DI

AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk

 

 

 

 

 

 

 

 

Le esportazioni di petrolio libico sono rialzate prima di quanto aspettato e supereranno i livelli precedenti alla Primavera Araba prima di aprile, colmando una mancanza cruciale nella fornitura mondiale di petrolio proprio mentre la crisi iraniana sta arrivando all’apice.

La compagnia petrolifera statale libica NOC ha detto che il mese prossimo esporterà quasi 1,4 milioni di barili al giorno (b/d) quando i principali campi di petrolio torneranno in funzione.
L’annuncio è stato dato dopo che l’Arabia Saudita ha affermato di aver aumentato la produzione a un livello quasi record, vicino ai 9,87 milioni b/d a gennaio e si è detta pronta per coprire qualsiasi ammanco quando le sanzioni europee contro l’Iran morderanno più a fondo.

Voglio assicurarvi che non c’è alcuna scarsità di fornitura nel mercato", ha detto il Ministro saudita del Petrolio, al-Naimi: "I prezzi odierni del petrolio sono ingiustificabili sulla base della domanda e dell’offerta. Veramente non riusciamo a capire perché i prezzi siano comportandosi in questo modo."

A Londra il petrolio Brent in consegna ad aprile è scivolato verso $123,55 al barile, quando i traders scontarono un sgretolamento di approvvigionamento immediato.

Ha recuperato più tardi a quasi 126 dollari, dopo che Francia e Germania si sono per il momento opposte a intaccare le riserve strategiche di petrolio.

Malgrado le parole distensive dei fornitori del Medio Oriente, il mercato petrolifero globale è rimasto in tensione per gli inventari dell’OCSE più bassi rispetto alla Primavera araba dello scorso anno. La maggior parte degli analisti crede che la capacità aggiuntiva dei sauditi sia al di sotto la soglia di sicurezza di 2 milioni di barili al giorno, anche se al-Naimi ha detto che il Regno ha ancora una protezione di 2,5 milioni.

Barclays Capital ha detto di rimanere "scettica" sulle capacità dell’Arabia Saudita di incrementare la produzione molto oltre il milione di barili al giorno e in modo continuato. Ha anche messo in dubbio che la Libia si avvicini ai nuovi obbiettivi, visto il tasso di sfruttamento dei vecchi campi petroliferi e dello "sfondo politico" del paese.

Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha avvertito nei giorni scorsi che gli altri prezzi del petrolio possono strangolare la ripresa globale prima di un nuovo ciclo fresco di crescita.

Ha detto a un forum tenuto a Delhi che le prospettive mondiali non sono "dure o terribili" come sembrava in inverno, ma i pericoli abbondano: "Un aumento improvviso e brutale del prezzo avrebbe serie conseguenze sull’economia globale. Se ci fosse, ad esempio, una notevole contrazione delle esportazioni di petrolio dall’Iran, il prezzo sarà sicuramente spinto verso l’alto, almeno per un periodo di tempo. Crediamo che l’aumento sarà tra il 20 e il 30 per cento."

Una simile iniziativa spingerebbe il Brent a livelli mai registrati, al di sopra dei 160 dollari.

L’avvertimento è giunto quando il New York Times ha riportato un esercizio di simulazione delle forze armate degli Stati Uniti, che ha rivelato i gravi pericoli di un bombardamento israeliano sull’Iran. I funzionari del Pentagono hanno asserito che gli eventi potrebbero facilmente sfuggire dal controllo, portando a una guerra regionale allargata.

Bank of America ha asserito che i costi energetici come quota del PIL globale sono già vicini al 9%, il livello che ha solitamente provocato recessioni in tutto il mondo. La banca ha detto che una crescita sostenuta del Brent al sopra dei 130 dollari soffocherebbe la crescita in Occidente.

Da parte sua, la Cina ha approfittato dell’inflazione in calo per aumentare i prezzi della benzina e del diesel alla pompa del 6%, un’iniziativa che ha lo scopo di migliorare l’efficienza energetica quando il paese aggiungerà altri 125 milioni di autovetture nei prossimi cinque anni.

La Cina è divenuta l’attore chiave per la richiesta globale di greggio. Ha incrementato le importazioni di 2 milioni di barili al giorno dalla Grande Recessione, più o meno compensando la caduta del consumo dell’Occidente.

È improbabile che l’aumento delle accise sui carburanti riesca a scoraggiare l’appetito cinese, e potrebbe invece portare a un incremento a breve termine delle importazioni, dato che i margini più alti per i raffinatori spingono la domanda –, ma è giunto in contemporanea l’ultimo promemoria che indica un raffreddamento del boom delle commodities pilotato dalla Cina.

Il gruppo minerario BHP Billiton ha detto martedì che la richiesta a lungo termine di acciaio da parte della Cina si è appiattita, con notevoli implicazioni per i produttori di ferro grezzo in Australia e Brasile.

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Fonte: IMF sees $160 oil risk despite Libyan boost

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE