su Internet grazie a un piccolo conto collegato a un computer.

Pedinare i cittadini?

È una possibilità che presenta numerosi rischi, ha sottolineato la Commissione Nazionale dell’Informatica e delle Libertà (CNIL) [1]. Queste funzioni elettroniche, che si affidano a "garanzie particolari", se venissero mal utilizzate potrebbero consentire di registrare il comportamento dei cittadini, quello che acquistano, dove viaggiano. Con la possibilità di sfruttare le notizie delle transazioni private che sono state effettuate.

Un rischio fatto presente dal socialista Serge Blisko quando la legge fu presentata all’Assemblea nazionale nel luglio scorso: "Mettere i due chip, quello ‘regale’ e quello ‘commerciale’, sulla carta d’identità comporta un pericolo ancora più grave: quello di rendere possibile una tracciatura degli individui, ad esempio con i dati del pass Navigo. La RATP può seguire tutti gli spostamenti di un viaggiatore che ha questo titolo di trasporto e può comunicare queste notizie alla polizia o ad un giudice istruttore dietro mandato giudiziario."

Il deputato teme un tracciamento simile anche su Internet, dato che questa secondo chip verrebbe gestito dal Ministero dell’Interno. “Avete bisogno, come Ministro degli Interni, di conoscere le abitudini di acquisto e di consumo o il via vai di milioni di cittadini? Siamo arrivati nel mondo descritto da Orwell in ‘1984’", denuncia Serge Blisko. La risposta di Christian Vanneste, deputato dell’UMP,: "Non ha niente a che vedere con Orwell! L’informatica a quel tempo non esisteva!"

Una schedatura generalizzata “sproporzionata”

Per fortuna che l’informatica ci apre nuove prospettive. Quella di un schedatura biometrica generalizzata e centralizzata dei 45 milioni di francesi che hanno più di 15 anni. Obiettivo fissato dalla nuova carta di identità biometrica: lottare contro l’usurpazione di identità. Il problema riguarderebbe ogni anno 13.900 persone secondo l’Osservatorio Nazionale della Delinquenza e delle Risposta Penali. Si è ben lontani dai 200.000 casi contro cui lo stato si schiera per introdurre questo dispositivo, come ricorda il rapporto presentato al Senato. La nuova carta biometrica permetterà quindi di aggiornare uno "schedario delle persone oneste", usando le parole di François Pillet, senatore dell’UMP e relatore della proposta di legge. I dati verranno raggruppati in una base centralizzata comune a quella dei passaporti biometrici, TES, da Titoli Elettronici Securizzati. "L’adeguatezza della conservazione centralizzata dei dati biometrici nei riguardi dell’obbiettivo legittimo della lotta contro la frode documentale non è stata ancora dimostrata”, afferma il CNIL.

All’epoca della prima stesura della proposta di legge del 2010, il Senato aveva sostenuto l’esistenza di un "legame debole" tra dati biometrici e una schedatura centralizzata. Questo "legame debole" permetterebbe di verificare, a partire dai dati biometrici, che una persona sia censita nello schedario e che la foto o le impronte digitali corrispondono, senza però fornire l’identità di questa persona con tutti i dati connessi [2]. Ciò consentirebbe di identificare il 99,9% dei casi di furti di identità, senza dover attentare alla vita privata dei cittadini. Invece, un "legame forte" consentirebbe l’identificazione di una persona a partire dalle sue sole impronte digitali grazie alla consultazione dello schedario. Una possibilità che apre la strada a una deriva pericolosa.

Alcune lezioni fornite dalla storia

"Il collegamento debole non permette di identificare persone colpite da amnesia, le vittime degli attentati, i bambini", ribatte Claude Guéant che ha difeso con successo davanti all’Assemblea nazionale la necessità di un "collegamento forte". Un’opzione criticata dal CNIL: gli archivi devono avere una sola finalità, per evitare ogni abuso. Una banca dati delle carte di identità non può servire per l’uso poliziesco. L’ipotesi di Claude Guéant è ben lontana dall’essere unanime, anche all’interno dell’UMP. Per il senatore del Cher Francesco Pillet (UMP), un simile schedario centralizzata "potrebbe costituire, se non è circondato dalle garanzie richieste, una bomba a scoppio ritardato per le libertà pubbliche".

