FONTE: C.O.M.I.D.A.D.ORG
Cresce l’interesse delle multinazionali finanziarie per i business "poveri", dalle pensioni agli ammortizzatori sociali. Tutto diventa occasione per privatizzazioni, imposizione di conti correnti e carte di credito (vedi la "flexsecurity"). Bisogna "liberalizzare", ma le assicurazioni diventano obbligatorie su tutto: oltre alle casalinghe, ora anche i professionisti devono essere assicurati e gli automobilisti, invece che un tagliando, dovranno avere un microchip.
L’assalto del lobbying bancario ai business poveri ha determinato che ora si trovi nel mirino anche la categoria dei tassisti. La "liberalizzazione" dei taxi è già avvenuta da anni negli Stati Uniti, dove i tassisti sono ormai quasi tutti degli immigrati.
Lavoratori indiani, pakistani o slavi sono stati costretti nel proprio Paese ad indebitarsi con qualche agenzia finanziaria, per essere poi indotti ad emigrare in modo da riuscire a pagare almeno gli interessi sul proprio debito. L’emigrazione non è una scelta, ma una conseguenza dell’indebitamento personale; e se la "corporazione" dei tassisti non si toglie di mezzo, le agenzie finanziarie non avranno modo di farsi ripagare i debiti. Va da sé che le agenzie finanziarie fanno quasi tutte parte di sottogruppi di grandi banche internazionali.[1]
Si consideri quanto la questione dei migranti renderà agevole governare questa "liberalizzazione", che verrà ridotta a conflitto etnico-razziale, mettendo le vittime le une contro le altre. Contro la "corporazione" dei tassisti potrà quindi essere utilizzata anche l’accusa di razzismo e xenofobia.
Già adesso i tassisti si trovano nel mirino dei media, dato che non solo costituiscono un ostacolo alla "crescita", ma – come ci ha fatto sapere la trasmissione "Report" – sono persino una banda di evasori fiscali. Non manca molto, ed ai tassisti verranno attribuiti anche crimini contro l’umanità, violazioni dei diritti umani e lapidazione di donne adultere.
Questi toni da psicoguerra imperialistica nei confronti delle "corporazioni" non costituiscono una anomalia della propaganda, ma risultano del tutto consoni, dato che l’obiettivo della liberalizzazione dei commerci si trova nel "Business & Economics Program" del Consiglio Atlantico, l’organo dirigente della NATO.
Ma che c’entra la NATO con la "governance" dell’economia mondiale? A quanto pare c’entra. La NATO non si occupa solo di bombardamenti; anzi i bombardamenti servono a gestire il business; è la sinergia tra bombe e banche: bombardieri e bombanchieri.
Tra i membri dell’Advisor Group del "Business & Economics Program" che si occupa di "liberalizzazioni", c’è anche un certo professor Mario Monti, rettore dell’Università Bocconi di Milano. La notizia proviene dal sito Web del Consiglio Atlantico.[2]
Il bello è che c’è chi si preoccupa che Monti stia nella Trilateral e nel Bilderberg, quando addirittura fa parte del Consiglio Atlantico. Insomma, Monti non è un galoppino qualsiasi, ma appartiene alla serie A dei lobbisti; cosa che spiega perché Merkel e Sarkozy lo trattino con tanta deferenza. Nel Consiglio Atlantico Monti viene considerato una sorta di vate, a cui rivolgere angosciosi quesiti sulle sorti dell’economia mondiale. Ai quesiti Monti risponde sempre con le solite panzane, però con quel suo inconfondibile stile sobrio. L’intervista è del 2009 e si trova sul sito del Consiglio Atlantico.[3]
Ogni tanto i giornalisti si svegliano dal loro letargo mercatista, e scoprono improvvisamente che esiste il lobbying mascherato. Pare che le analisi di Standard & Poors siano assolute banalità o addirittura emerite cialtronate, del tipo: se le misure contro la crisi falliranno, allora l’economia europea andrà male. Pare persino che Standard & Poors sia sotto il controllo diretto della destra americana e dei repubblicani, e che la proprietà dell’agenzia di rating sia in mano ai fondi di investimento. Quindi i giudizi delle agenzie non sarebbero altro che un segnale per partire alla rapina di un determinato paese. Ma come avrà fatto la stampa europea a scoprire quest’inghippo? Si è svegliata di colpo persino la Consob, che ha chiesto all’agenzia di vigilanza europea, la Esma, un’indagine sui conflitti d’interessi delle agenzie di rating.[4]
Peccato che poi tutti tornino in letargo e continuino a trattare da "tecnici" altri lobbisti come Mario Monti ed i suoi ministri. Oggi la NATO è la più potente organizzazione del lobbying bancario, nella quale la parte del leone la fanno JP Morgan, Deutsche Bank e la solita Goldman Sachs. Un altro dispensatore di preziosi vaticini sull’economia mondiale, anzi il numero uno del settore, è infatti Robert Zoellick, direttore esecutivo della Banca Mondiale. Zoellick è diventato una sorta di nume tutelare del Consiglio Atlantico, servito e riverito, ascoltato religiosamente. Almeno così ci viene narrato sul sito del Consiglio Atlantico [5]
Il curriculum di Zoellick, pubblicato dalla Banca Mondiale, denota però la consueta mancanza di originalità: anche lui infatti proviene da Goldman Sachs, di cui era vicepresidente.[6]
Allora perché la Consob non si decide a chiedere all’Esma anche un’indagine sui conflitti di interessi della NATO e della Banca Mondiale?
Note:
[1] http://www.prestiti.it/finanziarie
[2] Business and Economics Advisors Group
[3] The Republican Party’s Multiple Circular Firing Squads
[4] Intervista al presidente Consob Vegas: «Abbiamo chiesto all’Esma di indagare sul declassamento»
[5] Robert Zoellick Assesses the World Economy
[6] Robert B. Zoellick 11th Chief Executive of World Bank
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