"I democratici che hanno a cuore i diritti e che proteggono le libertà pubbliche non possono lasciarsi alle spalle un archivio che, nel futuro e nell’ambito di una storia che non vivremo, si può trasformare in uno strumento pericoloso e liberticida, avverte il parlamentare: “Cosa potrebbero dirci le vittime guardandoci negli occhi? […] Signor Ministro, non voglio che da questo schedario si possa tirar fuori un nome, che sia il vostro, il mio o il nostro."

Verso un sistema di riconoscimento facciale?

L’emendamento di Claude Guéant è stato rigettato con forza dal Senato, 340 voci contro 4), un schiaffo per il ministro degli Interni. Se questo profondo disaccordo tra deputati (che hanno votato per il "collegamento forte") e i senatori persiste, la scelta verrà presa definitivamente nelle prossime settimane dalla commissione mista paritaria. "Quale che sia l’opzione che verrà decisa, uno schedario centralizzato di questo tipo è inammissibile e pericoloso”, ricorda Jean-Claude Vitran. “Anche nel caso di un ‘collegamento debole’, bisogna essere davvero ingenui per credere che con una tale banca dati al ministero dell’Interno, non si vada ogni tanto ad autorizzare qualcuno per darci un’occhiata".

Il Senato si è opposto anche all’utilizzo delle immagini digitali del viso, nella cornice di un dispositivo di riconoscimento facciale. Ciò aprirebbe la possibilità di identificare le persone nella pubblica via, nel corso di una manifestazione, nei trasporti urbani, a partire dalle telecamere di sorveglianza confrontando i dati dello schedario. Di fronte all’inquietudine dei deputati, Claude Guéant pianta il chiodo: "Il riconoscimento facciale, che al momento non offre tutte le garanzie di affidabilità che sono necessarie, è una tecnologia che si evolve molto rapidamente: si può pensare dunque che molto presto sarà tanto affidabile quanto il riconoscimento digitale."

Piraterie possibili

Altro argomento controverso: la carta di identità sarà dotata di microchip RFID [3], che sono al momento utilizzati nei passaporti biometrici. Sono dei microchip che possono essere lette dai lettori wireless, come il Navigo della RATP. Problema, rivela Jean-Claude Vitran, del LDH: "Non è necessario che ci sia un lettore di microchip RFID per captare i dati della carta senza contatto." Il pass Navigo, ad esempio, può essere letto a quaranta centimetri.

“Con la nuova generazioni di microchip RFID, si possono leggere i dati ad alcune decine di metri di distanza. È possibile riuscire a produrre una carta falsa con i dati raccolti.» La nuova carta d’identità non riuscirà quindi a fermare i furti di identità. ”Con 90 euro, si può fabbricare un lettore”, spiega il militante della LDH: “Negli Stati Uniti qualcuno è riuscito a clonare i microchip negli aeroporti, per dimostrare all’amministrazione i difetti del sistema RFID.”

La schedatura, uno sport nazionale

A tutte queste critiche si aggiunge un sospetto sulla finalità di questa iniziativa. Per Jean-Claude Vitran, non ci sono dubbi: "Non è tanto una questione che riguarda la lotta contro i furti di identità, quanto la volontà di creare una vetrina per l’industria francese." I leader mondiali delle tecnologie delle carte con microchip e dei documenti di identità biometrici sono francesi: Morpho, ex Sagem Sécurité, filiale del gruppo Safran, che produce il passaporto biometrico francese, rivendica "130 casi di soluzioni per l’identità biometrica, in 70 paesi diversi".

Tra queste imprese troviamo anche Gemalto, Oberthur, o ancora Thales che ha consegnato 250 milioni di documenti securizzati in 25 paesi, particolarmente in Marocco, Uzbekistan, Etiopia e Regno Unito. Nel 2010 Morpho si è lanciato in un progetto allargato: raccogliere i dati biometrici di 1,2 miliardi di indiani per un archivio che incrocia le impronte digitali con il tracciato dell’iris.

“Come si può ignorare […] che il passaggio alla biometrica sia una formidabile opportunità di creare un mercato remunerativo per quelle imprese che sono specializzate in questo settore?”, si chiede la senatrice comunista Éliane Assassi, nel corso di una seduta al Senato. “Dietro a questa legge c’è un’enorme campagna di lobby da parte del raggruppamento professionale delle industrie di componenti e sistemi elettronici (Gixel), e in particolare da parte di Morpho”, ci spiega Jean-Marc Manach, giornalista di Owni.fr.

La Francia va controcorrente

Purtroppo i tempi sono duri: il Regno Unito, che nel 2008 ha firmato con Thalès un contratto per la creazione di carte di identità biometriche per un totale di 23 milioni di euro, ha cambiato idea. Nel 2010, il nuovo governo britannico ha abbandonato il progetto di carta di identità biometrica e di schedatura sistematica. Il governo olandese ha annunciato di voler rinunciare all’archiviazione delle impronte digitali e distruggere gli schedari esistenti.

In Israele un archivio nazionale contenente i dati personali di nove milioni di persone ha fatto per due anni il giro di Internet, dopo essere stato rubato da un impiegato del governo. In Algeria la realizzazione del passaporto biometrico suscita numerosi interrogativi, soprattutto sulla pertinenza dell’aver affidato la realizzazione di un archivio biometrico – quindi altamente sensibile – a un’impresa straniera, Oberthur. In India risulta che ci siano alcune imprese, tra quelle che raccolgono i dati, che venderebbero queste informazioni a fini di marketing mirato. Altre cattive notizie penalizzare il settore.

La paranoia del controllo sociale

In questo contesto, il mercato francese delle carte biometriche rappresenterebbe una manna dal cielo. La Francia "ha oggi un ritardo considerevole. Le imprese francesi sono in punta ma non vendono niente in Francia, ciò che li penalizza all’esportazione rispetto ai concorrenti americani", si lamenta Jean-René Lecerf, senatore dell’UMP che ha depositato la proposta di legge al Senato.

Di fronte a questi rovesci, Claude Guéant vuole fare probabilmente un gesto per le imprese del settore. E impegnare la Francia in un processo di schedatura biometrica generalizzato. Un’altra schedatura, quando in Francia il numero degli archivi della polizia è già raddoppiato negli ultimi cinque anni. Un Libro Bianco sulla Pubblica Sicurezza [4] viene del resto di essere rimesso a Claude Guéant. Preconizza la creazione "di un terzo grande archivio basato sulle immagini del volto" con un sempre maggior ricorso ai software di riconoscimento automatizzato, per poter accelerare la soluzione delle "inchieste giudiziarie che dispongono di indizi che sono bloccati dalla protezione per i dati video." Un nuovo schedario da incrociare probabilmente con quello di identità biometrica: “Ci danno di paranoici”, conclude Jean-Claude Vitran: “Ma non siamo certo in una democrazia addormentata. Uno strumento simile otterrebbe un controllo totale della popolazione. È la volontà di schedare il mondo intero ad essere una vera paranoia."

Note:

[1] Leggere le osservazioni del CNIL del 25 ottobre del 2011.

[2] “Le impronte dei titolari della carta d’identità sono stoccate in un grande archivio informatico e contrassegnate da un numero specifico, evitando un legame diretto tra identità e impronte. Nel caso di una verifica di identità, i dati ci indicano solamente se questa identità corrisponde a un’impronta dell’archivio, senza specificarla”, attesta il Senato.

[3] Radio Frequency IDentification: una tecnologia che permette di memorizzare e di recuperare dati a distanza, senza contatto, utilizzando delle “radio-etichette” incollate o incorporate negli oggetti o nei prodotti.

[4] Scritto da un comitato di controllo presieduto dal Prefetto della polizia di Parigi, Michel Gaudin, e dal presidente dell’Osservatorio Nazionale della Delinquenza e delle Risposte Penali (ONDRP), Alain Bauer.

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Fonte: La future carte d’identité biométrique : entre fichage généralisé et business juteux

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE